“The Brutalist”: Adrien Brody commenta gli ultimi dibattiti sull’uso dell’IA nei film
Agli Oscar la pellicola gareggerà ad armi pari con grandi titoli come “Emilia Pérez” e “The Substance”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Tra i grandi favoriti alla Notte degli Oscar troviamo senz’altro l’imponente “The Brutalist”, ultima fatica per il grande schermo del giovane Brady Cobert con protagonista il veterano della scena Adrien Brody; che al fianco di ben dieci nomination gareggerà ad armi pari con titoli altrettanto elogiati come “Emilia Pérez” di Jacques Audiard e “The Substance” di Coralie Fargeat. Premiato nelle passate occasioni col Leone d’Argento a Venezia e tre Golden Globe, il titolo sancisce per Cobert un meritato posto tra le promesse della futura Hollywood, ponendosi già come metro di paragone per le esperienze cinematografiche che ci aspettano. Partecipando al toccante racconto di vita dell’architetto ungherese László Tóth, assistiamo al suo espatrio negli Stati Uniti dopo esser scampato alle persecuzioni naziste e ai campi di sterminio. Ispirato dal sogno americano, il visionario artista si metterà in gioco per intraprendere un nuovo inizio, aspettando di ricongiungersi con sua moglie e cogliendo nuove occasioni per dar sfogo al proprio estro.
Le circostanze muteranno dopo aver incontrato il ricco imprenditore Harrison Lee Van Beuren, che finanzierà i lavori per un progetto di enorme portata; ma le difficoltà lungo la strada si scontreranno ben presto con le aspirazioni creative. Oltre ad aver attirato su di sé l’attenzione mediatica per i numerosi riconoscimenti ottenuti e le alte probabilità di far colpo anche agli Oscar, il film è stato al centro di alcune polemiche relative all’uso dell’intelligenza artificiale. Sembrerebbe infatti che, per velocizzare le fasi di post-produzione, sia stato utilizzato un software che ha migliorato l’accento ungherese degli interpreti, come una sorta di filtro applicato alle performance vocali per garantire maggior fedeltà all’accento linguistico. Dopo varie repliche e chiarimenti da parte della produzione, è intervenuto sull’argomento lo stesso Adrien Brody, che non ha perso occasione per tentare di fare ulteriore luce sull’argomento. Intervistato dal podcast Little Gold Men di Vanity Fair, ha aperto la discussione con la seguente premessa: “Capisco che viviamo in un'epoca in cui la semplice menzione dell'Intelligenza Artificiale è un po' in grado di scatenare le discussioni. Viviamo in un periodo in cui, sfortunatamente, ci si può appropriare piuttosto facilmente delle cose in internet e mi auguro semplicemente che le persone capiscano meglio il contesto e i fatti delle circostanze”. E descrivendo nel dettaglio l’esperienza vissuta sul set, ha approfondito dicendo: “Sono figlio di una coppia ungherese e sono cresciuto con le persone che parlavano la lingua a casa mia. Ho in realtà anche inserito, nei dialoghi in ungherese, delle imprecazioni che non erano nello script... Ovviamente il suo processo di post-produzione ha modificato solo alcune delle battute parlate in ungherese. Niente del dialetto è stato modificato, quello è stato tutto fatto attraverso un duro lavoro con Tanera Marshall, che ha lavorato come dialect coach per il film. Abbiamo tutti lavorato davvero duramente a quell'elemento e ne siamo consapevoli”.
Difendendo in ultima battuta l’operato di Cobert e del suo staff, ha detto: “Brady è un filmmaker davvero sensibile e riflessivo. Non è stata usata nessuna tecnologia che toglie lavoro alle persone. Si tratta di un processo di post-produzione piuttosto ordinario. Penso che tutti conosciamo la verità”. Sullo stesso dibattito ha espresso un’opinione anche Felicity Jones, attrice co-protagonista nel ruolo di Erzsébet Tóth, moglie di László. Intervistata da Deadline, si è allineata alle posizioni del collega confermando il duro lavoro compiuto per interpretare al meglio i personaggi: “Adrien e io abbiamo lavorato entrambi con Tanera Marshall, brillante dialect coach, e gran parte dell'attenzione è rivolta a trovare la voce del personaggio. Anche Guy (Pearce) ne ha parlato. Qual è la cadenza? Come faccio a far sì che quella persona sembri il più credibile possibile? Questo è ciò che è sotto il tuo controllo come attore”. E ammettendo che il tema dell’intelligenza artificiale apre a questioni molto complesse, ha aggiunto: “Ci sono così tante sfaccettature. Uso spesso l'analogia che fare un film è un po' come mettere un pallone da calcio in un campo, e lo metti a disposizione, e verrà calciato in molte direzioni diverse. In una certa misura, questo fa parte del piacere di fare qualcosa, vedere cosa ne fa il mondo ed è affascinante quando un film solleva così tante discussioni diverse e ricche di sfumature”.