L’anteprima di ieri, tra Sarroch e Tortolì, è stata un disastro. La catastrofe d’estate, invece, è ormai alle porte. La terra più “armata” d’Italia è oggi drammaticamente la più disarmata. Certo, i poligoni italiani & Nato in terra di Sardegna sono pieni di carri armati. La base aeronautica di Decimomannu pullula di “caccia in assetto di guerra”, tutti impegnati a devastare coste e territori a suon di bombe e missili. Nelle campagne, in mare e terra ferma, imperversano potentissimi elicotteri di ultima generazione che sforacchiano a colpi di mitragliatrici supersoniche bersagli di ogni genere.

Slot machine del fuoco

Nelle basi elicotteristiche della Forestale sparse nell’Isola, invece, c’è il vuoto. Disarmate come mai lo sono state nella storia “moderna” dell’antincendio sardo. Un disastro più che preannunciato, con la Regione incapace di assumere iniziative in grado di uscire da una morsa letale, quella stretta dalle grandi “sorelle” dell’antincendio, le multinazionali e non solo, che da anni controllano appalti e prezzi, gestiscono le campagne estive come una gigantesca slot machine con la quale lucrare a piene mani sulla Sardegna.

Sotto inchiesta

Dopo l’inchiesta giornalistica di due anni fa del nostro giornale su quel cartello elicotteristico sbarcato anche nell’Isola scattò un’indagine a 360 gradi della Procura cagliaritana. Il Pubblico Ministero, Andrea Vacca, titolare del fascicolo, ha smontato pezzo per pezzo bandi pubblici e offerte private. Quando il reato risultava circoscritto non ha perso tempo: indagini chiuse senza fronzoli, tutti responsabili e richiesta collettiva di rinvio a giudizio. A maggio l’udienza preliminare. Sotto la lente dei Magistrati era finita un’associazione temporanea d’impresa che avrebbe condizionato il “pubblico incanto” limitando concorrenza e trasparenza per lo svolgimento del servizio cruciale dell’antincendio.

Cartello per astenersi

Quasi che il “cartello”, ancora una volta, si fosse messo d’accordo, in occasione del bando tardivo e pasticciato della Regione per il triennio, le società dell’antincendio aereo hanno attuato “volontariamente”, o meno, la tecnica del “fuorigioco”, con l’unico intento di lasciare la Regione in “braghe di tela”. Cosi è andata: appalti praticamente deserti, salvo due lotti di una società che come attività principale gestisce una catena di forni crematori nel nord Italia. Il meccanismo è fin troppo chiaro. La tecnica del rialzo speculativo passa per una rinuncia a partecipare alle gare sarde, facendo trapelare l’impossibilità di concorrere con la motivazione che la Regione sarebbe arrivata tardi, mentre le altre amministrazioni regionali si sarebbero accaparrate anzitempo elicotteri e piloti provetti.

Fuoco sotto casa

In realtà, i monopolisti privati dell’antincendio, attenderanno che il “fuoco” arrivi sotto casa della Regione per decidere quanto esigere, elevando alle stelle le pretese, tutte da negoziare rigorosamente a trattativa privata, senza alcuna evidenza pubblica. Insomma, un “cartello al contrario”, dove le concorrenti si mettevano d’accordo, come ha rilevato la stessa Autorità della Concorrenza e il Mercato, per aggiudicarsi con un unico partecipante l’appalto con un ribasso tra lo 0,1% e lo 0,49%.

Il ricatto del monopolio

Come dire: quei soldi li vogliamo sino all’ultimo centesimo. Sconto superiore, sapevano benissimo, non ne sarebbe servito: avevano già deciso come “spartirsi la torta” dell’antincendio sardo. Dopo le sanzioni ciclopiche inferte dall’Antitrust, oltre 70 milioni di euro, era scontato che quelle società avrebbero messo la Sardegna nella lista nera delle Regioni a cui far pagare il prezzo del “tradimento” del cartello, da una parte per via della condanna del Garante e dall’altra persino per l’inchiesta giudiziaria che li ha messi spalle al muro.

Resa dei conti

La resa dei conti, dunque, per le grandi “sorelle” dell’antincendio, scatterà al momento della trattativa privata con una Regione ormai spalle al muro, costretta a cedere ad ogni pretesa dei signori dell’antincendio con gran parte della Sardegna, in piena estate, senza copertura aerea. Una sorta di partita a poker sulla testa dell’Isola, del suo ambiente e della sua natura.

Prova generale

Una silenziosa morsa privato-monopolistica che, nel caso di Sarroch e Tortolì, si è rivelata una drammatica prova generale, utile a capire il rischio di un’Isola lasciata alla mercé di incendiari della domenica o peggio di criminali incalliti. Il caso Sardegna, però, ha risvolti che riaprono senza appello la grande questione pubblico-privata della gestione di un servizio così delicato come l’antincendio. Il “cartello del fuoco”, come lo hanno ribattezzato un po’ in tutto il mondo, rischia di mettere in piedi, come hanno dimostrato le inchieste penali, una grande industria dell’antincendio che guadagna sempre di più in base al numero di ore di volo, con tutti i rischi e pericoli di un meccanismo perverso: più fuochi, più vastità dell’incendio, più guadagni.

Bivio pubblico-privato

Per questa ragione, nello scenario sardo, incombe un bivio obbligato: una soluzione “pubblica” per sottrarre al ricatto privato la gestione di un servizio di protezione civile così rilevante e indispensabile per una regione come la Sardegna. In questa terra da sempre devastata da incendi e servitù militari non resta che fare appello a buon senso e senso di responsabilità dello Stato. Negli anni, del resto, si sono ripetuti messaggi di propaganda e spot da copertina, con mezzi aerei militari messi in mostra con tanto di cestello per il caricamento dell’acqua. Il tutto, però, si è sempre ridotto alla tradizionale foto “opportunity” .

“Dual Use” concreto

Ora, invece, la flotta aerea, quella elicotteristica in capo al Ministero della Difesa, potrebbe essere chiamata a passare dalla propaganda ad un ruolo strategico e decisivo, per attuare in concreto, e per la prima volta, quella tesi solo di facciata del “Dual Use”, ovvero usare i mezzi militari anche per uno scopo civile e sociale. Certo, non è la guerra con missili e bombe, di cui si potrebbe volentieri far a meno, ma è una guerra vera, dentro casa, urgente e non rinviabile per proteggere la Sardegna da criminali e ricatti speculativi che mettono a repentaglio vite umane e patrimonio ambientale. Del resto, con quella potenza di fuoco di elicotteri attrezzati, o attrezzabili urgentemente, per l’antincendio e in dotazione alla Difesa, è preferibile trasportare acqua per spegnere incendi, piuttosto che mortai che bombardano l’Isola.

Più protezione civile

Una volta tanto si potrebbe dare un segno tangibile di un uso utile e appropriato del denaro pubblico visto che quest’anno i costi del Ministero della Difesa sono passati da 19,5 miliardi a 20,8, con un miliardo e 300 milioni di euro in più. Un incremento spaventoso se si pensa che dal 2017 ad oggi la “Funzione Difesa” ha visto aumentare le risorse disponibili di ben 7,6 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti per il 2024 quasi 9,3 miliardi di investimenti in armi e mezzi militari. Impossibile non trovare le risorse per proteggere la Sardegna dagli incendi e dalla speculazione delle “grandi sorelle”. Qui, nella terra delle servitù militari, la “guerra” del fuoco sta per cominciare.

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