Q uando il caos domina la scena, è il momento di applicare la regola dei giocatori di biliardo: calma e gesso. Nella crisi del coronavirus, pazienza, riflessione e prudenza sono fondamentali. La storia naturale - che è anche quella dell'uomo - ha bisogno di un contesto che abbia una logica, un linguaggio, una classificazione, una lettura. Per sapere, per capire, per agire. La crisi del coronavirus non sfugge a questa necessità, ma tra il corso degli eventi e la scienza c'è di mezzo un elemento di cui non si può fare a meno, ma spesso privo delle virtù della pazienza, della riflessione e della prudenza: la politica.

Ieri ci siamo trovati di fronte uno scenario fiammeggiante: la Borsa è colata a picco (Piazza Affari ha bruciato 38 miliardi in un giorno), i contagiati in Italia sono 222, i morti sono 7 (siamo il terzo paese del mondo in questa triste classifica), crescono i rumors incredibili su un paese destinato al lock down, l'isolamento.

Cosa è successo? Non abbiamo seguito la regola dei giocatori di biliardo: calma e gesso. E abbiamo invece rincorso decisioni sull'impulso del momento. L'attenzione si è concentrata sui confini esterni e nessuno ha pensato a cosa fare sul territorio italiano, all'interno. Quindi si sono bloccati con annunci in pompa magna i voli diretti con Pechino e il risultato è stato quello di incentivare i voli intermedi, così il potenziale agente di trasporto del coronavirus (cinese, italiano o di altra nazionalità) è sparito dal nostro radar e allegramente è entrato in Italia, senza nessun controllo. Crac.

A un certo punto, con una reazione tanto rapida quanto non meditata, di fronte ai ricoveri e ai primi morti, si è deciso di andare a cercare il coronavirus. Ma se cerchi, capita che trovi. E se trovi, devi essere preparato a spiegare la tua scoperta, devi avere una strategia, un piano di gestione e comunicazione. Non c'era.

E quello che doveva essere un comportamento razionale, informato, efficiente da parte delle istituzioni italiane è diventato a sua volta un problema nel problema: così la Borsa ha prezzato il rischio di diffusione del coronavirus in Europa (via Italia) e nel mondo; l'Organizzazione mondiale della Sanità ha detto di essere molto preoccupata e di «prepararsi al rischio di una pandemia», la Francia ha cominciato a prendere precauzioni nei confronti dei viaggiatori italiani, Israele ha sconsigliato i viaggi in Italia, le isole Mauritius hanno respinto i turisti italiani, l'Austria ha fermato i treni nel cuore della notte, i più importanti giornali del mondo hanno impaginato le foto degli assalti ai supermercati e del Carnevale di Venezia che non ci sarà più, hanno cominciato a girare i numeri della prossima recessione italiana.

Che fare? Dire la verità, comunicare bene prima di tutto. Ci sono dei morti - e ogni perdita di vita è inestimabile - ma non si spiega abbastanza che i decessi (per ora) sono tutti di anziani, già malati, con un quadro clinico precario.

La comunicazione tra Regioni coinvolte e governo è caotica (Lombardia e Protezione civile sono ai materassi, si accusano in pubblico), dove si raccontano male i fatti e si va in ordine sparso si generano ansie. Lo testimonia l'assalto ai supermercati, l'esaurimento delle scorte di alcol rosso, la corsa alle farmacie, l'esplosione del comportamento irrazionale, la paura dell'esaurimento delle scorte alimentari in una nazione tra le più ricche della Terra, un fatto a dir poco surreale. Siamo un paese del G7, abbiamo un sistema sanitario ottimo e universale, grandi scienziati e... regna la confusione.

Una crisi gestibile con un po' di esperienza e sangue freddo, è diventata una pericolosa dark comedy. Se il mondo pensa all'Italia come un paese infetto, cosa ne sarà della nostra bilancia commerciale? Il governo a fine gennaio affermava di avere «tutto sotto controllo» (Conte dixit) ma così non era e non poteva essere che così perché del nuovo coronavirus sappiamo in realtà poco, stiamo imparando a conoscerlo in questi giorni, ora che è tra noi.

Potevamo risparmiarci questa esperienza, ma visto che dobbiamo combatterlo, questo virus, almeno lo si faccia senza sbandamenti. Non si è mai visto un esercito disordinato vincere una battaglia.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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