Una gita fuori porta in una tiepida e soleggiata domenica di maggio, e la vita di un bimbo stravolta improvvisamente da una terribile tragedia, quando la funivia che collega Stresa al Mottarone, sulle rive del lago Maggiore, crolla giù dal monte causando la morte di 14 persone.

Una fune spezzata che porta con sé le vite di mamma, papà, e fratellino di Eitan Biran, bimbo di appena quattro anni e unico sopravvissuto all’orrore di quei drammatici momenti.

Quando i soccorritori accorrono sul luogo dell’incidente, non possono credere di trovare quel bimbo ancora vivo. Per lui scatta il ricovero all'ospedale Regina Margherita di Torino, braccia e gambe fratturate, poi la riabilitazione fino al lento risveglio, il 10 giugno.

Ad accorrere a Torino è la zia paterna di Eitan, Aya Biran, che in quei primi e drammatici momenti si prende cura di lui e viene nominata dal giudice come tutrice legale. Sarà lei a raccontare delle prime parole di Eitan, del lento recupero, delle paure del piccolo che la costringono a lasciargli fra le mani i suoi occhiali quando deve allontanarsi dal bimbo anche solo per pochi minuti.

Accanto ad Eitan arriva poi da Israele anche il nonno materno, Schmel Peleg, che l’11 settembre con la scusa di condurlo in un negozio di giocattoli fa salire il piccolo su un'auto a noleggio con la quale raggiunge Lugano, poi si imbarca su un volo privato verso Tel Aviv: il giorno dopo, la procura di Pavia avvierà l'indagine per "sequestro di persona" nei confronti del nonno e della nonna materna. E da lì il contenzioso per l'affido del piccolo tra i due rami familiari dei suoi genitori.

Sono molte le domande che, sulla drammatica vicenda, sorgono oggi spontanee, anzitutto su quale sarà il futuro del piccolo e in particolare sui risvolti psicologici che, una vicenda di questo tipo, può avere su un bimbo di soli quattro anni.

“Sono stata responsabile per lunghi anni di un centro dove venivano seguiti bambini con problematiche psico-socio-relazionali. Conosco pertanto molto bene le tensioni emotive e le sofferenze dei minori in situazioni di conflittualità familiari”, spiega la pediatra e già dirigente medico Anna Maria Bottelli.

“La teoria sostiene che l’ambiente in cui il bambino vive debba essere caratterizzato da armonia, serenità psicologica, tranquillità e sicurezza. Trattasi di un assunto pediatrico fondamentale che ha come fine una crescita e uno sviluppo regolari, che permettono a loro volta il raggiungimento da parte del bambino di uno stato di benessere fisico, psichico e sociale, ciò che per l’OMS è la definizione di salute”.

“Ogni eventuale conflitto, soprattutto se tra parenti prossimi – prosegue l’esperta -  conduce il minore a una destabilizzazione del suo importante processo evolutivo. Si può generare ansia o confusione circa le figure di riferimento, in cui credere e con cui rapportarsi. A ciò possono seguire manifestazioni di tipo psicosomatico. La cute, il tratto gastrointestinale, quello respiratorio, sono esempi significativi di organo-bersaglio. Sintomi a volte inspiegabili hanno spesso alla base una incomprensione affettiva, relazionale, emotiva. Cefalea, addominalgie, tosse, e altro ancora sono possibili esempi di malessere bio-psico-sociorelazionale”.

Quali, allora e in un simile contesto, le certezze di cui un bambino ha bisogno? “Una soltanto – prosegue Bottelli - di essere amato ancora, anche se gli avvenimenti della vita non gli sono stati favorevoli. Per crescere ha bisogno di sicurezza, esempio, serenità, equilibrio, ma anche di ascolto empatico”.

“Il bambino non vuole sentirsi trasparente, ma osservato e amato. Il bambino ha bisogno di disponibilità, affetto, disciplina, regole, stabilità e garanzie. E per capirlo sempre, bisogna abbassarsi alla sua altezza, come sosteneva Janusz Korczak, medico, scrittore, pedagogista e uno dei più grandi educatori di tutti i tempi, ucciso nel campo di sterminio di Treblinka il 6 agosto 1942, assieme a duecento bambini e al personale della Casa degli Orfani che aveva diretto per trent’anni”.

Proprio nel maggio scorso, ad appena quattro giorni dalla tragedia del Mottarone, l’Italia ha celebrato i trent’anni dalla ratifica della convenzione Onu sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, un trattato che ha garantito ai bambini un nuovo protagonismo, non più oggetti di cura ma persone titolari di diritti. E una giornata che Carmela Pace, presidente di Unicef Italia, ha voluto dedicare proprio al piccolo Eitan.

"C'è ancora tanto da fare per dare piena attuazione alla convenzione e rendere i diritti dei bambini e degli adolescenti realtà", spiegava allora Carmela Pace. Per Eitan, la strada da percorrere, è in questo senso ancora lunga.

(Unioneonline/v.l.)

© Riproduzione riservata