La tiroide è una ghiandola piccolissima che in condizioni normali pesa soltanto una decina di grammi. Per quanto di dimensioni minute, il suo funzionamento deve essere ottimale per garantire una produzione e un rilascio ottimale degli ormoni necessari per la crescita e lo sviluppo dell’organismo. A soffrire di problematiche legate a questa parte del corpo sono circa sei milioni di italiani, di ogni età, dai bambini fino agli anziani. Sotto il profilo dell’incidenza, sono le donne a esserne maggiormente colpite, dal momento che il 10% di loro sviluppa un disturbo nel corso della propria vita. Secondo un’indagine svolta da Doxa, inoltre, il 70% degli intervistati non ha mai controllato la funzionalità della propria tiroide oppure non è riuscito a cogliere i primi sintomi di ipotiroidismo e li ha confusi con qualche altra malattia. La scarsa informazione tra le persone legata al corretto funzionamento di questa ghiandola provoca spesso un significativo ritardo nella diagnosi e un peggioramento nella qualità di vita.

L’anatomia

Sotto il profilo anatomico, la tiroide si trova in corrispondenza del confine tra laringe e trachea ed è costituita da due lobi simmetrici. Ha una forma che assomiglia a quella di una farfalla: la sua collocazione piuttosto superficiale fa sì che risulti facilmente raggiungibile per l’ispezione e la palpazione.

Dietro ai lobi tiroidei si trovano quelle che vengono chiamate ghiandole paratiroidee, anche conosciute con il nome di paratiroidi.

La ghiandola ospita al suo interno le cellule C (o parafollicolari), il cui compito consiste nella secrezione di calcitonina, l’ormone che regola i livelli di calcio nel sangue, e i follicoli tiroidei, impegnati nel raccogliere lo iodio circolante nel sangue e nel trasformarlo in preormone tiroideo, immagazzinato all’interno di vescicole specifiche.

I disturbi

Le patologie che più frequentemente colpiscono la tiroide sono due: l’ipotiroidismo, che si verifica quando la ghiandola lavora poco, e l’ipertiroidismo, quando invece “funziona troppo”. Della prima problematica ne soffre circa il 5% della popolazione italiana, mentre della seconda ne è colpita circa il 2%.

Tra i disturbi diffusi rientra anche la patologia nodulare tiroidea, la cui diagnosi è aumentata recentemente grazie a metodi di analisi più precisi e accurati. Seguendo le procedure tradizionali, che prevedevano studi epidemiologici basati sulla palpazione del collo, era possibile andare a individuare noduli alla tiroide nel 3-5% della popolazione adulta. Utilizzando invece una modalità più moderna, come l’ecografia tiroidea, oggi impiegata su larga scala, ci si è accorti di come queste formazioni siano molto diffuse, tanto da essere presenti in almeno il 30-50% della popolazione adulta. Una percentuale molto alta che, tuttavia, non deve suscitare allarmismi: nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di noduli benigni.

Nella pratica clinica quotidiana vengono riscontrate formazioni maligne soltanto nel 3-4% dei casi. In caso di noduli maligni, i carcinomi più comuni sono gli adenocarcinomi papillari o papillari-follicolari. La prognosi per questa patologia è eccezionalmente buona, con oltre il 90 per cento di probabilità di guarigione.

Esistono poi anche altre malattie più rare, come ad esempio la tiroidite di Hashimoto e la tiroidite post-partum.

Il gozzo

Delle problematiche connesse al funzionamento della tiroide fa parte anche il gozzo, un termine con il quale viene definito l’aumento di volume della ghiandola tiroidea che può presentarsi sia in caso di ipertiroidismo, sia in caso di ipotiroidismo. Entrando più nel dettaglio, si parla di nodulo o di gozzo uninodulare quando è costituito da una singola area della tiroide, di gozzo multinodulare quando coinvolge più aree.

Se la ghiandola riesce comunque a lavorare correttamente si parla di gozzo eutiroideo, nel caso in cui, invece, le funzioni risultano alterate si fa riferimento a un gozzo iperfunzionante oppure ipofunzionante.

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Iper e ipotiroidismo, guida alle differenze

I disturbi alla tiroide colpiscono circa il 20% della popolazione. Tra questi i più comuni sono le disfunzioni ormonali, distinguibili in ipertiroidismo e ipotiroidismo.

Alla base del problema

Come suggerisce il nome stesso, si tratta di due condizioni in cui la tiroide non funziona bene, ovvero quando la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4), i due ormoni tiroidei che hanno la funzione di regolare il metabolismo, lavorano eccessivamente o troppo poco. I sintomi e le cause sono però completamente diversi.

