La premessa è d'obbligo: non siamo di fronte a un'epidemia, e si tratta di una malattia che, fortunatamente, continua ad essere considerata piuttosto rara. Ma negli Usa i casi sono in progressivo aumento, al punto che un po' ovunque sta crescendo la paura.

Parliamo della mielite flaccida acuta (Afm), malattia dall'esordio molto simile a quello dell'influenza, con tosse e raffreddore, che colpisce per lo più i bimbi sotto i 4 anni e che paralizza gli arti.

Oltreoceano e solo nel 2018 i casi registrati sono stati 90, e altri 162 sono in fase di monitoraggio seppur la diagnosi non sia ancora stata confermata.

A spaventare, dopo l'esordio blando, sono i sintomi che subentrano a qualche giorno dalla manifestazione, e dunque iniziale debolezza dei muscoli delle braccia e delle gambe, perdita di riflessi muscolari, paralisi dei muscoli facciali comprese le palpebre cadenti, difficoltà con il movimento oculare, difficoltà nella deglutizione.

Progressivamente il paziente si trova a fare i conti con una vera e propria paralisi degli arti, simile a quella provocata dalla poliomielite.

Ciò che non si conosce della patologia è innanzitutto l'esatta causa scatenante, così come non è stata ancora individuata una valida opzione terapeutica: si contano infatti sulla punta delle dita i malati che hanno riportato un recupero completo.

All'origine di tutto opinione comune di medici e ricercatori è che ci siano gli enterovirus, e i sospetti ricadono in particolare su un virus molto raro, l'enterovirus D68 (EV-D68).

Guardando ai dati dei 414 casi di malattia registrati dai Centres for Disease and Prevention americani dal 2014 ad oggi, quello che emerge è che il 99% dei bambini colpito da questo male ha avuto una malattia virale con sintomi comprensivi di febbre e tosse dai 3 ai 10 giorni prima della paralisi. Le indagini rivelano dunque che "prove cliniche, di laboratorio ed epidemiologiche fino ad oggi suggeriscono un'associazione virale".

E a chi si domanda perché solo una piccola parte degli infettati subisca una paralisi dopo l'infezione da enterovirus le risposte possono essere molteplici, e si va da ipotesi su una predisposizione individuale a sviluppare la malattia alla particolare tipologia di enterovirus: alcuni, come appunto il D68 ma non solo, hanno una maggiore capacità di invadere il tessuto nervoso con conseguenti manifestazioni neurologiche.

In tema di prevenzione, quello che conta sono le classiche raccomandazioni contro ogni malattia contagiosa, a cominciare da igiene e vaccini.

I casi registrati in Europa sono stati sino ad oggi molto rari.

(Unioneonline/v.l.)
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