In Sardegna oltre un quarto dei medici fugge dalle scuole di specializzazione. Una fetta di gran lunga più ampia rispetto al 19% registrato su base nazionale. Sono questi numeri deprimenti, ma non certo sorprendenti, emersi dall’ultimi rapporto stilato dall’Anaao Assomed, l’associazione medici dirigenti. L’Isola si contende il terzo posto nel non lusinghiero podio italiano delle defezioni dai corsi di specializzazione con il 27% condiviso con l’Abruzzo e dietro solo al Friuli Venezia Giulia (36%) e Marche (30%).

Le carriere

La scelta dei futuri medici specialisti italiani sembra chiara: dalla rilevazione Anaao Assomed e Settore Anaao Giovani risulta una cospicua e pressoché completa adesione a quelle scuole di specialità in cui l’attività privata e ambulatoriale rientra tra gli sbocchi lavorativi, mentre vengono abbandonate o neppure prese in considerazione quelle prettamente “ospedaliere e pubbliche” che sono state protagoniste nella lotta pandemica, prima tra tutte la medicina d’emergenza urgenza (61% dei contratti statali non assegnati e abbandonati).

Per confezionare l’indagine è stata analizzata l’effettiva fruizione da parte dei giovani medici dei 30.452 contratti statali banditi negli ultimi due concorsi di specializzazione (2021 e 2022). Per “contratti non assegnati” si intende un contratto che in sede concorsuale non è stato assegnato a nessun medico perché nessuno l’ha scelto. Per “contratti abbandonati” si intende un contratto che è stato assegnato ma il medico assegnatario ha riprovato il concorso l’anno successivo e ha cambiato specializzazione tramite una nuova assegnazione.

Emerge così il problema principale: il 19% dei contratti non viene assegnato o viene perso durante il percorso di specializzazione, attestando la sostanziale e ormai cronica programmazione alterata e dicotomica che si ripercuote sull’attuale erogazione non ottimale dei servizi sanitari.

Il futuro meno ambito

I dati dell’entità dei contratti non assegnati e/o abbandonati suddivisa per specializzazione sono significativi oltre che allarmanti. È interessante constatare che tutte le branche che sono state le più sollecitate durante la pandemia presentano la maggiore entità di contratti non assegnati e abbandonati: la medicina d’emergenza-urgenza avrà 1.144 specialisti in meno rispetto ai 1.884 contratti stanziati (60,7%), Microbiologia 191 in meno rispetto a 244 (78,3%), Patologia Clinica e Biochimica Clinica 389 in meno rispetto a 554 (70,2%). Di contro, vi è la totale fruizione di contratti di specializzazione afferenti alla Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, Oftalmologia, Malattie dell’Apparato Cardiovascolare.

Allarme

«Il segnale giunge chiaro e forte, corroborato dai numeri», spiega il Segretario Nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio. «La medicina sta diventando un affare selettivo, in cui le specialità più colpite e sotto pressione durante la pandemia da Covid-19, le specialità gravate da maggiori oneri e minori onori sono in caduta libera, non hanno più appeal. Non è un problema di medici, ma di medici specialisti ed è un problema che avrà ripercussioni inevitabili sul futuro di un sistema di cure sempre più in crisi».
Secondo il medico «L’assenza di programmazione e l’assenza di investimenti sul professionista produce effetti devastanti rischiando di desertificate alcune branche ed essere in deficit in altre. Un risultato che dovrebbe far comprendere quanto sia urgente investire sui professionisti e per rendere appetibile una professione che oggi non affascina più. Il medico ha perso la sua identità sociale ancor prima che professionale relegato a mero prestatore di opera alla stregua di un venditore di prodotto, il Paziente si è trasformato in un cliente».

L’appello

Secondo l'associazione di categoria «Occorre un cambio immediato di passo e di paradigma con investimenti extracontrattuali e legislativi che riconsegnino la sanità ai professionisti. Retribuzioni adeguate, depenalizzazione dell’atto medico, aumento delle assunzioni ed eliminazione del tetto di spesa al personale che agisce ancora oggi come una tagliola su regioni e aziende foraggiando il lavoro a cottimo.

Occorre integrare e dare ruolo agli specializzandi, vera forza propulsiva di un sistema vecchio e stanco. Accoglierli negli ospedali con un vero contratto, con diritti e doveri precisi e chiari, al fine di permettere loro una formazione adeguata e prospettive professionali reali, è l’unica strada, la strada maestra. Continueremo a batterci perché questo avvenga, con tutte le forze in tutti i modi».

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