Eurovision, vince l’austriaco JJ: Lucio Corsi quinto, sprofonda Gabry Ponte
Secondo posto per l’israeliana Yuval Raphael, al terzo l’estone e ormai “italiano” d’adozione Tommy Cash(Ansa)
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Vince la 69esima edizione dell'Eurovision Song Contest l'Austria con JJ e la sua "Wasted Love", seconda Israele con Yuval Raphael, terzo l'estone e "italiano" d'adozione Tommy Cash. Non bastano endorsement di giganti come Ed Sheeran: Lucio Corsi si ferma al quinto posto mentre sprofonda a sorpresa il "sanmarinese" Gabry Ponte, relegato al margine più basso della classifica.
Padrona di casa una scintillante Michelle Hunziker che avviluppata in un tubino argentato accanto ad Hazel Brugger e Sandra Studer esordisce con un «Buonasera a tutti gli italiani nel mondo». Fluente in inglese e in francese, ogni occasione è buona per parlare (e cantare) in italiano con tanto di appello al voto che richiama il capolavoro di Modugno ("Votate oh-oh") scatenando la gioia di Gabriele Corsi e Big Mama, a cui è affidata la telecronaca italiana. E deve ancora arrivare il portavoce più originale di tutti: Topo Gigio.
Apre le danze musicali Nemo, abito da sera e colbacco in testa, che ha vinto la scorsa edizione della kermesse portandola in Svizzera. Via con la gara: il primo è il norvegese Kyle Alessandro, appena 19 anni, che canta fra le fiamme un misto di pop, folk norvegese e dance. Ha il merito di ricordarci la regola aurea dell'Eurovision: qui vale tutto. Ancora meno convincente il Lussemburgo che torna dopo 31 anni di assenza con Laura Thorn e un insipido inno alle donne. Segue uno dei momenti più attesi: l’estone Tommy Cash si dimena e molleggia sulle note di "Espresso Macchiato" circondato da finte guardie del corpo. Divertente quanto basta ma l'obiettivo dell'operazione "stereotipo" resta oscuro.
Era pronta a tutto ma riesce a portarla a casa l'israeliana Yuval Raphael, sopravvissuta alla strage del Nova Festival: solo qualche buu, a voler drizzare le orecchie, ma alla fine sono gli applausi a prevalere. Dimenticabile il lituano Katarsis, come pure il tormentone pop di una delle Big Five, la Spagna, con Melody. Piatta anche l'Ucraina con Ziferblat e scatta la fase musical, ma di quelli per teenager con pochissime pretese, con le inglesi Remember Monday. Ci crede molto JJ dell'Austria, undici anni dopo l'ultima vittoria con Conchita Wurst: con la sua voce da contraltista incanta o stordisce, a seconda dei gusti. Si divertono i VÆB dell'Islanda, momento Avatar con le lettoni Tautumeitas, esplode in pianto Claude dei Paesi Bassi, fuggito a nove anni con la mamma dal Congo, la finlandese Erika Vikman stretta in un body di pelle lucida gioca con i doppi sensi e cavalca un microfono dorato e sparafiamme.
Ed è finalmente il momento di Lucio Corsi: il cantore di Grosseto, assieme all'inseparabile Tommaso Ottomano, è come una collaudata rockstar. Appena due note di "Volevo essere un duro" e i 160 milioni di spettatori incollati a guardare lo show musicale più visto al mondo vengono trascinati in un'altra dimensione: scenografia minimal, testo sottotitolato (unico a fare questa scelta) e armonica. Anonima la polacca Justyna Steczkowska mentre risveglia qualche emozione la Germania con Abor & Tynna. Nostalgica la greca Klavdia, si scatena l'armeno Parg, è una buona padrona di casa Zoë Më per la Svizzera che punta sulla voce e sull'intensità piuttosto che su scenografie pacchiane.
Entusiasmo contagioso per la maltese (e mezza napoletana) Miriana Conte, ipnotizza la "saudade" dei portoghesi Napa, la danese Sissal lascia poco o niente. Standing ovation per gli svedesi KAJ con il loro parodistico rituale della sauna: il culmine di un progetto comico-musicale con sette album pubblicati, musical e sketch in tv. Commuove Louane per la Francia ricordando la mamma scomparsa, ed è gran finale con Gabry Ponte, che durante la flag parade iniziale aveva aizzato le folle sfilando con pantaloni rossi, maglia bianca e giacca verde. Chiudono gli italo albanesi Shkodra Elektronike, meritavano un posto più alto almeno in scaletta. Ma l'Eurovision è così: inesorabile.