Angosce, timori, paura di contagiare i familiari e di non riuscire a salvare pazienti. Non c'è solo il coronavirus a tormentare medici e infermieri che lavorano nei reparti ospedalieri. Un carico notevole di inquietudine è rappresentato anche dai malati (isolati, senza contatti esterni per il blocco delle visite nei reparti) e dai propri cari che possono vederli solo attraverso i social. Curare chi cura. È questo l'obiettivo di un gruppo di psicologi dell'emergenza guidato da Domenico Putzolu, responsabile del Servizio Psicologia e Benessere dell'Ats Sardegna. Un team composto da 76 specialisti che offre consulenza e sostegno in tutta la rete ospedaliera dell'Ats: il Santissima Trinità e il Marino a Cagliari, San Gavino e Oristano, Alghero, Olbia, Nuoro e Sassari.

Ma come funziona il gruppo di specialisti, da chi è composto e quali obiettivi si pone? Dottor Putzolu, curare chi cura è questo l'obiettivo del team per l'emergenza?

E' uno degli obiettivi del "Gruppo di Psicologia dell'Emergenza" e, più in generale, condiviso dai diversi Gruppi di lavoro (Benessere - Formazione - Psicologia ospedaliera) costituiti, su base volontaria, dagli Psicologi dipendenti ATS e coordinati dalla SSD di Psicologia e Benessere Organizzativo. L'assunto base è che, per le Aziende, la risorsa principale sono i suoi dipendenti e, in quanto tale, essi devono star bene e godere di buona salute, devono essere gratificati e valorizzati, se si vuole creare un buon clima lavorativo e perseguire il benessere organizzativo. Va da sé che, se si adottano queste misure, ne beneficerà anche la produttività. Queste premesse si applicano anche alla sanità e, in questo particolare momento, assume una dimensione ancora maggiore. Sono impresse nella nostra mente le immagini di medici e infermieri in particolare e, più in generale, tutti gli operatori della sanità e non, trascinati nel vortice con tutte le conseguenze del caso. Sono stati chiamati eroi ma non lo sono, sono persone con sentimenti ed emozioni, che spesso non possono esprimere, per non turbare gli assistiti. Anche gli operatori possono essere attanagliati dalla paura per loro stessi o per non essere in grado di soddisfare le aspettative dei pazienti e dei familiari. Noi vogliamo prenderci cura di loro, dare loro accudimento, non in quanto persone da curare o malati, ma offrire uno spazio nel quale soffermarsi ad ascoltare le emozioni, le paure, esprimere le frustrazioni e, perché no, anche la rabbia e l'impotenza di fronte ad nemico invisibile, ma che è ovunque.

Da chi è composto il team?

Quando a fine estate 2019, in seno al Servizio di psicologia, si è costituito il Gruppo di lavoro di "Psicologia dell'emergenza", avevano aderito gli psicologi che avevano maturato esperienza nel campo delle emergenza, intervenendo a sostegno dei cittadini colpiti dalle alluvioni che hanno interessato la Sardegna nell'ultimo decennio (Capoterra, Gallura, Baronia, Oristanese), o in situazioni di gravi eventi che hanno scosso le comunità locali (eventi tragici o delittuosi). Nell'ambito delle Aziende sanitarie, non esisteva un'equipe dedicata ma si avvertiva l'esigenza di colmare un vuoto. Con il trascorrere dei mesi, il nucleo originario si è allargato con ulteriori adesioni, provenienti da tutta l'ATS e in grado di intervenire in tutta l'isola. Al fine di accrescere la professionalità dei componenti, sono stati programmati e realizzati eventi formativi aperti anche ad altri specialisti. Con l'esplosione dell'emergenza Covid-19, è stato rivolto un invito a tutti gli psicologi ATS per collaborare con il Gruppo originario. La risposta non si è fatta attendere e, ai primi di marzo, abbiamo raggiunto il numero di 76 professionisti, presenti in tutta la regione, coordinati a livello di singola ASSL e, a livello centrale, dal Servizio di Psicologia. Fanno parte del team anche due psichiatre che, in un'ottica di obiettivi e metodologie condivise, hanno chiesto di aderire al Gruppo e ne fanno parte integrante.

Quali sono gli ospedali coinvolti?

La consulenza e il sostegno sono previsti in tutta la rete ospedaliera dell'ATS. Siamo partiti con l'offerta attiva (proposta di interventi strutturati e condivisi con i Direttori delle Unità Operative e delle Professioni Sanitarie), al Santissima Trinità e al Marino a Cagliari, quindi San Gavino e Oristano. Oggi siamo presenti ad Alghero, Olbia e a Nuoro. Nella fase iniziale dell'espansione del contagio al Santissima Annunziata di Sassari, è stata offerta la collaborazione per il sostegno ai familiari dei dipendenti. All'offerta attiva, si sono affiancate le richieste individuali e gli invii, effettuati dal personale sanitario dei vari reparti.

