Si celebra oggi nel mondo la Giornata internazionale contro l’epilessia, occasione per richiamare l'attenzione su una malattia di cui si parla ancora forse troppo poco, ma che si stima colpisca in Italia una persona su cento. In Sardegna l’incidenza segue il dato nazionale, con 10-12mila persone che si trovano quotidianamente a fronteggiare i disturbi di questa patologia. 

In occasione della Giornata internazionale sono molte le iniziative e le attività avviate in collaborazione con le strutture specializzate. E la Lega Italiana contro l’Epilessia (Lice) Sardegna lancia un importante appuntamento che si terrà a Oristano il 7 maggio (hotel Mistral, dalle 9 alle 19), un convegno rivolto anzitutto alle donne e con particolare focus sul tema dell’epilessia in gravidanza.

"L’epilessia – spiega a L’Unione Sarda il neurologo cagliaritano Walter Merella, coordinatore regionale Lice per la Sardegna – è una patologia del cervello la cui diagnosi genera nei pazienti ansie e timori spesso, in realtà, sproporzionati alla effettiva gravità in termini di capacità di condizionare la vita di chi ne è affetto. E ad essere condizionate sono soprattutto le donne: molte per timore dello stigma sociale cui possono andare incontro celano la patologia anche al partner o al marito, spesso evitando di curarsi e con conseguenze che possono essere molto gravi”.

Come si caratterizza la malattia?

“L’epilessia si manifesta nel ripetersi di eventi di breve durata, le crisi, che purtroppo sono imprevedibili. Possono comparire nel corso delle ore della giornata o in corso di sonno. Ma compromettono l’autonomia della persona solo per alcuni minuti. Eppure, forse per la mancanza di informazioni precise sulla malattia, intorno all’epilessia nel corso dei secoli si è costruita una serie di pregiudizi e inesattezze che porta spesso come conseguenza all’emarginazione o addirittura all’autoemarginazione delle persone che ne sono affette”.

(archivio L'Unione Sarda)
(archivio L'Unione Sarda)
(archivio L'Unione Sarda)

Come, allora, ridimensionare la percezione dell’epilessia?

“Innanzitutto l’epilessia non è una condanna a vita. Buona parte dei pazienti possono curarsi e addirittura guarire, anche grazie al fatto che negli ultimi 30 anni i farmaci sono passati da meno di 10 a circa 30 e sta prendendo piede la terapia della chirurgia specifica, soprattutto per bambini e giovani. In secondo luogo l’epilessia non causa disturbi cognitivi e se questi vi sono ne costituisce la causa e non l’effetto”.

Quali sono le indicazioni che bambini, giovani e adulti possono seguire per condurre una vita al riparo dalle conseguenze della malattia?

"L’attività sportiva e fisica sono anzitutto possibili, e semmai molto utili. Certo occorre evitare gli sport estremi o di contatto fisico, ma la maggioranza degli sport individuali è praticabile. La patente di guida è ottenibile se si è liberi da crisi da almeno un anno. La recente normativa prevede, inoltre, che chi ha crisi solo in corso di sonno possa essere idoneo alla guida anche se ha più crisi nello stesso anno. Non esiste, poi, alcuna controindicazione all’uso del computer. La presenza di una fotosensibilità è un riscontro prevalente in alcune forme di epilessia dell’età evolutiva; in tal caso il neuropsichiatra infantile darà indicazioni precise su l’uso degli schermi delle TV o computer”.  

Torniamo al tema delle donne colpite da epilessia, e in particolare di quelle che desiderano affrontare una gravidanza. Quanto la malattia interferisce con le possibilità di portare avanti una maternità?

“L’epilessia non interferisce con la vita sessuale e la fertilità. La donna affetta da epilessia può affrontare una gravidanza anche perché di solito in quel periodo le crisi tendono a ridursi nella frequenza se non addirittura a sparire. L’unico aspetto delicato è legato all’effetto teratogeno dei farmaci antiepilettici. Il rischio di malformazioni è 3-4 volte superiore rispetto al quello generico che qualunque donna corre, che si aggira intorno al 1%”.

Ci spieghi meglio...

“Questo aspetto è stato approfondito e studiato anche grazie ai registri nazionali o internazionali, il più ricco dei quali è stato promosso dalla nostra società scientifica e ha sede a Milano presso l’Istituto Neurologico Besta: si chiama eurap. Questo archivio ha raccolto una valutazione prospettica di oltre 30.000 gravidanze di donne che assumevano farmaci antiepilettici. Grazie all’elaborazione di questi dati oggi è possibile rassicurare le donne affette sui rischi malformativi in maniera oggettiva confermando che esse hanno una buona probabilità di partorire figli sani”.

(foto da google)
(foto da google)
(foto da google)

In vista del parto ci sono eventuali aspetti da approfondire con il proprio ginecologo?

“Il parto può essere affrontato per via naturale con l’eventuale sostegno della analgesia peridurale, salvo non vi siano controindicazioni ginecologiche o ci siano state crisi durante la gravidanza”.

E durante l’allattamento? 

“La donna può allattare sotto sorveglianza del neonatologo che sconsiglierà tale pratica di alto valore biologico e psicologico solo se il neonato dovesse manifestare sintomi di un effetto del/dei farmaci assunti”.

Quale è la probabilità di trasmettere la malattia ai figli?

“Nella realtà è ormai assodato che in un paese come l’Italia quasi il 90% delle donne affette da epilessia partorisce figli sani. Certo è importante una corretta assistenza della donna in un’ottica interdisciplinare. Nella vita quotidiana il Neurologo, il Ginecologo e il Neonatologo (le tre figure che aiutano la donna ad affrontare la gravidanza, parto e nascituro) si parlano di rado o solo in concomitanza di casi complessi o rischiosi. È invece importante nei mesi di gestazione e nei primi mesi di vita del bambino un dialogo e un confronto costanti”.

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