Il 6 gennaio di quest’anno è accaduto un fatto assolutamente drammatico e inimmaginabile. Una parte importante dei sostenitori del presidente uscente Donald Trump, per contestare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, ha dato l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti, a Washington. A migliaia i partecipanti si erano riuniti a Freedom Plaza dal giorno prima perché era in programma la “Marcia per salvare l’America”. Da cosa doveva essere salvata l’America? Appena concluse il 3 novembre le elezioni, era partita sui social la campagna “Fermate il furto”. 

Con tale campagna si volevano convincere gli elettori di Trump che le elezioni erano state truccate e si lanciavano accuse di come le macchine per votare fossero “storte”, questo era il termine usato. Dall’altro canto Trump proclamava per questo motivo che non avrebbe riconosciuto la vittoria elettorale di Biden.

Che ruolo hanno avuto i social nell’assalto a Capitol Hill? Il ruolo dei social ha pervaso la nostra vita da molto tempo e anche la politica. Nella sua seconda elezione Barack Obama ha conquistato i suoi elettori con una profilazione, conoscenza stratificata per varie tipologie dei possibili elettori, molto spinta ed efficace. Questo mezzo consentiva di arrivare ad ogni possibile elettore in maniera selettiva perché si conoscevano le sue idee politiche, le sue aspirazioni e la sua idea di America.

Oggi è tutto cambiato. Il web è lo spazio mediatico della politica dove ogni politico può lanciare il suo personal brand. Esso si caratterizza per il target che deve raggiungere, per commentare fatti o attaccare avversari, anzi nemici, e come conquistarlo con proposte aggressive. Le dirette sui social o i post valgono come tanti comizi. Il caso Cambridge Analytica è emblematico. Questa è una società di consulenza e di marketing online, specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di dati sui loro utenti. I commenti sui post, quanti “Mi piace”, il luogo da dove li condividono ed il loro contenuto aiutano, attraverso modelli ed algoritmi, a creare modelli di ciascun utente che con l’uso costante dei social rendono più preciso il profilo dell’utente.

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Forse dovremmo riflettere sulla pervasione che i social fanno della nostra vita. Di recente il Wall Street Journal ha accusato Facebook di aver nascosto gli impatti negativi sui giovani per l’utilizzo del social. Ed ancora Facebook ha chiuso un dipartimento costituito per proteggere gli utenti dal rischio di soprusi anche morali dall’uso del social. Viviamo pertanto in una perenne campagna elettorale. Perché la rivoluzione digitale ha portato ad una trasformazione su come vediamo e comprendiamo la realtà riguardo noi stessi e gli altri. Siamo diventati, come dice Luciano Floridi, non dei cyborg, una unione di artificiale e umano, ma evoluti inforgs, “organismi informazionali interconnessi che condividono agenti biologici e artefatti ingegnerizzati in un ambiente globale costituito dalle informazioni, l’infosfera“. Ma è alle porte il Metaverso, una realtà virtuale condivisa su Internet che invece di dialogare con lo smartphone userà visori di realtà virtuale che ci faranno vivere con un nostro Avatar dentro Internet con tutte le persone che vorremmo. Non c’è male come qualità di vita, chiusi in casa con un visore sugli occhi.

Antonio Barracca – Cagliari

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