Gentile signor Liverani, intanto benvenuto a Cagliari. Per i più distratti, per quelli che hanno staccato la spina e “non guarderò mai più il Cagliari”, lei – romano, padre capitolino e madre somala, orfano dall’età di 15 anni ma capace con i suoi piedi delicati di arrivare fino alla Nazionale, quella dei grandi – è il nuovo allenatore rossoblù. Oggi comincia una delle sue avventure professionali più delicate. Non impossibile, ma decisamente delicata. Quella di oggi sarà la giornata dei buoni propositi, delle idee, dell’identità da ritrovare. Bello, sì, ma la realtà è un’altra. Ed è meglio dirselo chiaro, da subito: lei sbarca su un’Isola che conosce bene, ha già indossato per tre anni la maglia del Cagliari dei ragazzi ma la piazza oggi, è decisamente in fermento. L’aria è cambiata, il credito dei tifosi verso la società si è notevolmente ridotto, la retrocessione non è stata solo un episodio di pallone ma una botta tremenda.

Dopo il fischio finale della partita di Venezia, novanta minuti surreali e senza gol, abbiamo assistito a uno sfogo amaro del presidente, a una conferenza stampa dei due massimi dirigenti con l’allegria di un funerale, compresa un’onesta ammissione di ridimensionamento. Nel mezzo, una vigliacca quanto sospetta campagna denigratoria verso il presidente, tra scritte sui muri dello stadio e manifesti spalmati dappertutto. Di questi giorni, un’altra campagna, dal silenzio assordante, quella delle cessioni, un fuggi fuggi generale dettato anche dalla pressante necessità di riassestare le casse della società.

Lei arriva a Cagliari e con quale squadra lavorerà non lo sappiamo ancora. Non registriamo conferme eccellenti, per ora nessun acquisto di peso. La piazza rossoblù, molto speciale, aspetta fatti e successi. Buon lavoro, Liverani, non sarà facile ma non le mancherà il sostegno della gente. Perché il Cagliari si ama, dicono i suoi tifosi sparsi nel mondo. Si ama e basta.

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