Cresciuto col mito di Mike Tyson e Muhammad Alì, sul ring ha fatto la differenza con la classe e l’umiltà che contraddistinguono un grande campione della boxe. Aveva solo 11 anni quando Roberto Cammarelle, il campione olimpico e mondiale dei supermassimi ha fatto il suo primo ingresso in una palestra di pugilato.

Oggi a 43 anni, l’attuale ambassador della Federazione Pugilistica Italiana, una lunga carriera segnata da 230 incontri e 20 sconfitte  «di cui 10 da contestare», si è presentato nell’auditorium del Liceo Paglietti di Porto Torres per raccontare che la boxe non è soltanto abilità tecnica e motoria, ma una sfida quotidiana con se stessi, significa acquisire autostima e valori etici, ma soprattutto il rispetto. «Non ho mai avuto il talento di altri atleti, ma il mio talento era il lavoro: ero il primo ad arrivare in palestra e l’ultimo ad uscire», ha detto ai ragazzi, «ho sempre creduto in quello che facevo e solo così potevo dimostrare agli altri come si faceva a vincere». Il suo esempio lo ha portato nelle scuole italiane, con Boxando s’impara”, il progetto educativo nazionale, finanziato e proposto dalla Federazione pugilistica italiana e accreditato formalmente al Miur, tramite la società “Sport e Salute”. Lo ha presentato davanti ad una platea di studenti, al sindaco e al vicesindaco di Porto Torres, Massimo Mulas e Simona Fois, al dirigente scolastico Daniele Taras, all’insegnante di Attività Motorie, Piero Nughes e al presidente del “Boxing club Alberto Mura”, Luciano Mura.

La commissione Progetti Speciali in ambito scolastico della Fpi, coordinata a livello nazionale da Massimo Scioti , ha assegnato al “Paglietti”, unico Istituto in Sardegna, il progetto che prevedeva 20 ore di lezione, svolte in orario curriculare, di cui 10 teoriche e 10 pratiche nella palestra del Boxing Club Mura. Il campione di Cinisello Balsamo (Mi), i guantoni li ha indossati da ragazzino. «A 11 anni ero il classico ragazzo grassottello che doveva perdere peso, quindi ho cominciato a frequentare la palestra di un amico di famiglia, la società sportiva “Rocky Marciano”, ci andai insieme a mio fratello più grande di un anno e mezzo», racconta «vedevo i ragazzi che si menavano, una cosa inconcepibile per me che volevo solo divertirmi». Il maestro gli insegna a stare in guardia, a muoversi nello spazio, a portare i colpi, diretto, gancio e montante. «La combinazione di questi colpi rende tutto affascinante», dice. Si accorge presto che quella era la sua strada. «Comincio ad allenarmi, partecipo alle prime gare dei giochi della Gioventù, ma in realtà il mio primo avversario è mio fratello, più grande di me di un anno e mezzo».

Il suo primo titolo di campione italiano lo conquista nel 1995 nei pesi massimi, al campionato Under 16, l’anno successivo entra a far parte della nazionale junior, e nel 1996 in quella senior. «Così sono riuscito a battere mio fratello», sottolinea. Nel '96 dopo l’ennesimo titolo italiano, Cammarelle viene convocato in nazionale. «Inizio a conoscere l’altro mondo della boxe, quello dei professionisti e del pugilato olimpico che per me era una cosa diversa. Il mio sogno da realizzare». Confessa che la sua «bestia nera» erano gli avversari russi. Nel 2004, ad Atene, partecipa alla sua prima Olimpiade, conquistando la medaglia di bronzo nella categoria dei supermassimi. Ma il mancino di Cinisello compie la sua vera impresa, quattro anni dopo, a Pechino, conquistando l’oro olimpico per ko tecnico contro il cinese Zhang Zhilei.

A Londra, fu sconfitto in finale dal locale Anthony Joshua, attuale campione IBF dei massimi, dopo un verdetto molto contestato. «Le sconfitte, l'essere snobbato dalla stampa, la voglia di partecipare per vincere, mi hanno permesso di ottenere i risultati e i successi raggiunti fino ad ora. «Ora da direttore tecnico delle Fiamme oro, squadra sportiva della Polizia di Stato, cerco di spronare i ragazzi, di aiutarli a cercare di vincere le medaglie».

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