L’Abruzzo conferma Marco Marsilio, che resta alla guida della Regione. Il candidato del centrodestra si impone su Luciano D’Amico, campo largo: nei 1.634 seggi (scrutinio completato alle prime ore del mattino) è finita 53,5% (327.660 voti) contro 46,5% (248.748).  Non era ammesso il voto disgiunto. La soddisfazione, in un post su X, della premier Giorgia Meloni: «È per noi grande motivo d’orgoglio che i cittadini abruzzesi abbiano voluto continuare a dare fiducia e Marco Marsilio e con lui al centrodestra». Dopo la sconfitta in Sardegna, il voto per le regionali abruzzesi era molto atteso dalle segreterie nazionali dei partiti. «Mai negli ultimi 30 anni un presidente era stato riconfermato: è stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro», così Marsilio già in nottata ha commentato i risultati delle regionali.

Si è votato solo nella giornata di ieri, seggi aperti dalle 7 alle 23, affluenza ai seggi del 52,2%, in leggero calo rispetto al 2019.  Lo spoglio, a differenza di quanto successo nell’Isola per la chiamata alle urne del 25 febbraio, è iniziato immediatamente. Il vantaggio di Marsilio (sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati, ai quali si aggiungono l’Unione di Centro e la lista civica “Marsilio Presidente”) è apparso subito evidente rispetto Luciano D’Amico, del campo “larghissimo” (Pd, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra e Azione, oltre che dalle liste civiche “Abruzzo Insieme-D’Amico Presidente”, “Riformisti e Civici” e “Abruzzo Vivo”). 

Il partito che ha ottenuto più voti è Fratelli d’Italia (24,10%), davanti a Pd (20,29%). Nel centrodestra grande risultato per Forza Italia (13,44%), mentre la Lega si è fermata al 7,56%. Male, nell’altro schieramento, il Movimento 5 Stelle, al 7,01%.

«Il campo largo non è il futuro dell'Abruzzo», ha detto il neo presidente Marsilio, «perché era il suo triste passato. Il campo largo non sarà il futuro dell'Italia». Pd e M5S delusi sottolineano l'astensionismo al voto. «Questo è molto grave per la democrazia. Un brutto dato». A differenza di quanto successo in Sardegna, con 4 candidati in corsa (Truzzu, Todde, Soru, Chessa), a caratterizzare le regionali di domenica 10 marzo è stato il bipolarismo, con un sistema sistema elettorale che prevedeva un voto secco, niente disgiunto, senza quelle possibilità che hanno favorito – nell’Isola – il campo largo con l’ascesa di Alessandra Todde.

(Unioneonline/v.f.)

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