Generalmente, a provocare l’ipertiroidismo sono il morbo di Basedow-Graves, tiroiditi e noduli alla tiroide. A causare l’ipotiroidismo, invece, sono perlopiù patologie autoimmuni, come la malattia di Hashimoto, oppure la scarsa assunzione di iodio nella dieta, o ancora la rimozione totale o parziale della tiroide in presenza, per esempio, di tumori o situazioni a rischio.

Divergenze

Come è facilmente immaginabile, i sintomi tra le due condizioni sono opposti. Quando si ha un eccesso di ormoni, ovvero in presenza di ipertiroidismo, si assiste a un generale aumento del consumo di ossigeno e della produzione metabolica di calore. Questo comporta perdita di peso, insonnia, nervosismo e aumento della frequenza cardiaca. Anche il cuoio capelluto ne risente: i capelli appaiono infatti fragili, sottili e opachi. Gli occhi, inoltre, tendono a diventare più sensibili e più facilmente soggetti a congiuntivite. Chi soffre di ipotiroidismo, invece, può incorrere in debolezza muscolare cronica (astenia), intolleranza al freddo, stanchezza, deficit di memoria, gonfiore al volto e, nei casi più gravi, depressione.

La gravità degli effetti dell’ipotiroidismo dipende dal periodo di vita in cui questo si manifesta. Durante la vita fetale e negli anni della prima giovinezza, infatti, il disturbo è spesso responsabile di gravi e irreversibili alterazioni dello sviluppo corporeo (nanismo ipofisario), dello sviluppo cerebrale (cretinismo) e di quello sessuale.

I trattamenti

Anche le cure sono generalmente diverse, il trattamento dell’ipertiroidismo deve essere stabilito in funzione della causa scatenante e può essere prettamente farmacologico (si avvale dell’impiego di farmaci tireostatici), chirurgico (asportazione di una parte o dell’intera tiroide) o radioattivo con iodio 131 (terapia radiometabolica).

Il trattamento per l’ipotiroidismo è invece strettamente di base farmacologica e consiste nella somministrazione a vita di tiroxina sintetica per via orale, meglio nota con la denominazione di levotiroxina.

Incidenza

L’ipertiroidismo può insorgere a qualsiasi età ma colpisce prevalentemente fra i 20 e i 40 anni. L’incidenza della patologia si aggira intorno all’1-2 per cento nelle donne, con un rapporto tra donne e uomini di sette a uno.

L’ipotiroidismo, invece, colpisce in media lo 0,5-1% della popolazione, con una netta prevalenza nel sesso femminile e nei soggetti di età avanzata.

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Morbo di Hashimoto, come riconoscerlo

Tra le patologie più diffuse legate al funzionamento della tiroide c’è la malattia di Hashimoto, che colpisce fino al 15 per cento della popolazione femminile, aumentando di frequenza col progredire dell’età. Riconoscerla non è così facile: spesso, infatti, i sintomi sono lievi e riconducibili anche ad altre problematiche, come i più comuni stati d’ansia.

Cause e sintomi

Si tratta di una malattia autoimmune, nella quale il sistema immunitario attacca erroneamente cellule e organi del suo stesso organismo. In questo caso colpisce la tiroide, influenzandone la capacità di produrre gli ormoni. L’infiammazione, messa in atto dai globuli bianchi, ne riduce la funzionalità, portando a una situazione generale di ipotiroidismo.

Tra le cause c’è senza dubbio una familiarità con la malattia che rende alcune persone più predisposte di altre. Tra i fattori di rischio anche la carenza di iodio, un elemento indispensabile per il buon funzionamento della tiroide.

Ma quali sono i sintomi? Stanchezza, fatica a concentrarsi, scarsa voglia di svolgere attività quotidiane sono tra gli effetti più comuni e immediati. Gli ormoni tiroidei, infatti, regolano il metabolismo e quindi il modo in cui il nostro corpo usa l’energia. È naturale dunque sentirsi rallentati e stanchi. Quando però l’ipotiroidismo perdura da tempo e la patologia viene trascurata si può arrivare a sviluppare sintomi più gravi, fino anche a manifestare problemi di insufficienza cardiaca.

La cura

In quanto cronica, la malattia di Hashimoto difficilmente scompare con il tempo, è possibile però ridurne gli effetti collaterali. Non esiste un vero e proprio trattamento, è sufficiente agire sulla condizione di ipotiroidismo alla base del disturbo. Basterà dunque assumere l’ormone tiroideo carente, la levotiroxina, una volta al giorno.

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