È andato a Gaza, ha visto l’orrore con i suoi occhi. I bambini che lottano per la sopravvivenza accanto ai loro genitori. La fame e la sete. Perché gli aiuti non arrivano. “Oggi vorrei parlare di due questioni importanti che la gente qui a Gaza dice essere fondamentali per la loro sopravvivenza. La sicurezza di chi si trova a Rafah e la consegna degli aiuti.” Il portavoce dell’Unicef James Elder ne ha parlato di recente con i giornalisti a Ginevra. È stato un racconto di una realtà agghiacciante. E la fame cui Israele sta costringendo le popolazioni di Gaza – secondo Volker Türk, diplomatico austriaco, alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani dal 2022 – potrebbe equivalere a un crimine di guerra.

Volker Turk, Alto commissario Onu per i diritti umani (EPA/MARTIAL TREZZINI)
Volker Turk, Alto commissario Onu per i diritti umani (EPA/MARTIAL TREZZINI)
Volker Turk, Alto commissario Onu per i diritti umani (EPA/MARTIAL TREZZINI)

L’Unicef fotografa impietosamente lo scenario di guerra. “Oggi – ha detto Elder - Rafah è irriconoscibile a causa della congestione, delle tende agli angoli delle strade e dei terreni sabbiosi. La gente dorme per strada, negli edifici pubblici, in qualsiasi altro spazio vuoto disponibile. Gli standard globali per le emergenze umanitarie dicono che un bagno dovrebbe essere utilizzato da un massimo di 20 persone. A Rafah c’è circa un bagno ogni 850 persone. Per le docce, il numero è quattro volte superiore: una doccia ogni 3600 persone. Si tratta di un’infernale mancanza di rispetto per i bisogni umani fondamentali e per la dignità”. Scarseggiano le risorse idriche, ogni cittadino per sopravvivere avrebbe bisogno di almeno tre litri d’acqua al giorno ma non li ha.

“Gli stessi standard – ha aggiunto il portavoce Unicef - dicono che le persone hanno bisogno di 15 litri d’acqua a testa, ogni giorno, e un minimo assoluto di tre litri solo per sopravvivere. Quando sono stato qui a novembre, le famiglie e i bambini della Striscia di Gaza facevano affidamento su tre litri o meno di acqua per persona al giorno. Oggi, in media, le famiglie intervistate hanno accesso a meno di un litro di acqua sicura per persona al giorno”.

Macerie di guerra a Gaza (EPA/MOHAMMED SABER)
Macerie di guerra a Gaza (EPA/MOHAMMED SABER)
Macerie di guerra a Gaza (EPA/MOHAMMED SABER)

Cambiando città non cambiano le cifre dell’emergenza. “Anche la vicina Khan Yunis è irriconoscibile, anche se per un motivo diverso: non esiste quasi più. In 20 anni di lavoro alle Nazioni Unite, non ho mai visto una tale devastazione. Solo caos e rovina, con macerie e detriti sparsi in ogni singola direzione. Un vero e proprio annientamento. Muovendomi per quelle strade, sono stato sopraffatto dalla perdita”.

Israele, ripetutamente accusato di genocidio, attacca insistentemente obiettivi palestinesi senza rispetto per i bambini. “Questo ci riporta a Rafah. E A parlare di un’operazione militare su larga scala a Rafah. Rafah – osserva Elder - è una città di bambini. 600.000 bambine e bambini. Un’offensiva militare a Rafah? “Offensiva” è la parola giusta. Rafah ospita alcuni degli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici di Gaza”. Dal Sud al Nord la gente è sotto la soglia di sopravvivenza. “Sono stato di nuovo a Jabalia”, racconta il protavoce Unicef”. Decine di migliaia di persone affollano le strade portandosi le mani alla bocca, segno universale della fame. Quando sono arrivato nella Striscia di Gaza una settimana fa, c’erano centinaia di camion con aiuti umanitari salvavita, in attesa di raggiungere le persone che ne hanno urgente bisogno, ma dal lato sbagliato del confine. Centinaia di camion Onu/Ingo sono attualmente bloccati in attesa di entrare a Gaza.” La carestia ­– certifica la classificazione della fase di sicurezza alimentare integrata della scorsa settimana - è imminente nel nord della Striscia. “Gaza ha ora la più grande percentuale di popolazione, ovunque, a ricevere la classificazione più grave da quando l’organismo ha iniziato a fare rapporto nel 2004.”

