L 'ultima frontiera si chiama PagoPa, un portale della Regione Sardegna per i pagamenti online. Incuriosito dalla lite politica - l'assessore Valeria Satta ne tesseva le lodi, il consigliere Pd Piero Comandini ricordava che era farina del sacco di Pigliaru - mi è venuta la tentazione di pagare la Tari, salvo scoprire, una volta dentro, che il Comune di Cagliari non è inserito tra gli enti abilitati. È solo l'ennesimo capitolo di una fuffa mediatica che ha come vittime, per esempio, molte imprese che operano in alcune aree industriali della Sardegna: per inviare o ricevere una mail devono tornare a casa. In azienda non c'è connessione.

Da non credere in una terra, la Sardegna, che pure aveva fatto da apripista su web e dintorni, con L'Unione Sarda primo quotidiano online d'Europa (era il 1994) e una realtà come Tiscali. Un'Isola che oggi, grazie agli investimenti di alcune multinazionali, offre da Cagliari servizi di consulenza informatica a livello internazionale. Nicchie, evidentemente.

Quelli che ne sanno sintetizzano il problema in due parole, “digital divide”. Nel novembre 2006, quando dati e informazioni non correvano certo veloci come il vento di oggi, il commissario europeo per la Concorrenza comunicava al ministro degli Esteri Massimo D'Alema che l'appalto affidato l'anno prima dalla Regione a Telecom Italia era compatibile con le norme comunitarie sugli aiuti di Stato. Via libera alla banda larga e ai sardi (un giorno) sempre connessi! Presidente, allora, era Renato Soru. (...)

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