Quello che tutti noi, vittime di questo maledetto virus e della becera gestione nell'affrontarlo, non riusciamo ad accettare è non aver potuto stare accanto ai nostri cari nel momento della loro disperazione e nella lotta per la sopravvivenza...". Un unico grido di dolore: "Te ne sei andata senza un saluto, un abbraccio: è questo quello che non accetteremo mai". Sono morti nell'anonimato, per colpa del Covid piombato nella loro più o meno tranquilla vita di famiglia. Nomi mai comparsi prima sui giornali e che oggi si leggono nelle cronache di quei giorni terribili, quando la pandemia non lasciava scampo. Un papà, una mamma, un fratello, un nonno, un marito, una moglie che ora non ci sono più: le storie, di cui sono loro malgrado protagonisti, rivivono nei racconti dei familiari che sulla pagina facebook "Noi denunceremo", le raccontano. Testimonianze a catena incise sui post, sigilli di dolore e rabbia di chi li firma. Il 22 marzo, in piena pandemia, il gruppo social (66.220 membri) prende vita e si costituisce sotto forma di comitato no-profit con un unico obiettivo: "Verità e giustizia". Noi Denunceremo - si legge nella presentazione della pagina - nasce dalle domande di Luca e suo figlio Stefano Fusco, alcuni giorni dopo la perdita rispettivamente del papà e del nonno, Antonio, dopo essere risultato positivo al Covid-19. "Siamo nati per far sì che, se qualcuno ha delle responsabilità, se qualcuno poteva agire e non l'ha fatto, se qualcuno ha anteposto chissà quale interesse alla vita di migliaia di persone, egli (o essi) paghi penalmente per le sue azioni e risponda delle sue negligenze". E per fare ciò, e farlo nelle sedi opportune, hanno deciso di raccogliere ogni singola denuncia e renderla disponibile alla magistratura in ogni fase dell'indagine e del processo che ne deriverà. Non se l'aspettavano, però, che la loro iniziativa avrebbe coinvolto l'Italia intera, avvolta in un dolore collettivo.

Sono parole di conforto quelle che si scambiano da una famiglia all'altra, nessuno si conosce ma parlano la stessa lingua. Perché il destino è stato uguale per tutti, poco contano i nomi, tutti sono vittime della stessa sorte: morti per il Covid e senza aver vicino i familiari. Malattia e solitudine, perché? Non sono i medici o gli infermieri sotto accusa, ma sono "troppe le domande senza risposta", scrive Sonia che da cinque mesi non ha più suo padre. "Papi, quelle tue ultime parole continuano a rimbombarmi in testa: "questa volta mi sa che non ci esco da qua", le aveva sussurrato dal letto d'ospedale. Sulla pagina facebook si affacciano sentimenti di solidarietà anche di chi è rimasto lontano dal virus o è riuscito a vincerlo, combattendolo aggrappandosi alla fede, riscoperta da molti nei giorni del Covid, un'altra prova che la vita ci mette davanti.E ora, a sei mesi dall'iniziativa prende forma e forza la battaglia dei familiari di chi è "morto e sepolto", a causa di una pandemia che ha colpito nel mucchio. Storie che però non saranno mai morte e sepolte, se non si darà pace a queste famiglie, tormentate da mille perché, anche se la quarantena e il lockdown sono finiti. Molti erano anziani, sì è vero, ma anche arzilli, vigili e autonomi. Come i genitori di Alessandra, una coppia di medici in pensione: erano venuti da un anno ad abitare a Bergamo - scrive la figlia - per stare vicino a me e a mia sorella, con tanta voglia di continuare a vivere con la consapevolezza dei loro 88 anni. Il Covid li ha portati via in un lampo, mamma il 25 marzo e papà l'8 aprile, senza avere vicino i loro figli. Quel che fa rabbia - com 'è scritto nel post di Alessandra - è come si sia potuto ignorare il pericolo di una pandemia in un mondo dove l'uomo si prepara ad andare su Marte". Perché si fanno le prove antincendio e non per emergenze simili? L'agonia dei ricoverati nelle Rsa è stato un incubo per molti congiunti. "Te ne sei andata sola", scrive Elena alla madre che ha baciato l'ultima volta il 22 febbraio, "nella rsa che avrebbe dovuto proteggerti, lasciando noi fuori e facendo entrare il male". Strappi laceranti, che fanno molto male, come ogni morte improvvisa, inaspettata e comunicata a bruciapelo ai parenti, a volte tenuti all'oscuro dell'evoluzione del Covid e non informati sulle condizioni di salute del paziente, a volte intubato senza che i familiari fossero avvisati. E' successo negli ospedali, travolti dal caos in piena pandemia. Perché? Evento imprevedibile, non si era preparati a fronteggiarlo? Chi ha vissuto sulla propria pelle l'incubo del Covid ha bisogno di risposte. Come quella famiglia che dopo aver peregrinato invano per un tampone, ha perso il padre, 76enne di Varese. Era andato al pronto soccorso per un trauma al ginocchio e non è più uscito vivo dall'ospedale. La pagina facebook si arricchisce ogni giorno di nuovi post. "Continuiamo a lavorare senza sosta per perseguire il nostro obiettivo". Per capire. Per non dimenticare.
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