Un cerimoniale antico, preciso e dettagliato. È quello che regola i momenti successivi all’elezione del nuovo presidente della Repubblica, in parte normato dalla Costituzione e in parte frutto della tradizione. 

Un processo che può richiedere più o meno giorni (Pertini e Saragat si insediarono nel giro di 24 ore, Gronchi quasi due settimane dopo l’elezione).

Secondo regole e prassi, è formalmente il presidente della Camera, dopo il raggiungimento del fatidico quorum in aula, a dare la notizia al nuovo Capo dello Stato. 

E sempre nelle mani del presidente della Camera il nuovo presidente deve giurare, in Parlamento, prima di tenere il suo discorso di insediamento. 

A salutare l’annuncio della fumata bianca è anche il rituale delle 21 salve di cannone sparate dal colle Gianicolo di Roma. 

Tra i primi “compiti” del nuovo Capo dello Stato c’è poi la visita all’Altare della Patria, per rendere omaggio al Milite ignoto, mentre i cieli della Capitale vengono colorati dalle scie delle frecce tricolori. 

Dall’Altare della Patria, poi, tradizione vuole che il nuovo presidente raggiunga il Quirinale (sulla Lancia Flavia realizzata da Pininfarina per Giovanni Gronchi negli anni Sessanta) per ricevere gli onori militari. 

Una volta al Colle, il nuovo presidente consegna al suo predecessore l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce e lo stesso predecessore, diventato in automatico senatore a vita in quanto ex Capo dello Stato, trasloca negli uffici di Palazzo Giustiniani. 

Sempre al Quirinale il nuovo presidente riceve, infine, la visita delle più alte cariche istituzionali e politiche. Quindi ha inizio il suo mandato. 

Una lunga serie di riti che ovviamente partono dal presupposto che il presidente entrante e quello uscente siano due persone diverse. Ma nel caso in cui il Parlamento decida di confermare il presidente uscente, il cerimoniale necessariamente cambia e tutto si svolge molto più in sordina. 

Il precedente è quello di Napolitano, riconfermato nell’aprile 2013. In quel caso il discorso di insediamento si trasformò in un duro j'accuse ai partiti "sordi e incapaci di collaborare nell'interesse del Paese”. E il tour per Roma fino al Quirinale, così come la tappa al Vittoriano avvennero senza sirene né clacson, in maniera silenziosa e discreta a bordo di una Lancia Thema.

(Unioneonline/l.f.) 

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