S iamo entrati nella fase della storia ribaltata. Pechino esce dall'emergenza, Washington entra nella fase del contagio, l'Europa è scossa dall'epidemia, l'Italia ha preso il posto della Cina nell'immaginario virale. Gli Usa schierano la potenza del dollaro, fanno volare l'Helicopter Money.

O vvero denaro liquido direttamente nelle tasche degli americani. Nell'Unione europea salta il patto di stabilità, i totem e i tabù brussellesi sono stati polverizzati da un agente di cambiamento infinitamente piccolo e incredibilmente grande: il nuovo coronavirus. Ricordiamolo: non è la fine del mondo, non è l'Armageddon, ma sarà il Big Bang di un altro mondo.

La vicenda dell'Italia è fondamentale per capire che i sistemi politici e sociali non possono essere sovrapposti. Quello che va bene per un paese e un popolo (la Cina e i cinesi), non funziona con un altro (l'Italia e gli italiani).

Domanda sul taccuino: le misure di contrasto al coronavirus stanno dando i frutti sperati? Risposta: per ora no. E sul domani la visibilità è scarsa.

Le opinioni dei virologi - un nuovo soggetto della sofa tv ai tempi del contagio, il virologo, che tutto sa del virus ma pare che niente azzecchi sulla sua “trasmissione in popolazione” -sono variabili e l'effetto spiazzante è enorme. Quello che abbiamo capito qui è che una cosa è la teoria da laboratorio (dunque perfetta) della trasmissione del virus da uomo a uomo, un'altra è la trasmissione nella vita vera, nella popolazione, dove dominano le condizioni naturali, i comportamenti dei singoli e dei gruppi, leggi che non sono lineari, la psicologia della massa.

Così il governo (con il concorso creativo delle Regioni) ha cambiato piano d'azione diverse volte, si è passati dal premier Conte che il 31 gennaio scorso diceva «è tutto è sotto controllo» (frase che i più hanno dimenticato) agli attuali divieti, rafforzati un'altra volta ieri, che volendo fare il giusto (contrastare l'epidemia) diventano eccesso e grottesco, con limiti per la pisciatina del cane (Rex, che dici? la fai tra 100 metri? O tra un'ora in punto?), chiusure dei supermercati a fisarmonica, passeggiata da soli, anzi no! resta in casa e fai il concerto sul balcone! basta corsa, siediti! niente giardino pubblici, vai in bagno! stai sotto casa, vai in garage!

Da oggi a Roma chi può ancora lavorare (e di questo passo il lavoro sparirà) incontrerà dei posti di blocco, saranno fermate tutte le auto e si farà la fila, un altro modo geniale per fermare ogni attività e portare il Paese velocemente alla bancarotta.

Esistono gli sconsiderati, i pazzi, gli idioti, chiaro.

Ma qui siamo alle misure cinesi prese all'italiana, cioè in un grande, crescente, vorticoso casino. L'unica cosa che va avanti è il virus, che passa indisturbato da corpo a corpo.

La crisi è entrata in una fase critica perché le misure di contenimento non hanno avuto l'effetto sperato e l'emergenza sanitaria è diventata anche blocco della produzione, le proiezioni più miti sull'impatto sul prodotto interno lordo nel 2020 indicano un -3% che equivale a un'altra Grande Crisi, la botta finale sulla nostra economia.

Risposta del governo? Un altro giro di vite sulla mobilità delle persone, sui servizi commerciali, sui trasporti, si prosegue con le misure dello “stato d'eccezione”, lo stritolamento dell'economia e il restringimento delle libertà fondamentali. Prima la salute, senza dubbio, e speriamo di vincere questa battaglia, ma c'è il rischio concreto che al posto della ragione prevalga l'emozione.

Noi abbiamo il dovere di ricordare che c'è un doppio virus: quello biologico e quello economico, il primo attacca i polmoni e può uccidere, il secondo distrugge il reddito e conduce alla povertà.

Per amore della Costituzione, dello Stato liberale, non possiamo inoltre tacere sull'abnorme assenza del Parlamento che non si riunisce, onorevoli e senatori sono spariti e il risultato è che mentre ci sono italiani che si sacrificano e mettono in gioco anche la vita (medici, infermieri e molte altre categorie di lavoratori), il governo decide da solo, senza controllo e bilanciamento delle Camere. Il Parlamento in tempi di guerra non può chiudere.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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