Sud, il Pnrr spinge gli occupati: +65% di impatto rispetto al Nord
Il Pnrr spinge l’occupazione nel Mezzogiorno, che tocca il 50,1%, record dal 2004Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È anche il Pnrr a spingere l’occupazione nel Mezzogiorno che nel secondo trimestre di quest’anno, come certificato venerdì 12 settembre dall’Istat, è arrivata al 50,1%.
Il dato, pur non eccelso nel confronto con le altre aree del Paese e dell’Eurozona e quindi aperto a ulteriori margini di miglioramento, è stato subito celebrato dalla premier Giorgia Meloni perché rappresenta il tasso più alto mai registrato dal 2004.
La distribuzione territoriale degli effetti attribuibili al Piano nazionale di ripresa e resilienza offre una spiegazione fondata per questa dinamica inedita. A realizzare l’analisi per Il Sole 24 Ore è l’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, che ha aggiornato le proprie stime sulla base delle cifre appena sfornate da Italia Domani sull’avanzamento finanziario di tutti gli investimenti del Pnrr e sull’ultima edizione della spesa statale regionalizzata pubblicata dalla Ragioneria generale dello Stato.
L’indicatore che sintetizza nel modo più efficace l’impatto dei fondi comunitari del Next Generation Eu è offerto dalla differenza percentuale tra il numero di occupati con e senza il Pnrr nelle regioni italiane. In termini aggregati, secondo i calcoli dell’Ifel, il Piano determinerà, nel 2026, un aumento degli occupati dell’1,65%. Ma, se la lente si concentra sul solo Mezzogiorno, l’aumento di occupati sale al 2,18%.
In pratica, l’accelerazione impressa dal Piano è al Sud superiore del 32% rispetto alla media nazionale, mentre il delta cresce al 65% se si fa il confronto con le sole regioni del Centro-Nord. La graduatoria del “bonus occupazionale” regione per regione conferma questo panorama. A primeggiare, facilitato dalle sue dimensioni contenute, è il Molise con un +3%, seguito da Calabria (+2,71%) e Sicilia (+2,51%). In fondo alla classifica si incontrano invece il Friuli-Venezia Giulia (+0,57%), la provincia di Bolzano (+0,66%) e l’Emilia-Romagna (+0.73%).
Al di là delle curiosità statistiche, una dinamica di questo tipo si può spiegare prima di tutto con l’incrocio di due fattori. Nel nome della coesione territoriale, tra le principali regole di ingaggio del Pnrr c’è quella che destina al Mezzogiorno il 40% dei fondi di ogni misura, una quota quindi largamente superiore al peso demografico dell’area.
Queste risorse europee calano poi su un contesto caratterizzato da un ampio bacino di forza lavoro disponibile perché inutilizzata che fa crescere più rapidamente le assunzioni soprattutto quando in gioco entrano nuove opere pubbliche da realizzare. Tutto questo ha, naturalmente, una ricaduta sui risultati macroeconomici del Paese. Nell’aggregato le previsioni dell’Ifel sul Pil (+0,7% quest’anno, +1% il prossimo) sono solo leggermente più ottimiste di quelle del Governo contenute nell’ultimo Documento di finanza pubblica (+0,6%, +0,8% nei due anni). E guardando al solo Pnrr, anzi, l’aumento del prodotto calcolato dall’Istituto (+2,4%) è più modesto rispetto a quello degli altri osservatori istituzionali.
Il Pil reale pro-capite è una delle variabili utilizzate per calcolare l’impatto del Piano sull’occupazione regionale assieme agli investimenti fissi lordi reali pro capite, al tasso di crescita della popolazione e al Fondo europeo disviluppo regionale (Fesr) pro capite, quest’ultimo ovviamente più concentrato al Sud. In parte, quello del Pnrr è ancora un effetto potenziale chiamato a dispiegarsi integralmente soltanto con la piena realizzazione degli investimenti. Non va trascurato, però, che già i consuntivi degli ultimi due anni hanno disegnato una cornice inedita, contraddistinta da una vivacità dell’economia meridionale superiore a quella del Centro-Nord.
Nel 2024, come mostra il rapporto diffuso dall’Istat a fine luglio, il Pil del Sud è cresciuto dello 0,9% contro il +0,7% di una media nazionale in cui spicca il debole +0,2% del Nord-Est. Nel 2023 la forbice era stata ancora più ampia, con un aumento del prodotto in volume dell’1,5% nel Mezzogiorno, più che doppio rispetto al +0,7% realizzato dal Paese nel suo complesso.
La fase finale del Pnrr potrebbe allargare e ulteriormente il differenziale a favore del Sud, a patto, come è ovvio, di centrare nei tempi tutti gli obiettivi, ora in attesa di un’ultima rimodulazione che però, dato il calendario, non potrà modificare più di tanto la distribuzione territoriale.
Manuela Perrone – Gianni Trovati
(Estratto da “Norme e tributi Plus Lavoro”, Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2025, in collaborazione con L’Unione Sarda)