Una quarantena sui colli di Bologna, in quella che è la casa stanziale di famiglia in una vita ben poco stanziale, quella del musicista. Qua Paolo Fresu, lontano dalla sua Berchidda e dalle tournée in giro per il mondo, vive questi giorni sospesi in attesa di tornare a una normalità, quella dei concerti e dei festival, che per gli artisti sembra oggi lontana.

"In questi giorni sto lavorando parecchio - racconta - paradossalmente più di prima perché tanti sono i progetti fermi. Per il resto, sto con la mia famiglia, e questo è un aspetto positivo perché di solito il mio lavoro mi porta spesso lontano". Una presenza centellinata sui social, tra qualche perla musicale e qualche inatteso regalo come un "Bella Ciao" suonato in piazza da solo il 25 aprile a Bologna. Per il jazz international day del 30 aprile il trombettista sardo ha pubblicato un brano interpretato dai bambini del coro Libere Note. I progetti didattici e di diffusione musicale rivolti all'infanzia, del resto, lo vedono impegnato da anni insieme alla moglie Sonia Peana, anche lei musicista. "I bambini, in questa quarantena sono quelli che soffrono di più - dice - e sono stati completamente dimenticati. Non c'è una visione di quella che sarà la loro vita nei prossimi mesi". Un impegno che si affianca in questi giorni a una possibile programmazione di Time in jazz e alla campagna "Vele suoniamo" a sostegno de lavoratori della musica e dello spettacolo duramente colpiti dalle restrizioni legate all'emergenza sanitaria.

IL LUOGO DEL CUORE La Sardegna, lasciata quando aveva poco più di vent'anni ai primissimi passi di una sfolgorante carriera, non è più da tanto tempo la sua residenza principale ma resta il luogo del cuore anche in questa quarantena. La sarditudine è un abito che Paolo Fresu porta addosso in giro per il mondo.

"Mi viene da pensare che l'Isola abbia un'unica anima. Un grande cuore arcaico che tesse un'atavica tela robusta e multiforme capace di intrecciare emozioni e sensazioni, odori e sapori, luci e colori di terra, di aria e di mare". Ma all'interno dell'isola c'è un luogo particolare nel cuore dell'ex ragazzo di paese, figlio di un compianto pastore poeta scomparso alcuni anni fa. "E' la chiesetta di campagna di Santa Caderina, dedicata al culto di Santa Caterina d'Alessandria. Una spoglia chiesetta in granito collocata intorno alle poche terre di famiglia dei Fresu alla quale sono profondamente legato in quanto vi si svolge ancora la tradizionale festa propiziatoria il primo lunedì di maggio. E' collocata ai piedi il Monte Rasu che anticipa le pendici del Limbara e ci si arriva dalla bellissima strada che, da Berchidda, porta direttamente a Calangianus passando per le suggestive cave di granito poste, a mo' di sentinelle, nel confine tra Lodudoro e Gallura. La mattina si celebra la messa con la processione accompagnata spesso dalla Banda musicale con panegirico intorno alle mura mentre in su poltigale grandi caldaie cucinano la zuppa berchiddese e decine di donne e di uomini sbriciolano il pane per preparare sa suppa con il brodo di pecora e il formaggio".

A quella chiesa sono legati i ricordi del bambino Paolo. Come quel giorno speciale. "Tiu Nigola e tiu Selvadore, tia Rosa e mio padre che, per qualche anno, ebbe l'onore di essere s'oberaju matzore, il presidente della confraternita, e io tenni stretta tra le mani la bandiera della santa dentro la nostra Cinquecento familiare bianca con le balle di fieno, i bidoni del latte e la capotta aperta per poter portare la bandiera a casa dove rimase tutto l'anno a fianco del mio letto in attesa della festa dell'anno successivo. Mai mi ero sentito così fiero e importante e tutte queste sensazioni si mescolavano con i profumi della primavera appena sbocciata e con l'odore dell'incenso e della polvere da sparo delle pistole e dei fucili giocattolo venduti nelle bancarelle assieme al torrone di Tonara e agli utensili per la campagna. Ho ancora davanti agli occhi i visi e i racconti degli anziani seduti intorno a una delle mole da macina donate da qualche benevolo e che ora servono da tavole imbandite per accogliere gli ospiti per il pranzo".

LA MUSICA Alcune tra le prime note da trombettista furono suonate qui. "Il giorno dopo la festa si tornava in pochi con la scusa di riordinare la chiesa, su poltigale e le cucine. In verità era una ulteriore occasione di festa e io quel giorno suonavo la tromba.Il suono dello strumento si spandeva in tutta la valle arrivando fino alla adiacente chiesetta di Sant'Andria dove dopo molti anni organizzai un piano solo di Antonello Salis che diede vita a tutto il progetto dei concerti immersi nella natura". Oggi, molti anni dopo, la chiesa di Santa Caterina, insieme a tante altre, nel territorio di Berchidda e non solo, fanno parte del circuito di Time in jazz che lega ambiente, cultura e musica. "Qui organizziamo da tanti anni alcuni dei concerti di Time in Jazz e la tradizione del pranzo si ripete il giorno di ferragosto. Rimane il senso di festa e la dimensione sacra si alimenta nella memoria. Memoria perpetrata con gare dei poeti in limba che dialogano con musicisti maghrebini, macedoni e scandinavi".

Qua Paolo Fresu spera di riempire di note, anche quest'anno, la giornata di ferragosto e non solo per una nuova edizione (riveduta e corretta) di Time in jazz, il festival che ha fatto diventare un paese alle falde del Limbara una piccola capitale della musica.
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