Stando a quanto appreso dai principali organi regionali di stampa, parrebbe proprio che il Partito Democratico Sardo si sia risolto nel senso di rinunciare, nella presente circostanza, in via definitiva, e forse non altrimenti discutibile, alle cosiddette “primarie” al solo fine di favorire la compattezza dell’alleanza di centrosinistra (M5s, Progressisti e Indipendentisti), ma in realtà, sembrerebbe, con il Movimento 5 Stelle che, fin dal principio, vi aveva messo il suo insindacabile veto.

Insomma, benché si sia precisato che lo strumento delle primarie continui a rappresentare, «in linea con quanto scritto nello statuto, il metodo da privilegiare per la scelta della candidatura a presidente della Regione», tuttavia, siccome siffatto criterio di scelta avrebbe potuto compromettere l’unità e la tenuta della alleanza, si è deciso di, per così dire, “sospenderne” l’operatività sia pure solo temporaneamente.

Se sia stata una scelta opportuna saranno solo le urne a stabilirlo, e certo si comprende oltremodo la necessità di unione delle energie per evitare il fenomeno della dispersione e /o frammentazione del voto e favorire indirettamente la coalizione concorrente. La coalizione di centrosinistra, in particolare, parrebbe volersi proporre quale complesso di sensibilità, che pur essendo espressione sintetica, ciascuna componente, di una medesima (o quasi) matrice ideologica (almeno tale pare essere la impressione), tuttavia, la declinerebbe, come di fatto la declina, a differente e concorrente (talvolta) soggettività. Probabilmente per questa ragione si procederà a stilare, come annunciato, una lista di criteri per individuare il candidato presidente, tra cui sembrerebbe emergere la “capacità di tenere unite le forze politiche e i movimenti che costituiscono la coalizione” non senza tralasciare il “peso elettorale rappresentato dai componenti del tavolo”.

Ebbene. Se tutto dipendesse dal Tavolo di confronto, nulla quaestio, ma il gradimento dei potenziali elettori di centrosinistra sulla eventuale scelta a monte ove si collocherebbe? Il centrodestra (ma forse solo Psd’Az e Lega?), dal canto suo, parrebbe porsi ai nastri di partenza con lo slancio in avanti del presidente uscente, il quale parrebbe volersi riproporre al gradimento del Popolo Sardo all’insegna della continuità. Di primarie, che pure, con buona verosimiglianza, male non sarebbero all’interno di una coalizione rimasta “orfana” del Presidente Silvio Berlusconi, quale espressione fortissima di compattezza e buona riuscita di una alleanza inedita di sua geniale creazione, non pare parlarsene.

Ma, al di là delle scelte di campo, non sarebbe stato, e/o non sarebbe meglio, da ambo le parti si intenda, consultare l’elettorato sardo al fine di conoscerne il gradimento per l’espressione soggettiva di colui o colei che saranno poi espressione dell’una o dell’altra coalizione e, in ultima analisi, della regione sarda? Tanto più allorquando, guardando alle esperienze passate dell’intero territorio italiano, le applicazioni prime delle elezioni primarie in Italia si siano avute proprio in un contesto di rilievo amministrativo e regionale siccome finalizzate alla piena ed efficace valorizzazione delle formazioni politiche a livello periferico. Cosa sembrerebbe essere cambiato? Perché le elezioni primarie, se si esclude l’eccezione risalente nel tempo, e salvo errore, delle elezioni primarie romane in seno ad Alleanza Nazionale, parrebbero sempre essersi poste come una prerogativa del centrosinistra?

Intendiamoci: le dinamiche politiche, e di conseguenza partitiche, non possono che essere figlie dello scorrere dei tempi e delle articolazioni sociali che di volta in volta caratterizzano i differenti periodi, ma, probabilmente, a permanere identica nel tempo dovrebbe essere la salvaguardia della partecipazione democratica quale coinvolgimento diretto delle unità e frazioni di Popolo che i diversi partiti intendono rappresentare attraverso la propria proposta politica, e quindi, in ultima analisi, il rapporto diretto e coinvolgente tra la “leadership” e la “base”.

Dicendolo altrimenti, si potrebbero riassumere in circa tre step i canali di intervento per la scelta del futuro candidato presidente: 1) promozione della massima partecipazione da parte di militanti ed elettori alla scelta del candidato comune alla carica di Presidente della Regione Sardegna; 2) conservazione dell’esigenza di salvaguardare le dichiarate e comprensibili ragioni di unità intorno ad una autorevole leadership, quale essa sia; 3) capacità della leadership a rendersi portatrice ed esecutrice di un programma condiviso, per fungere da guida per la coalizione nella sua interezza durante la campagna elettorale e, nella ipotesi di vittoria, capacità di guidare il Governo per l’intera legislatura. Facile a dirsi probabilmente, ma non altrettanto facile a farsi, forse (la formula dubitativa pare doverosa), laddove paia mancare (e ribadiamo il “paia”) la cosiddetta “massima partecipazione”.

Certamente, a livello argomentativo e solo per offrire un ragionamento ipotetico di massima, è innegabile che qualsiasi metodologia si intenda adoperare, la stessa sarebbe in ogni caso idonea a presentare criticità di sistema allorquando ad esempio, nel contesto ed in occasione delle primarie per l’individuazione di una candidatura, il risultato possa essere, per così dire, “predeterminato” dalle Segreterie di partito e le cosiddette primarie, di conseguenza, siano indette solo per portare a ratifica popolare l’accordo raggiunto. Circostanza, quest’ultima, che rischierebbe di ridurre le primarie a mera apparenza finendo per confermare il potere di scelta dei partiti politici. All’inverso, primarie altamente competitive potrebbero condurre a “candidature di rottura”, ossia non appoggiate dalla dirigenza dei partiti maggiori, con ogni comprensibile conseguenza sul piano della tenuta delle alleanze. A significare che forse, tutto sommato, la scelta operata nel caso di specie, e a monte, dalla coalizione sarda di centrosinistra non sarebbe da biasimare alla luce delle molteplici sfumature esistenti soprattutto laddove si consideri che la eventuale prevalenza di un potenziale candidato scelto dalla base degli elettori, potrebbe determinare l’indebolimento delle forze partitiche maggioritarie per non essere dalle rispettive segreterie totalmente gradita appoggiata.

Detto questo, non si sia indotti a ritenere sopito il valore delle elezioni primarie, le quali, ed invero, considerata la scelta financo comprensibile del centrosinistra sardo, potrebbero, all’inverso, costituire un formidabile valore aggiunto all’interno della coalizione avversaria, per essere un elemento di rottura con le metodologie del passato. Del resto, ogni novità si caratterizza per il vantaggio della curiosità che è idonea a trasportare, e potrebbe favorire l’affluenza alle urne negli ultimi tempi ridottasi grandemente, e non solo a livello regionale. Dicendolo altrimenti: ogni scelta in controtendenza, nella situazione attuale, potrebbe rappresentare la chiave vincente. Insomma, la scelta, da ambo le parti, sarà difficile sotto differenti e molteplici punti di vista, e comporta prioritariamente la determinazione di un programma articolato di riforme utili da portare avanti nell’interesse comune. Non resta che attendere l’individuazione dei candidati Presidenti per comprendere che tipo di quinquennio si dovrà attendere, con lo sguardo sempre rivolto al futuro verso la piena realizzazione delle prerogative e delle esigenze della realtà isolana.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

© Riproduzione riservata