Studio e utilizzo di nuovi farmaci e nuovi trattamenti antitumorali che aumentano la sopravvivenza dei pazienti oncologici e che stimolano il sistema immunitario. È quanto sta portando avanti la struttura complessa di Oncologia medica dell'Aou di Sassari diretta dal dottor Antonio Pazzola che, oltre all'attività assistenziale, si occupa di ricerca scientifica e sperimentazione clinica. E intanto, proprio questo tipo di attività ha portato la struttura a modificare nel tempo la propria organizzazione del lavoro, con un’amplificazione dell’attività negli ambulatori e nel day hospital.

I nuovi farmaci e i nuovi trattamenti hanno portato nel tempo a un aumento della prevalenza dei pazienti affetti da tumore metastatico per evidente maggiore sopravvivenza dei malati neoplastici che vivono più a lungo e meglio, nonostante la coesistenza del tumore.

Così, tra i trattamenti antitumorali apripista si segnala quello per il melanoma metastatico. «Si tratta di un tumore che dieci anni fa – prosegue l'oncologo – era considerato privo di cure. L'aspettativa di vita media per un melanoma metastatico era di soli 9 mesi dalla diagnosi. Oggi lo scenario si è completamente ribaltato e il melanoma può essere trasformato in una malattia cronica».

Il melanoma è diventata la seconda neoplasia più diffusa tra gli uomini intorno ai 50 anni e la terza tra le donne nella stessa fascia d’età. In Sardegna, sono annualmente riscontrate più di 250 nuove diagnosi di melanoma. Il Centro sassarese vede 130 nuovi casi all’anno.

Secondo i dati a disposizione della struttura di Oncologia medica, oltre il 50% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi con la combinazione di due farmaci l'Ipilimumab e il Nivolumab. «Alcuni pazienti – aggiunge Pazzola – dopo solo 4 somministrazioni di Ipilimumab, sono liberi da malattia da oltre 10 anni».

La struttura, poi, è particolarmente attiva nei trattamenti dei pazienti con tumore polmonare metastatico. La fascia d’età più colpita è quella compresa tra i 65 e i 70 anni, mentre resta rara sotto i 40 anni. L’Oncologia sassarese registra 200 prime diagnosi all’anno e ne prende incarico annualmente circa 150. «Questa patologia presenta caratteristiche biologiche che risentono favorevolmente di terapie a bersaglio molecolare – afferma ancora Pazzola – o di combinazione immunochemioterapica. La loro sopravvivenza mediana si aggira complessivamente intorno ai 36 mesi, rispetto alla media antecedente che non superava i 14 mesi. Abbiamo una quota di lungo sopravviventi che sono ancora in terapia dopo 7-8 anni dalla diagnosi di malattia metastatica».

Lo sviluppo della ricerca e della sperimentazione clinica ha portato così a modificare l'attività della struttura di Oncologia medica dell'Aou di Sassari. «Inevitabilmente – aggiunge Antonio Pazzola – assistiamo a una amplificazione dell’attività. Abbiamo registrato un aumento delle prestazioni del 30 per cento nel 2020 rispetto al 2019; del 60 per cento circa nel 2021 rispetto al 2020 e per fine 2022 è atteso un ulteriore aumento di circa il 36 per cento rispetto al 2021».

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Lotta al cancro, la nuova frontiera è la biopsia liquida

Avete presente la biopsia? Lo specialista individua il tumore o comunque una lesione neoplastica. Ne preleva una piccola porzione e fa esaminare quanto ottenuto sul fronte anatomo-patologico, per capire le caratteristiche delle cellule, e sotto l’aspetto genetico. Poi si decide come proseguire con le cure, a quali farmaci la lesione potrebbe rispondere meglio, insomma, si procede con la terapia su misura: i giusti trattamenti al paziente che ne ha bisogno davvero, sulla scorta delle caratteristiche cellulari. Ebbene, la scienza sta cercando di superare la biopsia classica. Come? Andando a cercare segnali invisibili o tracce di cellule neoplastiche, dal Dna fino ai loro derivati, all’interno di un liquido biologico come il sangue. È questo il concetto che sta alla base della cosiddetta biopsia “liquida”: l’esame consente di analizzare il Dna tumorale circolante attraverso un prelievo di sangue e così di selezionare i pazienti in base alle caratteristiche molecolari del tumore in quel momento, a prescindere dalle precedenti terapie e dall’intervallo di sospensione. Ci sono già applicazioni chiare di questo approccio. Parlando del tumore del colon-retto che ha già dato metastasi, a dirci come questa via potrebbe rivelarsi estremamente utile per una terapia davvero mirata (e nei tempi migliori per attaccare il “nemico”) sono i risultati dello studio clinico interventistico Chronos, coordinato dall'Irccs Candiolo di Torino e dall'Ospedale Niguarda di Milano, con la collaborazione di diversi centri nazionali. Lo studio è stato appena pubblicato su Nature Medicine. In questo contesto si inserisce lo studio Chronos che, per la prima volta, sfrutta le potenzialità della biopsia liquida per monitorare in tempo reale l’andamento del tumore e guidare la terapia, consentendo di escluderla nei pazienti con geni mutati nei quali il trattamento non avrebbe funzionato.

Federico Mereta

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