Da evidenziare che, in alcune realtà ospedaliere e territoriali, pur non facendo parte formalmente del Gruppo di Psicologia dell'Emergenza, tutti gli altri psicologi dipendenti ATS sono impegnati nel sostenere i colleghi di lavoro, o gli assistiti dei reparti ospedalieri e dei servizi territoriali, attraverso colloqui telefonici o teleconferenza.

Il vostro intervento per il benessere psicologico è rivolto anche ai pazienti isolati per il coronavirus e ai cari che non possono stare loro vicini?

L'estensione della sorveglianza sanitaria (quarantena) alle persone positive e/o ai familiari, che non necessitano di ricovero, unitamente a coloro che sono rientrati in Sardegna dal 24 2ebbraio a oggi, ha aperto un altro fronte. Inizialmente, questo obiettivo non era stato considerato, ma lo stare a stretto contatto con i medici di Igiene pubblica, da parte di alcune colleghe, ha allargato l'orizzonte ad un mondo intriso di angosce e paure, per possibili sviluppi negativi dell'infezione o di chi si percepisce come un recluso, non avendo commesso alcun reato. Questa intuizione, è stata condivisa dal Gruppo e, come tutte le buone prassi, la stiamo diffondendo al resto dell'isola con le offerte di collaborazione, indirizzate ai Direttori dei Dipartimento di Prevenzione e dei Servizi di Igiene e Sanità Pubblica. Allo stesso tempo, si sta dedicando un'attenzione particolare alle donne che devono partorire e che, a causa delle doverose e necessarie restrizioni, non ricevono le visite dei congiunti in un momento così importante nella storia di una famiglia. I colleghi preparano e sostengono le donne, stando loro vicini nel rispetto delle misure di salvaguardia.

Sarà traumatico, ora che è iniziata la Fase 2, avvicinarci alle vecchie abitudini?

Difficile dirlo, di certo non accadrà dall'oggi al domani, ma necessiterà di diverse fasi, con un graduale recupero delle abitudini. Fatti i dovuti distinguo, sarà un po' come il rientro dopo un lungo periodo di assenza per malattia o ferie. Certo, stavolta alla melanconia (tipico delle ferie), si accompagnerà un fenomeno sconosciuto. Non sarà semplice, infatti, convivere con il timore che il collega o l'assistito possa essere fonte di contagio. Paure, paranoie e psicosi collettiva potranno presentarsi e stare con noi per qualche tempo. Sarà presente, altresì, la diffidenza verso gli altri percepiti come possibili "untori". Questi sono alcuni dei possibili scenari che non aiuteranno la ripresa. Al contrario, dovremmo mettere in atto le risorse positive che ognuno di noi possiede, ma che spesso non conosce. Adottare le misure cautelari, non significa avere il timore dell'altro, ma rispettare le indicazioni e sensibilizzare i "distratti" verso un corretto comportamento. Sarà importante parlare e confrontarsi sull'esperienza vissuta, dare sfogo alle emozioni e, perché no, sdrammatizzare ma, nel rispetto dei sacrifici compiuti e delle vittime, cogliere anche gli aspetti positivi di questi momenti. Appartengo alla categoria degli ottimisti e sono convinto che, con il passare dei giorni e l'arrivo dell'estate, e con essa le frequentazioni di massa, le abitudini di un tempo prenderanno il sopravvento.

Quali insegnamenti ci offre questa piaga?

La storia ci insegna che non c'è nulla di più tragico e innaturale della guerra. Eppure le guerre hanno accompagnato la vita dell'uomo. La natura ci dice anche che la selezione passa attraverso eventi drammatici, ma funzionali alla sopravvivenza della specie che sviluppa gli anticorpi. Anche stavolta accadrà esattamente così. Certo abbiamo riscoperto la solidarietà, ci siamo emozionati nel sentire l'inno nazionale e vedere sventolare il tricolore e i quattro mori, o guardare i video patriottici. Sarebbe bello se, tra qualche mese, ci ricordassimo di dedicare più tempo a noi stessi, allo stare assieme, godere delle grandi emozioni che piccoli gesti possono regalare. La paura e il timore del contagio ci hanno ricordato, brutalmente, che l'uomo non ha sconfitto la morte, che non siamo immuni da malattie. Ma ricordarci che la morte fa parte della vita, ci deve insegnare che non dobbiamo averne paura, che dobbiamo vivere ogni attimo assaporando il presente e non, come spesso accade, guardare solo al domani. Questa esperienza potrebbe insegnarci ad avere più rispetto per gli altri e di noi stessi, a essere solidali sempre e dare una mano a chi sta peggio di noi. Se ci prendiamo cura di noi, saremo in grado di curare.
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