Reddito di Cittadinanza sì, sia pure opportunamente “rivisitato”, Quota 100 no. Con Mario Draghi le due “misure” pilota del contestatissimo Governo Giallo-Verde intraprendono “corsie” finalisticamente differenziali. Disparità di trattamento? Niente affatto. Solo equilibrio istituzionale, sia pure non compreso dal segretario della Lega Matteo Salvini il quale, anche a tutto voler concedere in termini di pura e semplice “opportunità”, sembra destinato a dover pagare a caro prezzo la sua adesione al Governo di Unità Nazionale.

In buona sostanza, se questo era il suo modo per conquistare un certo peso parlamentare sull’esecutivo di nuova e inedita formazione e rivendicare così gli eventuali risultati perseguiti in quella sede, allora, a questo punto, deve prendere atto, una buona volta, che l’intento è miseramente fallito. Anche perché, occorre dirlo, l’impatto dei Partiti tutti, e non solo della Lega, sulle attività dell’esecutivo è ridotto oramai ai minimi termini siccome l’organo decisionale e decisionista collettivo è senza ombra di dubbio il Consiglio dei Ministri.

Il verdetto è reso: Quota 100 va cancellata, seppure con gradualità; e su Mario Draghi, suo malgrado, trattandosi fin dalla sua introduzione di “misura” (Quota 100 si intenda) provvisoria di durata triennale, incombe l’onere di dover giustificare il “ritorno” (si fa per dire) alla Legge Fornero in realtà continuativamente operante.

Quota 100, diversamente da quanto in tanti hanno voluto disperatamente credere, sia pure non si veda come, non ha mai avuto il carattere strutturale tipico di un’autentica Riforma Pensionistica: si è trattato di un pre-pensionamento temporaneo, anticipato, e per giunta penalizzato, che andrà a scemare a fine anno 2021. Il solo sostenere, come sembra sostenere Matteo Salvini, che senza Quota 100 si ritorna ai meccanismi della Legge Fornero, dunque, è a dir poco intellettualmente disonesto. Mario Draghi, ci piaccia oppure no, farà solo ciò che deve essere fatto: intanto, perché il rinnovamento promesso deve necessariamente procedere di pari passo con la cancellazione di ogni ricordo di quella che fu l’esperienza di Governo Giallo-Verde; quindi, perché, con tutta evidenza, tra le varie esigenze da soddisfare, vi è pure quella inerente l’offerta di una alternativa governativa finalisticamente orientata al superamento dei sovranismi in qualunque declinazione essi intendano manifestarsi; infine, perché l’imperativo categorico, e la cifra, dell’azione politica di Mario Draghi si sostanzia nell’idea di programmazione futura senza dover rincorrere l’interesse immediato di un presente compromesso e incerto.

Ma, al di là di ogni valutazione politica in senso stretto, esiste una sola verità incontestabile la quale riassume tutte le ragioni del fallimento dell’inedito, quanto oltre modo banale, canale di pensionamento: ossia, per un verso, quella per cui quella stessa medesima misura ha interessato solo una sparuta minoranza di lavoratori creando addirittura una evidente disparità di trattamento con quanti, non essendo in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi “arbitrariamente” richiesti, hanno continuato a patire gli effetti della odiosissima Legge Fornero; ossia, per altro verso, quella per cui Quota 100, lungi dal favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro, sembra aver unicamente svuotato il bacino occupazionale annullando ogni ipotesi di turn-over razionale e razionalizzato. Il flop è evidente, e prima Matteo Salvini si rassegnerà ad accettarlo, prima sarà superato l’amaro ricordo di una esperienza di governo che, nei fatti, si è tradotta con l’inizio del suo graduale declino.

Al contrario, la Riforma del Reddito di Cittadinanza si presenta al cospetto degli italiani quale fiore all’occhiello del “Premier” per essere, ancora una volta, e più efficacemente, “misura di contrasto alla povertà” in un contesto storico ove le esigenze legate alla ripartenza economica, e più in generale alla ricostruzione sociale, sembrano rappresentare, e in realtà rappresentano, la priorità. Sebbene siffatta “misura” abbia in passato fallito nel suo intento secondario, quello relativo al dato occupazionale, tuttavia, ad oggi, attraverso opportuni aggiustamenti, e secondo le valutazioni del presidente del Consiglio dei Ministri, può ancora perseguire anche quell’intento originario attraverso un disegno di riforma caratterizzante le politiche attive del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Sarà sufficiente estendere la platea dei beneficiari e renderne maggiormente omogenei gli effetti, come pure modificarne i meccanismi di ingresso nel mondo del lavoro. È chiaro che questo stato di cose, con buona pace di quanti vogliano credere ad una permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi, ha determinato, e continuerà a determinare, scossoni violenti in seno all’attuale maggioranza di governo che, anche a tutto voler concedere, sembra favorire la grande coalizione di centro-sinistra, non foss’altro per la sua indiscussa compattezza organica. Si tratterà ora di considerare e valutare gli effetti a breve e medio termine degli interventi del presidente del Consiglio dei Ministri e i riflessi che saranno idonei a ingenerare sul futuro delle formazioni partitiche. Reddito di Cittadinanza e Quota 100 non sono, infatti, pure e semplici “misure” economiche. Sono l’espressione significativa di un preciso ritratto di governo i cui esiti si sono tradotti nella “cancellazione” di ogni “passaggio” della Lega di Matteo Salvini condannata all’opposizione a prescindere dai suoi collocamenti di circostanza.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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