A lla faccia della “dematerializzazione”. Conservate con cura anche la ricevuta del pos se avete intenzione di scaricare, dal prossimo anno, spese per farmaci e visite mediche dal 730 o dalla dichiarazione dei redditi. Ecco servita l'ennessima barzelletta all'italiana nel Paese che, giusto prima della pandemia, aveva inventato la lotteria degli scontrini per stimolarci a utilizzare sempre di più la carta di credito.

C arta, carta e ancora carta. Figlia legittima di un apparato burocratico che non solo ha retto l'urto del coronavirus, ma ne sta uscendo ancora più forte. Torniamo ai farmaci e ai dispositivi medici. Per detrarre il 19% delle spese dobbiamo utilizzare, da quest'anno, la carta di credito o il bancomat. E dallo specialista, se proprio non avesse il pos, paghiamo con un bonifico bancario. Fotocopiamo scontrino e ricevuta. Intanto sbiadiscono. E poi abbiamo noi l'onere di conservare con cura l'originale per cinque anni. Quanta carta, signore e signori. Ma non è finita. I commi 679 e 680 della legge di Bilancio 2020 non lo dicono espressamente, ma il nostro commercialista, che conosce i nostri polli, ci «suggerisce» di conservare anche la prova dell'avvenuto pagamento con moneta elettronica o bonifico. Non si sa mai che, fra tre o quattro anni, qualcuno si infili nella nostra dichiarazione dei redditi e ci metta nei guai per un'aspirina non tracciata con la ricevuta del pos. No, signore e signori, non è uno scherzo. Questo è il Paese che voleva premiarci con la lotteria dello scontrino del supermercato. Ricordate? Sembra passato un secolo, ma è giusto l'altro ieri. Questo è il Paese che ha prodotto più autocertificazioni che mascherine. Questo è il Paese che, non riuscendo a sostenere la lotta all'evasione fiscale, ci trasforma in bravi soldatini. Sì, noi dobbiamo fare il lavoro sporco. Dobbiamo farci fare la ricevuta fiscale dallo specialista e conservare anche il foglietto del pos. Il lavoro sporco. Proprio come nella lotta al Covid: qualcuno pontifica (magari condizionato da scienziati che intanto vendono libri), ci dà istruzioni confuse a reti unificate, ma poi sono cavoli nostri se non troviamo mascherine. E magari dobbiamo restare agli arresti domiciliari perché, senza, non possiamo uscire di casa. In Sardegna, addirittura, ancora almeno sino a oggi, grazie al felice connubio tra scienza e politica, dobbiamo metterla, la mascherina, anche per fare una corsetta. Ma se rischiamo di soffocare facciamo causa a chi? Alla politica? Ai consulenti? A proposito di Sardegna, l'11 aprile era stato assicurato alle nostre imprese che «in 48 ore» avrebbero avuto un po' di liquidità, 800 euro più 800. Sappiamo com'è finita. La maggior parte dei Comuni (è sempre sui Municipi e sui sindaci che si scaricano le grane) si è votata da un pezzo a Sant'Efisio. Forse è servito, perché da Viale Trento-Villa Devoto-Via Roma annunciano una «circolare esplicativa». Sembra quasi un'ammissione di colpa rispetto alle «48 ore». Che ci sia di mezzo lo zampino di qualche burocrate? Come quelli che, a Roma, vicini a Conte e ai suoi ministri, hanno promesso fiumi di denaro senza merito di credito ma anche senza aver fatto i conti con le banche.

A proposito, con «dematerializzazione» si intende un processo virtuoso che dovrebbe ridurre, anche nella pubblica amministrazione, i documenti cartacei, ricorrendo alla digitalizzazione. Con la storia della ricevuta del pos, da tenere sotto chiave per detrarre le spese mediche, abbiamo capito che non ce n'è. Dobbiamo salvarci da soli, cari soldatini. E a Sant'Efisio, oggi, abbiamo altro da chiedere.

EMANUELE DESSÌ
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