Le due sfide da affrontare
La nostra vita è cambiata per sempre e dobbiamo affidarci a strumenti già strutturati
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Ormai è evidente che l’emergenza sanitaria da Covid stenta ad essere arginata ed è molto probabile che finirà col diventare una patologia endemica per la quale dovremo periodicamente fare delle terapie profilattiche, ma dovremmo anche capire, se guardiamo in avanti, che la nostra vita, tutto il nostro mondo è cambiato per sempre con nuovi obbiettivi mentre possiamo ancora, anzi dobbiamo, affidarci a strumenti già strutturati. Uno degli strumenti di interpretazione e studio delle società è lo Human Development Index.
Esso è un indicatore dello sviluppo macroeconomico elaborato nel 1990 dall’economista pakistano Mahbub ul Haq, seguito inizialmente anche dall’economista indiano Amartya Sen. È stato utilizzato, accanto al PIL, dall’Organizzazione delle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valutare la qualità della vita dei membri di un Paese. In pratica vengono presi in considerazione i risultati medi nelle dimensioni chiave dello sviluppo umano: una vita lunga e sana, essere informati e avere uno standard di vita dignitoso. Nella pratica sono presi in considerazione lo sviluppo umano e quello economico attraverso gli indicatori di salute e di istruzione. Nello specifico l’aspettativa di vita alla nascita, gli anni di scolarizzazione per gli adulti di età pari o superiore a 25 anni e gli anni di scolarizzazione previsti per i bambini che entrano in età scolare, mentre il tenore di vita è misurato dal reddito nazionale lordo pro capite.
L’Indice di Sviluppo Umano coglie solo alcuni aspetti correlati allo sviluppo umano, ma in particolare il tema della povertà morale che secondo Amartya Sen è più difficile da affrontare di quella materiale. La Norvegia con 0,957 punti è prima in quest’indice, la Germania è sesta, Israele occupa il posto 19 con 0,919 punti, mentre l’Italia è al posto 29 con 0,892 punti. Fra le regioni italiane l’Emilia Romagna è prima con 0,921 punti, mentre la Sardegna è sedicesima su 20 regioni. Salute e istruzione sono quindi gli indicatori centrali. Dobbiamo partire da questi dati. La scuola deve essere il luogo dove si affrontano queste povertà formando alla responsabilità i giovani, dando loro valori positivi. È quindi urgentissimo affrontare il mondo che cambia partendo dalla scuola. Non basta più elencare numeri negativi, bisogna farlo per cambiare la realtà. Se dai dati 2019-2020 risulta che il 23% dei ragazzi sardi di età compresa tra 18 e 24 anni è in possesso soltanto della licenza media vuol dire che hanno abbandonato gli studi a 14 anni. D’altro canto dobbiamo prendere atto che gran parte dei lavori che i nostri giovani faranno fra 10 anni non sono stati ancora inventati.
Siamo di fronte ad una sfida, per cui è focale ridurre la dispersione scolastica. Essa va fatta con progetti verificabili dando a ciascuno studente le opportunità formative legate alle sue caratteristiche e contemporaneamente costruire le loro competenze per professioni che cresceranno nel corso dei loro studi. Per le sfide che ci aspettano in Europa e nel mondo servono competenze originali. L’intelligenza artificiale per essere governata ha bisogno di informatica e di tecnologie. Ma senza l’etica, i nuovi diritti del pensiero sintetico, il supporto della biologia e delle neuroscienze sarà difficile da governare.
Antonio Barracca