“Non dire gatto se non lo hai nel sacco” recita un vecchio e saggio adagio. E normalmente la prudenza rappresenta, o dovrebbe rappresentare, la linea direttrice di ogni intervento concernente la gestione del territorio e delle sue risorse. Purtroppo, e tuttavia, non sempre la cautela e la ponderazione guidano l’agire delle Istituzioni e/o di chi le rappresenta, conseguendone che la concretezza e la razionalizzazione degli interventi sembrano essere divenute (e forse lo sono sempre state) qualità sconosciute nel contesto del sistema amministrativo di carattere regionale.

Stando, infatti, alle ultime notizie, entro questo mese la Giunta regionale sarda dovrebbe deliberare l’avvio della realizzazione di talune nuove strutture sanitarie (quattro in tutto). Ad annunciarlo è stato il presidente della Regione Christian Solinas nel corso del suo intervento al Convegno post-pandemia e alla presenza del sottosegretario Pierpaolo Sileri. Che si sia trattato della solita esternazione di “protagonismo”, oppure dell’esigenza di lasciar trasparire dinanzi a un rappresentante del Governo Centrale una parvenza di operatività utile a giustificare la permanenza “assistita” di questa Giunta alla guida della Regione, poco importa. Di certo, la notizia, di per sé sola considerata, potrebbe addirittura apparire ai più nei termini illusori di una rassicurazione formale, siccome riferita a un settore, quello sanitario, travolto non solo dalle circostanze pandemiche emergenziali contingenti ma anche, e soprattutto, dalla “mala gestio” consumatasi nel corso degli anni pregressi per l’inerzia delle classi dirigenti di volta in volta succedutesi nel governo della regione. Ma il condizionale è sicuramente d’obbligo, non foss’altro che per i pesantissimi sotto-intesi dal risvolto a dir poco preoccupante che sembrano accompagnare l’“annuncio”, siccome tipicamente e incontrovertibilmente orientati, quei sotto-intesi, a lasciar andare al proprio destino, quasi fossero una “cancrena” da estirpare, le diverse zone interne e le strutture esistenti al sol fine di favorire, riuscendone più semplice la amministrazione e la gestione, le grandi aree metropolitane del Sud e del Nord Sardegna, ovvero quelle di Cagliari e Sassari. Come a dire, e senza alcuna ragione fondante, perché questa è la impressione che ne deriva: “A chi ha, sarà dato ancora di più, a chi non ha, sarà tolto pure ciò che ha”. Senza tuttavia considerare che alla base di ogni riflesso di carattere strumentale inerente lo sviluppo del territorio e la migliore razionalizzazione delle sue risorse vi è sempre e solo l’agire delle classi dirigenti le quali avrebbero dovuto, e dovrebbero essere chiamate, di volta in volta, e purtroppo non lo sono state e non lo sono, a rendere ragione del loro operato assumendosene le conseguenze.

Insomma possiamo osare, ma con giudizio, a offrire la corretta chiave di lettura (o perlomeno quella che sembra esserlo) della circostanzialità espressiva incarnata dal massimo esponente della Regione sarda il quale sembrerebbe essersi fatto lecito di rappresentare un piano di sviluppo sanitario riservato, parrebbe, ai soli grandi poli metropolitani, e tale evidentemente solo nel nome, osservando un atteggiamento di totale dimenticanza rispetto agli impianti sanitari già esistenti, dislocati nelle aree maggiormente depresse del contesto geografico di riferimento, quelle del centro-Sardegna per intenderci, rimaste prive  di una adeguata previsione di funzionalità (futura) delle infrastrutture esistenti, oramai obsolete e incapaci di rispondere alle esigenze di collegamento del territorio e, per ciò stesso, sproporzionate, antieconomiche, e incapaci di promuovere l’avvio di un reale processo di riforma sanitaria.

Intendiamoci: nessuno dotato di buon senso e di reale senso pratico può mai attendersi un miracolo. Sarebbe illusorio e poco serio pretendere un cambiamento radicale dall’oggi al domani. Il problema è che, a quanto pare, e speriamo di sbagliare, la Giunta Regionale parrebbe non aver elaborato alcun piano di sviluppo delle aree interne, continuamente abbandonate a se stesse.

Intanto perché, diversamente da quanto parrebbe aver voluto sotto-intendere il massimo esponente sardo, gli ospedali già ci sono: sono al collasso, ma ci sono.

Quindi perché sarebbe piuttosto necessario rivolgere gli investimenti nella ricerca di personale che vada a colmare le carenze presenti e più volte costantemente denunciate nelle guardie mediche e nei pronto soccorso.

Inoltre perché piuttosto che prevedere la costruzione di quattro nuove strutture asseritamente iper-dotate nella totale mancanza di personale idoneo a farle funzionare, sarebbe necessario portare a regime l’esistente (gli ospedali di Nuoro, Lanusei, Sorgono etc) garantendo al popolo sardo l’accesso apprezzabile alle cure avvalendosi del servizio sanitario nazionale.

Infine perché la costruzione di nuove strutture sanitarie rappresenta né più né meno che il consueto “specchietto per le allodole” cui fare ricorso allorquando il “nulla gestionale” di una Giunta “in panne” sia divenuto a tal punto evidente da non poter più essere celato.

Dicendolo altrimenti: non servono nuovi ospedali, serve piuttosto garantire attraverso investimenti mirati l’operatività di quelli esistenti, calandola in un piano reale di sviluppo che non dimentichi alcuna delle realtà territoriali sarde. Il solo pretendere di creare singoli poli di sviluppo sanitario disancorandoli dalla realtà fenomenica del contesto territoriale di riferimento siccome destinati a servire unicamente aree già ampiamente “servite” (e ad alta intensità di capitali rispetto all’hinterland) che andrebbero ad assorbire tutti i benefici di una iniziativa di facciata appare in tutta la sua inverosimiglianza. Soprattutto allorquando si voglia considerare che molto probabilmente le nuove strutture, laddove effettivamente realizzate, potrebbero non avere alcuna ricaduta positiva in termini di prestazione del servizio, in termini di occupazione e potrebbero non produrre alcun indotto nel territorio circostante. Sorgerebbero come pure e semplici “cattedrali nel deserto” e Christian Solinas e la sua Giunta verrebbero ricordati come coloro che vollero portare a compimento una grande impresa, dai costi ingenti, in un contesto territoriale minimale e per ciò stesso inadeguato, per poi vederla fallire sul nascere. Il tutto con ingente spreco di soldi pubblici di cui nessuno verrebbe chiamato a rispondere e a discapito di un popolo, quello sardo, del tutto impossibilitato a godere di infrastrutture e servizi pur corrispondendone il costo. Meditiamo.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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