L’agente eziologico principale della tubercolosi è il Mycobacterium tuberculosis, noto anche con l’acronimo “MTB”. Si tratta di un batterio che si “divide” ogni 16-20 ore, in maniera quindi molto più lenta rispetto ad altri microrganismi, che generalmente si dividono in meno di un’ora. L’MTB vive soltanto negli esseri umani e normalmente non può essere trasmesso dagli animali, come gli insetti.

La tubercolosi, più nel dettaglio, si contrae quasi esclusivamente respirando aria contaminata da una persona in fase di tubercolosi attiva, mentre non scatta in caso di contatto con un soggetto contagiato: è infatti la diffusione aerea il vero pericolo. I batteri si propagano attraverso la tosse e gli starnuti, ma anche solo parlando: la loro durata nell’aria è di diverse ore. Una volta avviato il trattamento, il rischio di diffusione diminuisce nel giro di due settimane.

La diagnosi

Ma come si individua questa malattia? Si arriva alla diagnosi di tubercolosi grazie a una serie di esami specifici: radiografia toracica; coltura e analisi di un campione di espettorato; analisi del sangue; test cutaneo alla tubercolina; screening per i soggetti più a rischio. Quest’ultima categoria deve svolgere degli esami di routine: ne fanno parte gli individui che vivono o hanno avuto contatti con persone affette da tubercolosi attiva; sono emigrati da aree ritenute pericolose a causa della diffusione della patologia; assumono un farmaco che potrebbe indebolire il sistema immunitario e riattivare una tubercolosi latente (generalmente corticosteroidi e chemioterapia); presentano segni sospetti in seguito a una radiografia toracica eseguita per altre ragioni; soffrono di diabete o malattie renali; hanno superato i 70 anni. I medici possono poi sospettare la presenza di tubercolosi sulla base di alcuni “sintomi sentinella”: tosse che dura da più di tre settimane o con emissione di sangue, dolore toracico, difficoltà respiratorie e febbre.

Il trattamento

Il trattamento della malattia prevede generalmente tre vie: l’isolamento, la somministrazione di antibiotici, l’intervento chirurgico. La maggior parte dei casi non richiede il ricovero, che diventa però necessario per le forme gravi, per la presenza contemporanea di altre patologie e per chi non dispone di un luogo adeguato nel quale vivere. Generalmente i soggetti con tubercolosi polmonare vengono tenuti in isolamento in camere progettate appositamente per ridurre al minimo il rischio di diffusione delle infezioni. Il paziente viene spostato dalla camera di isolamento a una camera normale quando ha risposto in maniera chiara al trattamento: non ha febbre, ha recuperato l’appetito e i campioni di espettorato risultano negativi per un certo periodo di tempo.

Gli antibiotici sono ormai pienamente efficaci contro la tubercolosi, ma a causa della crescita lenta dei batteri devono essere assunti per un periodo di tempo molto ampio. Raramente si arriva all’intervento chirurgico, con l’asportazione di una parte di polmone: ciò avviene solo se l’infezione è resistente ai farmaci, se la tosse presenta continue emissioni di sangue, se si verifica un accumulo di pus o se si sviluppa un’occlusione delle vie aeree.

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