Insonnia, i gravi danni causati dalle cure fai da te

Da tempo ho dei problemi a dormire normalmente e di giorno sono irritabile. Mi hanno detto che potrei soffrire di una forma di insonnia patologica. Come si affronta?

L’insonnia vera non è un disturbo passeggero ma è una patologia caratterizzata da una difficoltà a iniziare o mantenere il sonno e da un risveglio precoce al mattino, con incapacità di riprendere il sonno, per almeno 3 mesi. Ma non solo, possiamo definire l’insonnia come una patologia delle 24 ore: non è soltanto un problema notturno, strettamente legato all’addormentamento e al mantenimento del sonno, ma è anche un problema diurno in rapporto alle conseguenze che crea al paziente. L’impatto negativo sul funzionamento diurno è fondamentale proprio per la stessa diagnosi di insonnia: cattivo umore, stanchezza, disturbi di attenzione e memoria. Chi dorme poco e male non ha i livelli di attenzione e vigilanza adeguati e non ha la capacità di operare adeguate scelte e decisioni. Paradossalmente il paziente insonne durante il giorno non ha sempre sonnolenza, anzi, a volte è molto attivo pur avendo dormito poco; se però lo sottoponiamo ad un compito che prevede di operare delle scelte non è in grado di eseguirle. Ricordiamo che il sonno è un evento fisiologico. I centri nervosi del sonno sono localizzati a livello cerebrale nelle aree più profonde del cervello. Quando andiamo a letto si verifica una sorta di gara tra i centri della veglia, che vogliono continuare a farci stare svegli, e i centri del sonno, che vogliono farci addormentare. Quando la persona non riesce a “spegnere” i centri della veglia e ad abbandonarsi a quelli del sonno, si instaura l’insonnia. Sono diversi i mediatori nel sistema nervoso centrale che contribuiscono a promuovere la veglia e tra questi c’è l’orexina, un neurotrasmettitore prodotto dai neuroni dell’ipotalamo laterale. Agire sul meccanismo dell’orexina è stato uno spunto importante nella ricerca dei disturbi del sonno e per l’insonnia si può pensare di bloccare i recettori per l’orexina a livello cerebrale proprio per “spegnere” i segnali dello stato di veglia orexina-indotta e far sì che una persona insonne possa cadere più facilmente in un sonno fisiologico.

Purtroppo, chi soffre di insonnia fa spesso ricorso al “fai-da-te” perché questo disturbo di solito viene gestito in maniera molto approssimativa, quasi sottovalutato, e quindi la prima indicazione sarebbe quella di non ricorre a rimedi suggeriti dall’amico o dal parente. Invece è fondamentale inquadrare in modo appropriato da subito l’insonnia e partire con una terapia corretta, rivolgendosi a uno specialista che può essere il neurologo o lo psichiatra all’interno dei Centri di medicina del sonno, diffusi sul territorio nazionale che inquadrano correttamente il problema. Pertanto, il trattamento dell’insonnia è un aspetto fondamentale non solo per il benessere e la qualità della vita del paziente, ma anche per ridurre il rischio di patologie internistiche e psichiatriche associate.

Luigi Ferini Strambi – Pressore ordinario di neurologia, Università Vita-Salute di Milano

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Parodontite, male serio e invalidante

La parodontite può diventare grave e causare la perdita dei denti?

A oggi uno degli obiettivi più importanti e una delle sfide principali per ciascuno odontoiatra è quello di conservare più a lungo possibile gli elementi dentali naturali, fino ad accompagnare l’intera vita di ciascun individuo. Ciò significa innanzitutto promuovere la prevenzione primaria, adottando una buona igiene orale che, se associata a un corretto stile di vita e a controlli periodici dal dentista, permette di mantenere la salute della bocca a 360 gradi e individuare eventuali problematiche allo stadio iniziale. La minaccia più insidiosa per la conservazione nel tempo dei denti naturali è la malattia parodontale. Nello stadio avanzato della malattia è presente una grave disfunzione masticatoria e il paziente ha perso svariati denti, ma può ancora salvare quelli che rimangono. Dedicare cure specialistiche a questo obiettivo è fondamentale, curando i denti ancora presenti in modo che durino nel tempo e sostituendo quelli mancanti con impianti e/o protesi tradizionali in base alla valutazione complessiva.

Nicola Sforza – Presidente, Società Italiana di Parodontologia e Implantologia

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Azzardo, se il gioco diventa patologia

Quando si parla di gioco d’azzardo patologico?

Il disturbo da gioco d’azzardo è caratterizzato da un bisogno di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata, un’irritabilità se si riduce o smette di giocare, da ripetuti sforzi infruttuosi per ridurre o smettere di giocare, da preoccupazioni quali analizzare gli ostacoli incontrati nelle precedenti esperienze di gioco e pianificare la prossima avventura. Le persone affette da tale disturbo spesso giocano quando si sentono depressi/ansiosi, mettono in pericolo relazioni significative o il lavoro a causa di questa dipendenza, contano sugli altri per procurare il denaro necessario a risollevare situazioni finanziarie disperate causate dal gioco. Dal punto di vista neurobiologico viene evidenziata un’alterazione dei sistemi dopaminergico e oppioide, che regolano la spinta motivazionale alla ricerca dello stimolo gratificante. In un’ottica terapeutica è di rilevante importanza il coinvolgimento delle famiglie, la messa a fuoco dei meccanismi di avvio e mantenimento del gioco d’azzardo, l’identificazione di comportamenti e situazioni potenzialmente gratificanti ma non disfunzionali capaci di sostituire il gioco.

Marco Pinna – Psicologo, Centro Bini Cagliari

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Terapie del cuore, ogni stagione la sua

L’organismo umano è in grado di vivere in un range preciso di temperature. Per valori troppo alti o troppo bassi, molti processi vitali vengono meno. La termoregolazione del nostro corpo è quindi un meccanismo fondamentale per il buon funzionamento del sistema ed è una delle principali fonti di dispendio eneregtico. E’ parte importante, infatti, del metabolismo basale, ovvero il consumo energetico che varia da individuo a individuo per lo svolgimento di tutte le funzioni dell’organismo in condizioni di riposo. La termoregolazione si basa su variazioni di flussi di sangue. Quando sentiamo freddo il sangue fluisce in quantità minore nelle mani, nei piedi e a seguire nelle gambe e nelle braccia per garantire il mantenimento di temperature accettabili negli organi essenziali. L’opposto accade quando abbiamo caldo e dobbiamo disperdere il calore con la termodispersione. Nei soggetti cardiopatici l’esposizione al freddo può essere pericolosa, soprattutto se improvvisa. L’organismo reagisce liberando ormoni che riducono l’irrogazione sanguigna in periferia, aumentando la pressione arteriosa e la frquenza cardiaca. Nei cardiopatici, quindi, le esposizioni eccessive al caldo o al freddo vanno evitate e vanno variate opportunamente le terapie a seconda della stagione.

Giancarlo Molle – Cardiologo, Aou Cagliari

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