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Archivio Us)
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Archivio Us)
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (Archivio Us)

L’impatto del conflitto israelo-palestinese si misura in cifre che fanno rabbrividire. “Prima di questa guerra – certifica l’Unicef - il deperimento infantile nella Striscia di Gaza era raro, con meno dell’uno per cento dei bambini sotto i 5 anni di età gravemente malnutriti. Oggi un bambino su tre sotto i 2 anni è gravemente malnutrito. È chiaro che il nord ha bisogno di enormi quantità di cibo e di trattamenti nutrizionali, con urgenza. Ma siamo chiari: i nostri sforzi per fornire questi aiuti sono ostacolati”.

Eppure la soluzione per lenire gli affanni dei palestinesi ci sarebbe. “C’è un vecchio punto di passaggio esistente, Erez”, suggerisce Elder, “che potrebbe essere utilizzato e che si trova a 10 minuti da coloro che stanno affrontando la carestia. 10 minuti. Se lo aprissimo, potremmo risolvere la crisi umanitaria nel nord del Paese in pochi giorni. Ma rimane chiuso. Tra il 1° e il 22 marzo, un quarto delle 40 missioni di aiuto umanitario nel nord di Gaza è stato negato. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente è ora bloccata nel consegnare cibo al nord, eppure il 50% del cibo destinato al nord è stato consegnato dall’Unrwa. Siamo chiari: gli aiuti salvavita vengono ostacolati. Si stanno perdendo vite umane. La dignità è negata”.

L’amministrazione Netanyahu è accusata non solo dall’opinione pubblica internazionale ma anche da cittadini di Israele di voler portare alla fame la popolazione della Striscia. “La privazione, la disperazione forzata, significa che la disperazione pervade la popolazione. E i nervi della gente sono a pezzi in mezzo ad attacchi incessanti. La gente spesso si chiede se c’è ancora speranza. Qui tutto è agli estremi e questa domanda non è diversa. Da un lato, una madre mi dice che ha perso i suoi cari, la sua casa e la possibilità di nutrire regolarmente i suoi figli; tutto ciò che le rimane è la speranza. L’Unicef nei giorni scorsi si è seduto con degli adolescenti, molti dei quali hanno detto che desideravano così tanto che il loro incubo finisse, da sperare di essere uccisi. A Gaza – rileva l’Unicef - si dice regolarmente l’indicibile. Da ragazze adolescenti che sperano di essere uccise, a chi dice che un bambino è l’ultimo sopravvissuto di tutta la sua famiglia. Questo orrore non è più unico qui”.

La risoluzione approvata lunedì dall’Onu per un immediato cessate il fuoco, secondo l’Unicef, deve trovare applicazione “sostanziale, non simbolica. Gli ostaggi devono tornare a casa. La popolazione di Gaza deve poter vivere. In mezzo a tutto questo, tanti palestinesi coraggiosi, generosi e instancabili continuano a sostenersi a vicenda. E le agenzie sorelle delle Nazioni Unite e l’Unicef continuano. Per l’Unicef, continuiamo a lottare per ogni bambino. Acqua, protezione, nutrizione e riparo. L’Unicef è qui.”

Il coro è unanime. Le associazioni umanitarie sono mobilitate a favore dei bambini di Gaza e del cessate il fuoco. “La decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha il potenziale per diventare un’ancora di salvezza per i minori di Gaza, che vengono bombardati, mutilati e affamati. Questa risoluzione chiede un cessate il fuoco temporaneo immediato, che deve essere attuato subito e prorogato in via definitiva, perché la vita dei bambini è appesa ad un filo”, ha dichiarato Xavier Joubert, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati. “Il mondo sta osservando se gli Stati membri adempiono ai propri obblighi e traducono queste parole in fatti. La comunità internazionale – Consiglio di Sicurezza dell'Onu, Assemblea Generale e tutti i suoi Stati Membri – deve compiere passi rapidi e significativi per attuare immediatamente la decisione odierna e fare tutto ciò che è in suo potere per garantirne l'estensione definitiva. La vita dei bambini dipende da questo. Se questo risultato non sarà pienamente raggiunto – ha concluso Joubert – sarà l’ennesimo fallimento, con conseguenze devastanti per i più piccoli”.

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