Con l’arrivo delle temperature miti tipiche del periodo di primavera e del cosiddetto risveglio della natura, sopraggiungono anche le allergie tipiche di questa stagione. Si tratta di un disturbo diffuso in tutto il mondo e con un’incidenza davvero notevole, come certificato anche dai numeri.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, si tratta di una patologia che affligge tra il 10 e il 40% della popolazione americana (quindi circa 35 milioni di persone), mentre  in Europa la percentuale oscilla tra il 10 e  il 30%. Gli italiani che soffrono di questo genere di allergie si aggirano tra il 10 e il 20% della popolazione complessiva.  Un dato che, però, risulta in costante crescita, specie nei Paesi industrializzati e occidentali e negli adulti che non avevano mai sofferto di pollinosi. A consegnare quest’ultima fotografia della situazione è il progetto Aria (Allergic rhinitis ad its impact of asthma), iniziativa sostenuta dall’Oms da oltre un ventennio.

Il significato del termine

Entrando più nello specifico di questo disturbo, l’Istituto Superiore di Sanità definisce l’allergia come una “patologia a eziologia multifattoriale, caratterizzata da un’iperattività immunitaria specifica verso sostanze eterologhe (gli allergeni), innocue per soggetti normali”. Non va - viene sottolineato ancora - confusa né con la sensibilità né con un’intolleranza. La sensibilità si manifesta infatti quando si presenta un aumento esagerato dei normali effetti di una sostanza (per esempio, troppa caffeina può provocare la tachicardia); l’intolleranza, invece, provoca spiacevoli disturbi (ad esempio, quella verso uno specifico alimento potrebbe provocare la diarrea).

Le cause che possono incidere

Detto questo, ci sono alcuni fattori che possono aumentare il rischio di insorgenza di allergie stagionali. 

In primo luogo, deve essere valutato il fattore genetico: all’atto pratico, chi ha in famiglia un soggetto che soffre di questa patologia, è più facile che ne patisca a sua volta. Lo stesso discorso vale per chi ha in famiglia un soggetto asmatico. Tra i fattori di rischio, inoltre, vengono considerati il fatto di essere nati durante la primavera, di essere figli primogeniti e di essere stati esposti al fumo di sigaretta nel primo anno di vita. 

Dal canto loro, le allergie primaverili possono già manifestarsi nel periodo dell’infanzia: per esempio, stando ai dati più recenti, circa il 20% dei bambini all’inizio dell’età scolare (quindi attorno ai 6-7 anni di età) soffre di rinite allergica, percentuale che quasi raddoppia - arrivando a toccare quota 35% - se si guarda alla fascia adolescenziale. 

A questi fattori di rischio, si aggiungono poi quelli di natura ambientale, che hanno inciso e che incidono sulla crescita dei casi registrati soprattutto negli ultimi anni. I cambiamenti climatici causati da un aumento dei livelli di inquinamento - soprattutto relativi ai gas serra presenti nell’aria - hanno portato a una crescita della produzione di pollini per quanto riguarda le famiglie della Betulla, dell’Ontano, del Cedro giapponese e dell’Ambrosia; inoltre - osserva ancora l’Istituto Superiore di Sanità - si sta registrando un anticipo della stagione pollinica per quanto riguarda Betulla, Artemisia, Parietaria, Graminacee, Quercia.

Fazzoletto sempre nella tasca

La rinite allergica - ovvero l’infiammazione della parte interna del naso causata da una sostanza, detta allergene, come può essere appunto il polline, ma anche la polvere, la muffa o i peli di animali - è il sintomo più comune e diffuso tra chi soffre di questa patologia.

Naso congestionato e che cola, starnuti frequenti specie quando si entra a contatto con l’allergene, occhi arrossati e che lacrimano (con la sensazione di avere  un oggetto pungente all’interno dell’angolo oculare), respiro sibilante e tosse sono gli effetti più fastidiosi che chi soffre d’allergia deve sopportare. Allergia che, quando si manifesta in forma acuta, può sfociare anche in attacchi d’asma. Questi disturbi non permettono al soggetto allergico  di respirare bene nemmeno di notte, con conseguente peggioramento del riposo e del sonno, che a sua volta determina stanchezza e debolezza della persona durante le normali attività quotidiane.

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Gli accertamenti, i farmaci adeguati e alcune strategie

Starnuti, naso che cola, occhi rossi: sono causati da un “banale” raffreddore o da un’allergia? Per stabilire se questi sintomi tipicamente primaverili sono causati da una reazione all’esposizione da polline, la cosa migliore da fare è rivolgersi a un medico allergologo. Questo è infatti lo specialista in grado di valutare la situazione ed, eventualmente, prescrivere opportuni esami diagnostici.

