E venne il giorno delle riaperture. E dei controlli. Sbarrate da oltre due mesi - e disorientate dalle indecisioni di politici e consulenti - molte attività economiche domani prenderanno una boccata d'aria, sperando che avvenga presto la stessa cosa per i registratori di cassa. Ma se i clienti sono un'incognita, i controlli rappresentano una certezza. Ispettorato del lavoro, Inail, aziende sanitarie, ma anche tutte le forze dell'ordine che abbiamo appena incrociato con un'autocertificazione in mano, sono pronte a ripartire. Cambiano i destinatari. Non più (almeno per chi indossa una divisa) un crocevia o una piazzola, ma una serranda sollevata. Sia chiaro: i controlli hanno avuto un ruolo straordinario nella lotta al contagio. Al netto di qualche sceriffo, buonsenso e buongusto hanno guidato l'azione di donne e uomini in uniforme. E dei loro comandanti. Esprimiamo un pensiero di sincera gratitudine per un lavoro svolto ancora una volta in prima fila e, spesso, senza adeguati strumenti di protezione. Fatta questa premessa, disturba un po', proprio oggi, leggere di task force e unità speciali che, coordinate dalle prefetture su mandato del ministero dell'Interno, verificheranno a tappeto il rispetto di dispositivi e distanze.

C aro presidente Pasquale Tridico, lei è quello che ha raccontato agli italiani che il sito dell'Inps è andato in crash per colpa degli hacker. Bastava dire la verità: troppe domande per le vostre risorse umane e per le tecnologie in campo. Ecco, caro professor Tridico, bene ha fatto, nelle ultime settimane, a schierare davanti a un pc anche centinaia di ispettori, scalando la montagna delle pratiche per la cassa integrazione e per i 600 euro destinati alle partite Iva. Di ispezioni in azienda si riparlerà tra un po'. Ed è giusto così. Si legge però che altre attività di vigilanza, per la verifica «del rispetto delle misure di contrasto e contenimento dell'emergenza epidemiologica», prevedono sanzioni sino alla chiusura degli esercizi. Suvvia. Ci sono imprenditori che non hanno ancora visto dallo Stato nemmeno gli spiccioli per le caramelle. Datori di lavoro che hanno continuato a pagare gli affitti, hanno chiesto la Cig (in molti casi inutilmente) per i loro dipendenti, hanno trasformato le loro aziende in un debitificio (il copyright è di un imprenditore del settore alimentare di Nuoro). Nostri connazionali che non sanno se ci sarà un futuro per loro, per le loro famiglie e per quelle delle persone cui vorrebbero continuare a pagare uno stipendio. Domani qualcuno controllerà il gel all'ingresso del loro locale? Li facciamo chiudere subito se quel disinfettante non avrà la giusta percentuale di alcol? Le donne e gli uomini delle task force che da domani saranno in campo hanno un cervello e un cuore. Lasciate che agiscano con buonsenso e buongusto. Lasciate che il nostro Paese si ripigli. Certo, controlliamo in modo rigoroso distanze, mascherine, guanti (ma servono o no?) e tutti i protocolli che uno stuolo di consulenti ci ha lasciato in dote. Verifichiamo con fermezza, ma anche con un sorriso. Ci sono italiani e sardi che aspettano il 18 maggio come una nuova Liberazione. Quegli stessi italiani e sardi che hanno anche letto che, da domani, potranno ricevere la visita delle “unità speciali”. Sì, che dite, non suona un po' sinistro in questo clima? Pensate: invece che con uno scontrino si rischia di ripartire con una multa. La pandemia che ha cambiato il mondo speriamo favorisca anche un nuovo approccio dello Stato, che da una parte promette - in un orgasmo di aiuti pubblici o presunti tali - e dall'altra minaccia. Che ci siano i furbetti lo sappiamo bene e tutti, allora, proviamo a concentrarci su di loro. Ma al povero cristo che rivede il cielo in una stanza andiamo semplicemente - domani, dopo e ancora per un bel po' - a ricordargli cosa deve fare. E, nel salutarlo, auguriamogli buon lavoro. È soprattutto di questo che ha bisogno.

EMANUELE DESSÌ
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