Pubblichiamo la lettera inviata al MISE e al ministro dello sviluppo economico sulla vertenza Alcoa-Sider Alloys da parte di un ex operaio della fabbrica "amaregiato dal nulla cosmico - ci scrive - che tutte le forze politiche hanno prodotto dalla chiusura ad oggi, con continui proclami e illusioni di riapertura, fiancheggiate da un sindacato ad oggi, vi i risultati, inconsistente".

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"Egregio Signor Ministro,

mi chiamo Alberto, vivo in un angolo di paradiso della Sardegna, un angolo che però è anche la provincia più povera dell'intero territorio nazionale, o almeno così si legge spesso sui giornali.

Questo stato di cose è frutto di una mala gestione da parte della politica locale, regionale e nazionale, che hanno portato alla chiusura di gran parte delle industrie su cui, tutti gli abitanti di questo territorio, da 40 anni facevano affidamento.

Per spiegarmi meglio, parlo della provincia, da prima Carbonia-Iglesias ed ora denominata Sud Sardegna. Chiaramente il polo industriale in questione è quello di Portovesme sito nel comune di Portoscuso, ove, fra le diverse fabbriche si trovava anche la 'famosa' ALCOA che ha prodotto alluminio fino al 2011.

E' proprio di questo stabilimento che vorrei scriverle.

Non voglio soffermarmi troppo a dire quanto peso la chiusura di questa fabbrica abbia avuto nell'incrementare l'impoverimento del territorio, definito da voi anche 'area di crisi complessa', ma voglio solo ricordarle o farle sapere, se non ne fosse già a conoscenza, che le circa 1200 buste paga che ogni mese puntuali venivano pagate, reggevano l'economia locale.

Ora, per fortuna ma anche purtroppo, percepiamo la mobilità in deroga e per quelli come me che sono al 4° rinnovo vuol dire percepire una somma molto al di sotto della soglia di povertà. Dicevo per fortuna perché, anche se tirando la cinghia e facendo salti mortali con l'ausilio dell'arte dell'arrangiarsi, riusciamo a mettere un pasto a tavola ma, anche purtroppo, perché questa mobilità come le ho scritto è veramente esigua e complice il passare del tempo, funge da camomilla e ci tiene tranquilli, tutto questo ci ha fatto perdere le speranze, ancora in pochi credono che si troverà una soluzione per la ripartenza.

Le chiedo scusa se mi dilungo ma trovo doveroso fare un quadro generale dello stato delle cose.

Da diverso tempo la Sider Alloys è diventata proprietaria dello stabilimento in questione. Credo sia a conoscenza che per aver lo stabilimento non ha speso un centesimo. E' stato ceduto, ma meglio dire regalato, con la dote di diversi denari, si parla di milioni di euro, lasciati dalla precedente proprietà e a ruota ne ha ricevuti altri a fondo perduto dalla regione e con l'entrata nelle quote della società da parte di Invitalia anche lo stato ma in prestito a tasso zero.

Ora, io non so come sono stati spesi e se sono stati spesi tutti questi denari, anche se girano tante voci, ma Lei può sicuramente reperire le informazioni e verificare se tutto è 'legale' o perlomeno corretto visto che sono soldi pubblici e che dovrebbero essere destinati a creare buste paga per chi è stato messo fuori da quegli impianti e nel caso in cui non siano in numero sufficiente per chiunque presenti un curriculum, visti gli ex colleghi che purtroppo nel frattempo ci hanno lasciato o quelli fortunati che sono andati in pensione o ancora quelli che stanchi di aspettare la fantomatica riapertura si sono visti costretti a lasciare la loro terra e andare dove un po' di lavoro ancora si trova.

Dal lontano 2012, anno della chiusura, ci sono stati proclami di ripresa imminente della produzione. Le frasi 'ormai siamo in dirittura d'arrivo', 'mese cruciale', 'manca solo la firma' si sono protratte nel tempo e le ritroviamo anche in queste settimane. Insomma, cambiano gli attori dei vari governi come Passera, Calenda, Castano, Di Maio, Crippa, Bellanova e ultimo, solo per questioni cronologiche, Todde e la risoluzione è ancora lontana.

A quanto pare, anche se ho dubbi sia così, manca solo una firma tra la Sider Alloys e l'Enel per l'accordo sull'energia.

Personalmente credo che un nodo cruciale per continuare la trattativa, o meglio per porre fine a questa trattativa, sia una valutazione tecnica della fabbrica, una valutazione non sulla carta ma fisica e visiva. Uno stabilimento privo di manutenzioni dalla chiusura ma, che già da quando ancora produceva alluminio presentava non poche problematiche, tetti, solai, mezzi di lavoro (carroponti, carrelli, cometi), trasformatori, binari e molto altro.

Se si prende in considerazione tutto questo credo che sarà lampante e chiaro che ci vogliono molti milioni di euro per una riapertura (la nuova proprietà li ha?) e che comunque non sarà immediata, questo comporterà ancora attesa da parte degli operai.

E allora chiedo: quanto ancora bisognerà aspettare? Quanto ancora lo stato deve restare in balia di promesse? Quanto ancora dovremmo tirare la cinghia? Insomma, per come la vedo io, alla fine chi gode sono sempre e solo i "padroni".

Quello stabilimento non credo riaprirà mai purtroppo. Ricordo ancora, che produceva alluminio primario, il migliore d'Europa per anni, anche nel 2011, definito dalla politica e dal sindacato strategico e quando si spendono certe parole ci si aspetta che ci sia davvero una svolta, d'altronde è strategico, fondamentale ed invece…

Sono stati presentati dei cronoprogrammi e dei piani di ammodernamento, il famoso revamping, e piani industriali ma sono stati dichiarati già sorpassati.

Concludo, anche se ci sarebbe tanto da dire, spiegando lo scopo della mia lettera. Volevo mettervi in guardia dal possibile solito risvolto della vicenda, ossia il nulla di fatto, perché anche se si giungerà a porre l'ennesima firma, ci sarà il classico prolungamento dei tempi per un qualsiasi motivo. Nello stesso tempo chiedo e spero sia così, che da parte Sua e da tutta la classe politica, verso cui spero si farà portavoce, si prenda una posizione VERA e FERMA, per far si che tutti i lavoratori di quello stabilimento, che per fortuna sono rimasti pochi, possano trovare una sistemazione, un lavoro che ci ridia dignità, perché è veramente degradante e fa male al cuore dover spesso o meglio quasi sempre dire di NO ai propri figli e dover bussare la porta dei propri genitori già in pensione per chiedere un aiuto. So che non è semplice ma neppure impossibile, anzi a portata di politica.

Cordiali saluti"

Alberto, un operaio qualunque

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