Test e cure mirate

Di norma, il primo esame al quale il potenziale allergico viene sottoposto è il “prick test”. Dopo un’iniziale chiacchierata conoscitiva (utile a riscontrare, per esempio,  casi di familiarità e il periodo di maggiore insorgenza dei sintomi), il medico suddivide l’avambraccio del paziente in diversi riquadri numerati, e poi applica su ciascuno qualche goccia dell’allergene, scegliendo quelli più presenti nell’area geografica di riferimento. Trascorso un quarto d’ora, se uno o più riquadri presentano rossore e prurito,  significa che la persona è allergica a quella determinata sostanza. In questo modo l’allergologo può determinare la cura antistaminica più indicata per contrastare l’allergia. Il prick test si rivela quindi un esame di grande utilità, tuttavia occorre tenere presente che non deve essere svolto nel periodo in cui l’allergia si manifesta, dal momento che i suoi risultati potrebbero non essere attendibili. È dunque opportuno effettuarlo in autunno o all’inizio dell’inverno.

Durante il periodo della presunta allergia, è invece possibile sottoporsi  a un prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi IgE specifici, ovvero le sostanze prodotte  dal sistema immunitario per contrastare gli allergeni responsabili della patologia.

Una volta definita l’allergia, il medico specialista stabilisce la cura da somministrare. Di norma il primo farmaco prescritto è a base antistaminica. L’allergologo potrebbe anche consigliare prodotti per decongestionare naso  e occhi, come spray, colliri, lavaggi nasali, lacrime artificiali, impacchi oculari. Nei casi in cui il paziente lamenti anche difficoltà respiratorie, potrebbe poi prescrivere all’occorrenza un broncodilatatore.

Piccoli e grandi accorgimenti

Per limitare le crisi allergiche, però, le cure farmacologiche dovrebbero essere anche affiancate da una serie di buone pratiche quotidiane. Eccone alcune tra le più importanti. Prima di tutto, evitare di camminare su campi e prati dove l’erba è appena stata tagliata. Le passeggiate campagnole e le altre attività all’aria aperta nella natura sono da evitare soprattutto tra le 10 e le 16, quando  la concentrazione dei pollini è più elevata. In questa stessa fascia oraria, bisognerebbe cercare di non lasciare aperte le finestre e neppure stendere il bucato sul balcone affinché i pollini non si attacchino a vestiti e biancheria. Al lavoro e in auto, il consiglio è di utilizzare i condizionatori, che abbassano  la concentrazione di pollini. All’aperto, invece, è bene indossare gli occhiali da sole e magari una mascherina antipolvere. In generale, comunque, è meglio non uscire nelle giornate molto soleggiate e ventose, quando la circolazione di pollini è più alta. Infine, prima di pianificare gite o vacanze, è importante consultare il calendario dei pollini ed evitare così di rovinare i giorni di relax con fastidiosi starnuti.

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Alimentazione e reazioni crociate: attenzione a tavola

Il 70% delle persone allergiche ai pollini soffre di reazioni crociate con gli alimenti. Questo significa che, mangiando alcuni cibi, il soggetto allergico può sviluppare una reazione più acuta, che solitamente si manifesta con fastidio, pizzicore, prurito alla gola e alle labbra; oppure, nelle persone con livelli più elevati di allergia,  con uno sfogo cutaneo e vesciche in bocca.

Gli alimenti da evitare...

Importante, quindi, sapere quali sono i cibi che possono scatenare questo tipo di reazione. Anche perché si tratta di alimenti spesso molto comuni. Per esempio mele, patate e carote (per chi è allergico ai pollini degli alberi), farina, crusca, pomodoro e legumi per chi ha un problema con i pollini di graminacee e cereali o, ancora, spezie, carote, mango, sedano e semi di girasole per gli allergici ai pollini di artemisia. Inoltre, bisogna tenere presente che, nel caso di prodotti biologici, il contenuto di allergeni varia molto a seconda di caratteristiche come la varietà, la zona di produzione e il grado di maturazione. Senza dimenticare che le reazioni sono molto “individuali”: non solo la stessa quantità di un allergene - anche minima - può scatenare una risposta violenta, ma l’intensità dei sintomi può essere connessa anche al particolare momento attraversato dalla persona, e quindi essere implementata dalla condizione fisica e psicologica del soggetto allergico.

...e quelli consigliati nella dieta

Cosa fare, allora, per arginare o, comunque, non aggravare le crisi allergiche? Seguire qualche semplice regola. Per esempio, durante la stagione primaverile, quando i pollini sono più presenti nell’aria, meglio indirizzarsi verso ingredienti come le carni bianche (tacchino, pollo, coniglio), il pesce, i formaggi freschi o comunque poco stagionati. Semaforo verde anche per alcuni ortaggi quali lattuga, cavolfiore, zucchine e broccoli che, stando agli studi, sarebbero meno a rischio.

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