Stanchezza primaverile, piccoli rimedi per superarla

Soffro regolarmente della classica stanchezza di primavera. Per qualche settimana mi sento più debole e faccio fatica a fare le cose, poi tutto passa. Come si può affrontare questa situazione, soprattutto sul fronte del sonno?

La primavera rappresenta un vero e proprio cambiamento per l’organismo: le giornate si allungano, le temperature si alzano, e cresce il desiderio di trascorrere più tempo all’aria aperta, ma spesso sentiamo di non avere abbastanza energie. Per questo ci sentiamo perciò più stanchi e sonnolenti. Il cambio di stagione è un periodo di vulnerabilità neurologica: il sistema nervoso si deve adattare a mutate condizioni ambientali e a nuovi stili di vita. Si tratta di un momento di risveglio dal torpore invernale, in cui il nostro desiderio di rinascita deve fare i conti con una sensazione di stanchezza, provocata anche dal Covid-19. È proprio l’aumento delle ore di luce il principale responsabile di un cambio di ritmo sonno-veglia che può portare a piccoli disturbi del sonno come il ritardo nell’addormentamento, risvegli notturni e difficoltà nel riprendere a dormire, con conseguenze durante il giorno. Infatti, quando non si riposa adeguatamente, ovvero, almeno 7 ore a notte, il rischio in cui si può incorrere è quello di soffrire il giorno seguente di sonnolenza, mal di testa e stanchezza e sensazione di malessere generale, inclusi irritabilità, diminuzione o aumento dell'appetito e difficoltà di concentrazione. Oltre al cambio dell’ora, tra le cause della stanchezza è da considerare anche che questa in particolare sarà una primavera che vede come co-protagonista, ancora, il Sars-CoV-2. Per questo la nuova stagione porterà con sé tre nuovi tipi di stanchezze: la stanchezza ‘invernale’, a seguito di mesi prolungati senza un periodo di riposo; la stanchezza della situazione pandemica, che ha inciso psicologicamente, provocando stress nella popolazione; e la stanchezza data dal Long Covid neurologico tra coloro che hanno contratto il Sars-CoV-2. La pandemia, tra rinunce e incertezze per il futuro, ha generato un diffuso e forte senso di stanchezza e di stress.

Tra i rimedi quotidiani più comuni, un cucchiaino di miele accompagnato da un infuso di camomilla può essere un valido aiuto per un sonno tranquillo, così come un bagno caldo, una o due ore prima di coricarsi, può favorire il rilassamento. Inoltre, andare a dormire e svegliarsi sempre alla stessa ora, anche nel fine settimana, può aiutare a ristabilire i ritmi sonno-veglia, soprattutto dopo il cambio dell’ora. Attenzione, inoltre, all’alimentazione: curarla anche con l’integrazione poliminerale e polivitaminica può essere una valida soluzione, che può favorire la normale attività del sistema nervoso, disinnescando circoli viziosi di stress e ansia. Conviene evitare, poi, la caffeina, la nicotina e gli alcolici, così come gli schermi luminosi (come il PC o il cellulare) prima di dormire.

Piero Barbanti, docente di Neurologia, Irccs San Raffaele Roma

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Se l’anziano dimentica di prendere i farmaci

Mio suocero tende a dimenticare le cure. Che posso fare?

Un paziente non aderente non significa solo perdita di efficacia te¬rapeutica, ma anche spreco di risorse economiche per il SSN. Si stima che la mancata aderenza alle terapie farmacologiche costi, ogni anno 125 miliardi di euro in Europa e 105 miliardi di dollari negli Stati Uniti in termini di ospedalizzazioni evitabili, cure d'emergenza e visite ambulatoriali. Sebbene la scarsa aderenza ai farmaci sia problema sanitario ormai conosciuto, pochissimi paesi misurano e riportano i tassi di aderenza e persistenza in trattamento. Nello studio recentemente condotto dal mio centro abbiamo analizzato come ottimizzare la governance del sistema sanitario e migliorare gli esiti delle cure. Così come già accade in alcuni Paesi del mondo, anche in Italia diventa ormai fondamentale inserire nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) un indicatore specifico che misuri in modo standardizzato l’aderenza terapeutica e le performance dei Sistemi sanitari nazionali. Una vera e propria sfida a livello sanitario che potremo raggiungere solo facendo leva su più fronti, da quello politico-amministrativo, a quello clinico e sociale.

Enrica Menditto, Direttore Centro Interdipartimentale di Ricerca in Farmacoeconomia E farmacoutilizzazione, Università Federico II di Napoli

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Occhio alla tintarella anche prima dell’estate

È vero che anche in primavera è consigliabile usare la protezione solare?

Con l’arrivo della primavera gli amanti della tintarella approfittano delle belle giornate per cominciare ad abbronzarsi. Tuttavia, anche se l’intensità dei raggi primaverili è inferiore a quella dei mesi estivi, è importante proteggersi adeguatamente per evitare danni che, alla lunga, possono anche essere ben più importanti della semplice “scottatura solare”. È necessario utilizzare quindi sempre la fotoprotezione mediante apposite creme anche in primavera. Tra l’altro è consigliato scegliere il prodotto più adatto al proprio tipo di pelle cioè al proprio fototipo.

Per i fototipi 1 e 2 (capelli biondi o rossi e carnagione molto chiara), ad esempio, è necessario un prodotto con un fattore di protezione elevato, uguale o superiore a 50. È fondamentale infine ricordare che i prodotti vanno rinnovati ogni tre, quattro ore e che, in ogni caso, l’esposizione deve sempre essere sempre graduale, aumentando lentamente il tempo di permanenza al sole.

Giuseppe Fumo, medico specialista in Dermatologia

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Sincopi improvvise, ecco il “loop recorder”

Lamento degli svenimenti di cui non si conoscono le cause, cosa posso fare?

Le perdite di coscienza (scientificamente chiamate Sincopi) sono il risultato di una riduzione di flusso a livello cerebrale: un piccolo e variabile black out, con caduta a terra più o meno controllata. Sono in maggioranza dei casi benigni. Queste forme si diagnosticano con un esame che si chiama Tilt test. Tutte le altre forme di sincope vanno approfondite perché, se presenti fattori di rischio familiari (morte improvvisa, sincopi maligne traumatiche) la prognosi può essere meno favorevole. Vi sono diversi tipi di tachicardie parossistiche che possono essere pericolose e producono sincopi che richiedono interventi sanitari specifici. Oltre gli accertamenti cardiologici vanno anche intrapresi quelli neurologici. Insomma la situazione diagnostica non è semplice ed ha molte variabili da considerare. Per fortuna esistono dei dispositivi che si posizionano nel sottocute in grado di leggere l’attività cardiaca per 3 anni. Questi dispositivi, chiamati loop recorder, rilevano ogni forma di tachicardia e/o bradicardia, dalle più pericolose alle più banali e sono in grado di trasmettere al medico le forme più rilevanti in ogni momento.

Giancarlo Molle, cardiologo Aou Cagliari

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