C he lo si chiami Marshall o di Rinascita, o in qualsivoglia altro modo, l'importante è che sia un efficace piano d'aiuti all'economia, dotato di una straordinarietà e rapidità d'interventi e che, soprattutto, abbia in cassa un bel gruzzolo di miliardi di euro. È un po' questo, semplificando, il senso di quel che il mondo produttivo isolano invoca dagli organi di governo per evitargli la scomparsa. Poco importa che quei due piani dell'ultimo dopoguerra fossero ben differenti fra loro per origine e strumentazioni: il primo era un generoso regalo dello zio d'America per ridare alle nostre imprese quel che con la guerra avevano perduto; mentre il secondo - a spazio solo regionale - rappresentava un doveroso indennizzo, da parte dello Stato, affinché la Sardegna, lungamente dimenticata, fosse messa in grado di liberarsi dai pesanti orpelli del sottosviluppo.

Oggi però è tutto diverso: non c'è più uno zio d'America disponibile ad aiutarci ed il nostro Stato ha le pezze nel sedere, oltre al peso d'un indebitamento da record. Però d'un piano straordinario d'aiuti s'avverte assolutamente la necessità, proprio perché il lungo fermo produttivo, causa la pandemia da coronavirus, ha messo in ginocchio l'economia dell'Isola.

S econdo stime attendibili, il solo settore del turismo e dei servizi alle persone fuori casa (alberghi, camping, b&b, ristoranti, bar, ecc.) rischia, qui nell'Isola, un dimagrimento del suo Pil superiore al 70 per cento. Un vero e proprio cataclisma, anche perché un buon terzo delle trentamila e passa imprese del settore rischia la sopravvivenza.

Per ritornare in marcia serve dunque un piano per la ripresa produttiva e lo sviluppo economico. Cioè un programma organico e razionale di tutto quel che si potrà e si riuscirà a mettere in campo perché quel temuto cataclisma possa essere evitato. Dal dover inizialmente realizzare una sorta di “linea del Piave”, per contenere la perdita di Pil, fino alla successiva predisposizione di una gamma di opportunità per avviare differenti, innovate o innovative attività produttive. In parole povere, s'avverte l'esigenza di una vera e propria azione di politica economica, opzione, questa, da diversi decenni purtroppo dimenticata o sconosciuta dai nostri governanti, più attratti dal proprio orticello, più o meno clientelare, che dal doversi impegnare per soluzioni di spazio ed interesse generali.

L'impegno necessario non sarà certamente semplice, anche perché domina sempre più il vecchio detto “centus concas centus berrittas”, a conferma di un frazionismo duro a morire che ha sottratto la capacità d'avere una visione globale dei problemi regionali. Non a caso, la conseguente suddivisione disorganica degli interventi, insieme ad una sterile dispersione di risorse, ha innescato un ciclo economico assai negativo (negli ultimi vent'anni gli investimenti pubblici regionali hanno visto scendere fin quasi allo zero la loro positività).

Eppure, bisognerà far sì che s'avvii - il prima possibile - una mobilitazione generale da parte di quanti hanno titolo o responsabilità pubbliche e sociali, con l'obiettivo di mettere insieme un quadro di interventi che rimetta in marcia l'economia. Sarebbe anche importante coinvolgere anche quanti, a vario titolo, già operano attivamente nell'Isola. Infatti, in un progetto di questa portata, andrebbero coinvolte direttamente quelle realtà della galassia pubblica regionale, come Sfirs, Crs4, Agris, Izs, ecc., che hanno al loro interno riconosciute ed apprezzate competenze e conoscenze nei diversi campi di attività delle nostre imprese, dal finanziario al tecnologico, dalla ricerca all'innovazione. E che potrebbero essere assai utili per implementare il piano regionale, soprattutto per meglio coordinarlo, innestarlo ed integrarlo all'interno del quadro nazionale e comunitario di interventi che, si spera, possa divenire presto realtà. Ora, che lo si richiami ad un esempio passato, o che lo si chiami come meglio si intenda (“Forza Paris” andrebbe bene?), ma un piano organico per la ripresa pare assolutamente necessario se alla Sardegna si intenda evitare una drammatica depressione economica ed un pericoloso sconquasso sociale. E si è anche dell'avviso che prima ancora delle disponibilità economiche, quel che occorre è mettere insieme le volontà, le idee e gli obiettivi indispensabili per realizzarlo.

PAOLO FADDA
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