"Per questo virus non esiste un farmaco, né un vaccino: evitare il contagio, quindi, è la prima cosa da fare".

Il professor Enzo Tramontano, docente di microbiologia e virologia dell'Università di Cagliari, con la sua équipe è in prima linea nella "guerra mondiale" che gli scienziati stanno combattendo per arginare l'epidemia di polmonite cinese.

Nei laboratori di Scienze biologiche dell'Ateneo cagliaritano, infatti, si sta studiando un farmaco anti-coronavirus cinese. "Più precisamente, stiamo lavorando per verificare se qualcuno dei farmaci già approvati in terapia, adesso in uso per altri scopi, possa essere efficace anche per inibire questo virus".

Quali farmaci, per esempio?

"Ad esempio quello contro il virus herpes: si può valutare se può agire anche contro il coronavirus".

Una scorciatoia per fare prima?

"Per ridurre i tempi".

Da chi siete stati contattati?

"Da colleghi scienziati e da case farmaceutiche".

Nella sua attività scientifica da quale prospettiva osserva i virus?

"Studio come i virus hanno la meglio sull'uomo bloccando il suo sistema immunitario e anche come sviluppare i farmaci antivirali".

Chi è a rischio?

"Chi è stato recentemente nei luoghi dove l'epidemia è in atto e chi è entrato in contatto con qualcuno che a sua volta è stato in quella regione della Cina. Mi pare che i pochi casi di contagio registrati finora in Europa riguardino questa seconda eventualità e il fatto che siano stati intercettati significa che il sistema sanitario sta funzionando".

In Italia cosa dovremmo fare?

"Il Ministero ha attivato subito la vigilanza su tutto il territorio nazionale. L'Italia è preparata, e pronta, alla gestione di eventuali casi di contagio".

Lei e tutti gli esperti dite che la priorità è una: evitare che il contagio si diffonda. La quarantena è un'opzione?

"È giusto, visto che non ci sono farmaci né vaccino. Ma come quarantena intendo l'isolamento del paziente, non certo le misure che stanno adottando in Cina dove l'epidemia non si ferma. Oggi in Italia il rischio che ci infettiamo è molto basso: il ministero della Salute ha emanato direttive che basta seguire. Prima regola è non andare in Cina".

Si dice che rispetto alla Sars il coronavirus è meno aggressivo ma più contagioso. È una cosa buona o cattiva?

"La Sars aveva una mortalità dell'11%. Qui, se i dati sono confermati, è intorno al 3%. Le percentuali però non tengono conto dei numeri assoluti: è chiaro che se gli infettati sono cento è un conto, se sono un milione è un altro".

La maggior parte dei morti da coronavirus sono anziani.

"Un anziano ha le difese immunitarie meno attive rispetto a un giovane. Ma bisogna ricordare che l'influenza ogni anno fa un certo numero di morti, per la maggior parte ultra65enni".

Quanti sono, all'anno, i morti per influenza?

"Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, solo nella terza settimana di gennaio in Italia sono stati sette, 45 i casi gravi".

Al momento l'influenza è più pericolosa del coronavirus...

"Appunto, anche perché il virus cinese qui non c'è. È necessario e giusto osservare le regole del sistema di allerta ufficiale, ma mai cadere nell'allarmismo".

Piera Serusi

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