In una pubblicità una madre, vedendo sulla schiena dalla figlia un piccolo tatuaggio, le chiede che cosa sia, quasi con moto di rimprovero, poi però le mostra un suo tatuaggio multicolore affermando che quello è un vero tatuaggio. Poi ridono insieme. Mi sono domandato quanto possa essere educativo nei confronti del giovani che guardano la TV, questo spot che pone sullo stesso piano genitrice e figlia, quasi coetanee e grandi amiche, che paiono condividere eguali esperienze ed emozioni.

Oggi prevale l’idea che per educare adeguatamente i figli ci si debba porre sullo stesso piano. Purtroppo non è così, anche se sembra ovvio pensare che più si sta vicino ai figli meglio è. I genitori debbono fare i genitori, i figli fanno i figli e mentre i primi hanno tanti dubbi su come comportasi (nessuno ha insegnato loro il mestiere), i secondi sanno cosa fare (perché viene loro spontaneo) e si comportano di conseguenza. In altre parole è più facile essere figlio che genitore e ciò deriva dal fatto che il figlio tende egoisticamente a realizzare ogni sua aspettativa, mentre il genitore deve contrastare questo naturale moto e spesso deve dire di no.

E sì che la partenza è favorevole per i genitori! I figli piccoli, sin dai primi mesi, possono facilmente essere indirizzati, è da allora che bisogna iniziare a educarli a partire dal piano alimentare, anche perché dipendono in tutto e per tutto dagli stessi genitori. Peraltro vedono in questi il deus ex macchina che tutto sa e tutto può, che non ha paura, che affronta ogni pericolo, che vince ogni battaglia e con quale pertanto non è prudente confrontarsi. Il genitore non può e non deve venir meno a questo ruolo, se intende far crescere bene il figlio, e ciò comporta un atteggiamento sempre equilibrato, sereno, deciso.

La relazione tra genitori e figli poggia fondamentalmente sul rispetto dei secondi per i primi. Non ho volutamente affermato “sul reciproco rispetto”, poiché sono i figli coloro che ne debbono in misura maggiore. Il genitore può anche sbagliare, il figlio deve comunque accettare l’imposizione che non capisce, che rifiuta. Ai genitori i requisiti di disponibilità, di accessibilità (i figli hanno bisogno del contatto fisico con i propri genitori), di comprensione, oltre che di coerenza all’interno della coppia e con le scelte decise in separata sede sull’educazione. L’armonia della coppia, l’amore reciproco, la piacevolezza dello stare insieme, sono il miglior humus per facilitare lo sviluppo del bambino.

Ai genitori il ruolo di faro per i figli, attraverso l’esempio e non con le parole: un figlio felice apprende ad esserlo da un genitore felice. Ai genitori il compito di comprendere le potenzialità dei figli e di farle emergere, per una strada che non li veda competere con i figli stessi: i giovani debbono confrontarsi con i loro coetanei mai con i genitori. Ai genitori è fatto obbligo di vivere la loro vita, avviandoli i figli, fin da piccoli, a un’autonomia, di comportamento e di pensiero. I figli non sono la fotocopia dei genitori, a loro deve essere assicurata la possibilità di scegliere il proprio modo di cercare la felicità e i genitori soddisfatti del loro percorso sono il miglior modello.

Aldo Petruso – Neupropsichiatra infantile

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Il volontariato arma in più della medicina

Aiutare gli altri. Chi ha bisogno di un supporto per affrontare una malattia, chi cerca di trovare negli altri una spalla su cui appoggiarsi, che tenta di trovare una parola che lo aiuti nel momento del bisogno e offra fiducia nel futuro, facendo scomparire i fantasmi di un domani che preoccupa se la salute non è ottimale. Mentre la scienza avanza, cresce sempre di più l’importanza del volontariato per offrire questa disponibilità. In Italia circa cinque milioni e mezzo di persone si “occupano” degli altri, e in ambito sanitario questo aspetto è e sarà sempre più importante nella sfida alle malattie. Basti pensare in questo senso alla vicenda, nata dalla fantasia ma tremendamente reale, di Sara. Ha 18 anni, un diploma di maturità appena conquistato, un corso di laurea in Medicina da intraprendere. Mentre si prepara per il test di ammissione da affrontare a settembre, un’imprevista esperienza estiva in un’Associazione di volontariato le fa conoscere per la prima volta il mondo dei pazienti. Dopo le diffidenze iniziali, la futura dottoressa si appassiona e scopre una realtà di persone empatiche, ma soprattutto rigorose e competenti. La sua breve esperienza di volontaria incrocia rapporti d’amore e di amicizia fuori e dentro l’Associazione, in particolare con l’amica/nemica Arianna. Alla fine del suo percorso, la ragazza, passata attraverso una seconda “prova di maturità”, rivede molte delle sue certezze ed è pronta ad avviarsi con una nuova consapevolezza verso la sua carriera. Questa storia rappresenta uno “sbarco” in più sullo schermo del volontariato. È infatti la trama di “Involontaria Off - L’esame”, un film per la tv diretto da Alessandro Guida e promosso da una rete di 40 Associazioni di Pazienti con il supporto non condizionato della Fondazione Msd. L’obiettivo è motivare i giovani ad avvicinarsi al mondo del volontariato, raccontando il lavoro che le Associazioni svolgono a supporto dei pazienti e dell’assistenza sanitaria.

Federico Mereta

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