"Cara Unione,

rileggevamo 'con nostalgia' la lettera benaugurale, colma di complimenti ed esortazioni rivolte a tutto il personale scolastico, inviataci il 31 agosto da parte del Miur in occasione dell'allora imminente ripartenza delle lezioni: lodevole l'uso dell’ortografia, nessuno strafalcione semantico, addirittura commovente qualche passaggio; complessivamente un buon esercizio di stile.

Ci sentiamo solo oggi di rispondere al mittente, indirizzando queste nostre riflessioni alla dottoressa Azzolina, al presidente Conte e ai colleghi, perché l'energia che avevamo in corpo è stata impiegata per ingoiare gli ennesimi bocconi amari contenuti nelle circolari ministeriali emanate durante l’estate (che peraltro, è bene ricordarlo, non compaiono a tutt’oggi né nel nostro CCNL, né in nessuna legge varata da questo parlamento).

Siamo ancora qui. Tre maestre, tra le tante, che durante gli ultimi sei mesi non hanno mai smesso di pensare alla riapertura della scuola.

A più riprese, dal mese di marzo ad oggi, abbiamo affidato alle istituzioni, alla stampa locale e a quella nazionale le nostre preoccupazioni, le nostre amarezze, le nostre urgenze professionali, ma risposte serie non ne sono mai arrivate: è stato, al contrario, un susseguirsi di frasi ad effetto, dal sapore propagandistico, quali: 'La scuola riaprirà a settembre e in sicurezza, è una priorità assoluta', oppure 'Abbiamo regole chiare, tra le più rigorose in Europa'.

Per avere la conferma di ciò che sospettavamo, ovvero che di soluzioni concrete non ne son state trovate, è stato sufficiente fare un primo sopralluogo di pochi minuti nelle nostre scuole, dove tutto è rimasto come lo avevamo lasciato … anzi no: non ci sono più armadi, cassettiere, in alcuni casi è sparita persino la cattedra: sono davvero riusciti ad 'allargare le aule' per far sì che contenessero gli stessi alunni di prima, se non di più.

L'urgenza di reperire nuovi spazi è stata risolta col sudore di collaboratori scolastici e operai comunali che hanno dovuto obbedire agli ordini, testa china e squadretta in mano, complici (sulla carta) le pseudo-distanze di sicurezza tra le nostre bocche.

Presidi, bidelli e insegnanti che, per merito dell'autonomia (l.59/97) tanto amata anche alla dottoressa Azzolina, si son potuti improvvisare falegnami, fabbri e manovali per adeguare ambienti che adeguati non erano nemmeno prima di questa pandemia.

E così possiamo ritornare in quegli stessi ambienti a studiare, respirare ed emettere goccioline in tutta tranquillità poiché ci siamo attenuti alla normativa anti-covid: pazienza se i pollai sono rimasti tali in barba alle promesse, ma soprattutto in barba alla qualità dell'istruzione dei vostri/nostri figli; pazienza se miliardi fumanti son stati spesi in rotelle di banchi e monopattini, anziché per il loro futuro.

Ci sentiamo, noi insegnanti, collaboratori, genitori, orfani di uno Stato che quasi quotidianamente lancia messaggi rassicuranti, ma pare, di fatto, aver abdicato al ruolo per cui esso ha avuto origine agli albori della civiltà: la tutela dei suoi 'figli'.

In questo clima d'incertezza e di istanze di cambiamento nuovamente disattese, si percepisce un sentimento comune: quello di dover lottare (consapevolmente) contro i mulini a vento o, peggio, quello di rassegnarsi ad esser "condotti al macello".

È proprio questo, attenzione, colleghi e genitori, che non deve accadere: non smettiamo di credere nel valore della cultura, nel diritto inalienabile al sapere.

Dobbiamo continuare, per usare un'espressione a noi cara, a 'sollevare la mano', con la ferma volontà di non arrenderci, per reclamare condizioni più sicure affinché alunni, docenti, personale ATA – possano lavorare, apprendere, crescere con maggior serenità e profitto a scuola (solo ed esclusivamente in presenza);

Perché non sarà una seconda - o terza - ondata di Sars-Cov2 a tenere sotto scacco gli esseri umani, bensì l'onda ben più travolgente dell'ignoranza.

Grazie".

Le maestre Giovanna, Daniela, Lourdes - Torpè, Borore, Siniscola

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