Il prodotto è lo stesso, ma la confezione ha fatto passi da gigante: design curatissimo, grafica sobria e impeccabile e persino la ricerca dei palindromi: Sulas, Salus, Sinis.

La lavanda di Elvio Sulas diventa internazionale sull'web "grazie a mio figlio, io non ne capisco nulla di queste cose", sorride, pieno di orgoglio.

Elvio è sempre lo stesso, come il distillato di lavanda proveniente dalla sua distesa di oro viola, a pochi chilometri da Riola Sardo.

Nel Sinis lo conoscono tutti, non solo per l'ormai classico appuntamento del taglio della lavanda, ma anche per l'incredibile museo che, negli anni, è riuscito ad allestire nella cantina di suo zio, Prei Proccu.

"Si chiamava Giovanni Porcu, ma a Riola lo chiamavano Prete Porcu - spiega Elvio - questa era la sua abitazione".

Antica macina nel cortile della casa museo (foto Raggio)
Antica macina nel cortile della casa museo (foto Raggio)
Antica macina nel cortile della casa museo (foto Raggio)

Sull'uscio di legno antico, in via Sant'Anna, c'è ancora lo stemma col quale si segnavano le case dei preti IHS, accompagnato dai tre chiodi, che distinguevano i normali sacerdoti dai Gesuiti. Prei Proccu era un gesuita e la sua modesta abitazione porta anche qualche segno dell'ordine dei Templari.

Elvio Sulas ha trasformato le stanze dello zio in una grande esposizione di utensili legati al lavoro nei campi e all'artigianato: dal 1500 all'800.

Alambicchi, misure e imbuti (foto Raggio)
Alambicchi, misure e imbuti (foto Raggio)
Alambicchi, misure e imbuti (foto Raggio)

Aratri, macine, enormi giare per l'olio, trappole per uccelli, trapani nuragici, telai. Poi una splendida cantina con botti che hanno centinaia di anni.

Saltella da un pezzo all'altro felice di illustrare tutti quegli strani pezzi di storia che senza una spiegazione rimarrebbero forme oscure, prive di senso.

Affriscu moriscu (foto Raggio)
Affriscu moriscu (foto Raggio)
Affriscu moriscu (foto Raggio)

"Indovina cosa è questo?" chiede con aria di sfida tenendo in mano un grosso pezzo di legno. "Questo si chiama Affriscu moriscu, è una serratura, con tanto di chiave dentellata". Poi gira la chiave e svela i complessi ingranaggi all'interno del pezzo di legno. E poi il trapano a carica manuale, con il quale i nuragici bucavano le pietre al centro: "vedete questi buchi? Erano fatti con trapani come questo".

Elvio Sulas è anche un grande appassionato di intaglio. Ha cominciato a scolpire a sette anni, su pietra e legno. Quasi tutti i bassorilievi presenti nella casa-museo sono stati realizzati da lui.

Sono tantissimi i reperti custoditi in via Sant'Anna, molti risalgono al dominio spagnolo, altri a quello piemontese. "Vedete queste grandi giare? qui si metteva l'olio - spiega- lo chiamavano ozzu hermanu, sapete perché?" ...e continua raccontando che prima dell'arrivo degli spagnoli in Sardegna c'erano solo olivastri. Sono stati gli spagnoli a innestare le piante e trasformarle in ulivi. "In Sardegna anticamente si usava il grasso animale per cucinare, e l'olio di lentisco per le lampade- continua - i sardi non conoscevano l'olio d'oliva, che veniva fatto e venduto dagli spagnoli". E pian piano arriva al significato della parola hermano: "Quando gli spagnoli andavano in giro per le campagna a vendere olio gridavano: Vuoi olio, hermano? Cioè vuoi olio, fratello? E da qui sembra che sia rimasto all'olio d'oliva l'appellativo di olio hermano".

Rappresentazione di gallo su un vecchio telaio (foto Raggio)
Rappresentazione di gallo su un vecchio telaio (foto Raggio)
Rappresentazione di gallo su un vecchio telaio (foto Raggio)

E va avanti con gli aneddoti, i racconti, le leggende, le sue teorie, molte delle quali diventate verità storiche.

Ma ci sono ancora tanti antichi significati da raddrizzare, secondo Elvio, come la storia delle tradizionali pavoncelle delle decorazioni sarde, ad esempio.

"Continuano a chiamarle pavoncelle ma non lo sono - va avanti polemico - quelle sono raffigurazioni stilizzate del gallo, simbolo della luce e dell'inizio della vita". E si gira per mostrare due galli in legno che decorano il vecchio telaio esposto nell'andito della casa, una tradizionale abitazione campidanese che finisce con un bel cortile ampio pieno di arance.

E poi il pezzo forte: una vecchia cantina, con una lunga fila di botti centenarie, tra le quali anche qualche barrique. Oltre alla lavanda Elvio produce anche un po' di vernaccia e un migliaio di litri di nieddera.

"Vedete quei boccioni verdi sulla mensola? Quelli sono i cosiddetti baloon, recipienti di vetro soffiato, portati in Sardegna dai torinesi". Poi ci sono alambicchi, imbuti, misure, contagocce.

La visita, iniziata col profumo intenso della lavanda, si conclude con un bicchiere di squisita vernaccia invecchiata spillata da una piccola botte di legno pregiato: "Di questa ne ho poca, ma quanto è buona?"
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