Èstato un fuoco lento ma costante quello che ha caratterizzato la scalata al successo mondiale della serie televisiva "Peaky Blinders" nata in casa Bbc e poi grazie a Netflix esportata in tutto il pianeta. Saga di una famiglia criminale, quella capitanata dal reduce della Prima guerra mondiale Thomas Shelby. Eroe della tremenda battaglia della Somme, combattuta tra il primo luglio e il 18 novembre 1916, in cui persero la vita circa 600 mila (ripeto 600 mila) soldati, Shelby tornando nella sua Birmingham decide di riunire intorno a sé la famiglia di origini gitane (già in odore di malavita), e reduci del fronte, per comporre un super gang (Peaky Blinders) che al basso crimine affianca la rivalsa sociale della working class. Un gangster spietato e romantico, bello, furbo, dannato.

La narrazione pone basi solide sulla storia della Birmingham degli anni Venti riportando alla luce uomini che nella realtà hanno calcato il palcoscenico di quegli anni: politici, banditi, poliziotti, industriali, prelati, nobildonne e prostitute di fama. Ma... ma il sublime sceneggiatore Steven Knight (come era suo diritto se non dovere) si è distaccato dalla stretta cronaca e ha fatto volare alto le vicende della banda dei Peaky Blinders portandoli nei cieli dell'epica e del mito. Va detto che Knight (già padre di due grandi film: "Piccoli affari sporchi" e "La promessa dell'assassino") nella trasposizione seriale ad oggi (e siamo alla quinta stagione) non ha mai fatto sconti all'efferatezza dei suoi protagonisti, ce li ha dipinti ingordi, traditori, psicopatici e estremamente violenti ma li ha fatti sempre scontrare con rivali che li superavano in ogni difetto. Però... però i fatti reali sono stati altri.

<|AF-899285-adrien_brody_foto_bbc/netflix|>

A fare luce sulla questione è un libro che uscirà in Italia il prossimo 3 marzo. Si chiama "La vera storia dei Peaky Blinders", è edito da Sperling & Kupfer, ed è scritto dallo storico, scrittore e insegnante inglese Carl Chinn. Oltre al rigore dello studioso, l'autore ha avuto dalla sua una preziosa eredità che gli ha permesso maggior precisione nella ricostruzione, ovvero suo bisnonno erano uno dei membri della famigerata gang.

«La realtà differisce dalla versione sullo schermo», spiega nel suo libro Carl Chinn, «perché i veri protagonisti erano personaggi spregevoli, mediocri, e sordidi. Per quanto riprovevoli, tuttavia, nel complesso sono stati un'importante componente storica della Birmingham di epoca tardo vittoriana e edoardiana. Ignorati o appena citati dalle cronache locali, hanno condizionato in chiave negativa la vita di più di una generazione e macchiato la reputazione della città. Le loro azioni sono inestricabilmente legate alla storia di Birmingham, al pari di quelle dei suoi principali uomini politici e dei grandi industriali».

Carl Chinn non fa sconti per nessuno a partire dal suo avo. Richard Chin «era alto e aveva gli occhi azzurri» ma un pessimo carattere e peggior fama. «Ladro, fannullone e violento» era il prototipo di quella razza di delinquenti che «al contrario della versione romanzata» non erano «eleganti e affascinanti, dotati di senso dell'umorismo e rispettati dalla classe operaia, che invece, esultò quando il loro strapotere ebbe fine».

Chiaro e tondo. Oltre ciò, il libro ci racconta chi sono gli uomini che veramente hanno vissuto e operato in quegli anni come raccontato dalla serie tv. Fra tutti il capo banda della comunità criminale ebraica londinese Alfie Solomon, il volume ci offre una foto d'epoca di suo fratello maggiore Simeon Solomon che sfoggia una rara eleganza. In abiti raffinati posano per il fotografo i membri della gang rivale dei Peaky: i Sabini, ovviamente tutti di origini italiane. Meno raffinati, ma non certo straccioni, quelli della gang di Martino Changretta. Sullo schermo a vestire i panni di Luca Changretta ricorderete il tenebroso Adrien Brody.

Bene, nell'attesa della sesta stagione, già in lavorazione, "La vera storia dei Peaky Blinders" (Sperling & Kupfer) è un ottimo viatico per approfondire il tema e appassionarsi ancor di più a una storia che senza la serie televisiva, con molta probabilità, sarebbe andata dimenticata.
© Riproduzione riservata