Non è arrivato Nainggolan, ma la leadership del Cagliari è comunque in mani sicure. Diego Godin, a 34 anni, si è rimesso in gioco nella città dove è nata sua moglie Sofia, figlia di Pepe Herrera, suocero e "predecessore" in rossoblù del centrale difensivo, assieme a una folta colonia uruguaiana. Una scelta di cuore, ma non solo. Per il capitano della Celeste è una nuova sfida: giocare dove incantarono Enzo Francescoli, Daniel Fonseca e Fabian O'Neill da un lato, portare il Cagliari in alto e prepararsi all'ultimo campionato mondiale in un torneo difficile come la Serie A dall'altro. E non è un caso che, anche in Sardegna, abbia già scalato le gerarchie dello spogliatoio: dietro Joao Pedro, promosso capitano da Di Francesco, il vice è proprio lui.

SCERIFFO O FARAONE? A Madrid, sponda Atletico, dove un altro Diego, Simeone, gli ha affidato per quasi due lustri le chiavi della difesa, era lo Sceriffo. Con i Colchoneros è stato l'interprete massimo del Cholismo, esecutore spietato (nel tackle e nel gioco aereo) delle direttive non solo tattiche impartite dal padre di Giovanni, bomber rossoblù diventato suo compagno di squadra. In Uruguay è il Faraone, appellativo che esalta una tecnica sublimata dalle imprese sportive in una carriera che parla da sé. Diego Godin è un top player, senza se e senza ma. E' nato a Rosario il 16 febbraio del 1986, ha esordito nel Cerro e nel Nacional in Uruguay, prima dell'arrivo in Spagna nel 2007. Tre stagioni al Villareal convincono, nel 2010, l'Atletico Madrid ad acquistarlo. Vince subito la Supercoppa Uefa (contro l'Inter) quindi, nel 2012, l'Europa League e, nel 2014, sigla il gol dell'1-1 con il Barça, nell'ultima giornata della Liga, che riporta il titolo nella bacheca dei Colchoneros dopo diciotto anni. In quella stessa stagione arriva in finale di Champions League ma, pur segnando, gli tocca osservare da sconfitto i cugini del Real Madrid alzare la coppa a Lisbona. Scena che si ripeterà a San Siro nel 2016, dopo che l'anno prima aveva rifiutato un'offerta milionaria del Manchester City di Pep Guardiola. Nel 2018 rivince l'Europa League, l'ultimo grande successo di Godin all'Atletico, di cui è il secondo giocatore più titolato di sempre. Nel 2019 il passaggio all'Inter, a parametro zero. L'esordio in Serie A, quasi un segno del destino, è contro il Cagliari, il primo settembre all'Arena. Tuttavia, nella difesa a tre messa a punto da Antonio Conte, fatica non poco. Sfrutta il lockdown per studiare tattica e movimenti riuscendo, alla ripresa, a rimettersi indosso una maglia da titolare a suon di prestazioni. Gioca e segna nella finale di Europa League persa col Siviglia: è tra i sei giocatori ad aver gonfiato la rete nella sfida decisiva delle due principali competizioni continentali per club. Della Celeste è il capitano: ha conquistato una Coppa America, è arrivato quarto ai Mondiali del Sudafrica nel 2010, ha eliminato l'Italia con un gran gol nel 2014 in Brasile ed è uscito ai quarti da Russia 2018 con la Francia.

LA SCELTA. Godin, per il calcio internazionale, è quindi uno spot senza tempo. Atleta instancabile, esempio fuori dal campo. Si è presentato a Bergamo andando a segno, per la prima volta, con la nuova maglia. Ora deve trovare la giusta condizione fisico-atletica ma, nonostante le carenze difensive della squadra affidata a Di Francesco, è già il perno dell'equilibrio del suo reparto e non solo.
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