Che paia da sempre essere mancato, in Italia, un approccio pragmatico sulla questione migratoria sembrerebbe essere la sensazione prevalente. Parimenti, sembrerebbe difettare, e il condizionale è sempre e comunque di obbligo, la prontezza necessaria, sul piano della comunione di intenti tra le differenti forze politiche di maggioranza e di opposizione, nel riuscire a rinvenire una linea programmatica direttrice, utile a consentire una gestione, razionale e razionalizzata, di un fenomeno che non accenna a placarsi, quanto meno nel futuro prossimo e venturo siccome, verosimilmente, destinato a crescere in forza delle sue fisiologiche dinamiche naturali.

Tanto più allorquando le misure emergenziali per decreto, di qualunque natura e consistenza, lungi dal porsi come anche solo pallidamente risolutive, parrebbero piuttosto attestarsi alla stregua di tiepidi palliativi generatori di vivaci contestazioni destinate gioco-forza a catalizzare l’attenzione generale allontanando dalla sua soluzione la questione di base. Da ultimo, il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale parrebbe concernere la "Indicazione dell'importo e delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l'accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato".

La "garanzia finanziaria" di cui all’articolo 1 viene definita "idonea quando l'importo fissato (sarebbe) in grado di garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità: a) di un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; b) della somma occorrente al rimpatrio; c) di mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona".

Ebbene. Anche a voler prescindere dalla circostanza che la Corte di Giustizia Europea, già nell’anno 2020, sembrerebbe aver sanzionato una misura analoga introdotta a suo tempo dall’Ungheria, e anche a voler prescindere, sia pure non si veda come, dalla sola opportunità di una misura che parrebbe largamente discutibile sul piano delle differenze che parrebbe essere idonea a rimarcare sul piano squisitamente umano, comunque, la accettazione del “migrante” e/o potenziale “rifugiato” sul territorio nazionale non parrebbe potersi lasciare dipendere dalla possibilità di ciascuno di garantire la dazione di una “garanzia” di carattere finanziario tanto ingiustificata, quanto, invero, inutilmente discriminatoria siccome ancorata alle condizioni soggettive degli ospiti stranieri.

Dicendolo pure altrimenti: sarebbe stato a monte necessario, da parte del Governo in carica, riflettere prioritariamente sulla efficacia di una misura che, tutto sommato, finisce per inasprire i criteri di valutazione già sussistenti in materia, nella mancanza sostanziale di una politica sui rimpatri votata all’efficientismo, conseguendone, piuttosto, e diversamente da quanto si sarebbe voluto evitare, l’incremento, sul territorio, di persone potenzialmente prive di documenti e per ciò stesso, potenzialmente soggette di sfruttamento da parte della criminalità per trovarsi in una condizione di fragilità e precarietà.

Intanto, perché, nel contesto della intera vicenda inerente la questione migratoria nel suo complesso, dalla sua valutazione al tentativo della sua gestione, ad essere emersa parrebbe essere stata unicamente la difficoltà di un apparato di governo che, anche al di là delle diverse promesse elettorali probabilmente mancate sul punto, si è dovuto scontrare con una realtà impattante che la ideologia in sé e per sé considerata non appare idonea a condurre a soluzione veruna.

Quindi, perché, al contrario, il pragmatismo sostanziale e formale appare quale unica via di azione confacente alle esigenze di un “Sistema Paese” che, sul piano politico, probabilmente, dovrebbe iniziare a “riscrivere” (se così si può dire), in parte modificandole, le proprie priorità proprio ripartendo dalla “questione sociale” nella sua interezza considerata. Le criticità, lungi dall’avere carattere emergenziale, e dal poter essere considerate e trattate come tali, sembrerebbero oramai essersi cronicizzate, e ogni approccio anche solo pallidamente votato alla “chiusura” non pare potersi considerare alla stregua di una soluzione utile.

Inoltre, perché, probabilmente, sarebbe più utile, e financo maggiormente funzionale, allargare le maglie della rete legale di accoglienza, ovvero della mobilità in ingresso nel Paese, la quale, per tutta evidenza, sarebbe utile a garantire arrivi regolari e a favorirne la pianificazione razionale trasformando il fenomeno migratorio in una considerevole opportunità di sviluppo e crescita condivisa pure sul piano stesso del welfare.

Infine, perché, la riduzione, perpetrata negli anni, di ogni canale legale di arrivo e il continuo, quanto assai poco confacente sul piano degli effetti, irrigidimento delle normative di volte in volta introdotte, parrebbe unicamente aver avuto effetti contrari a quanto si sarebbe in realtà voluto conseguire, siccome, per un verso, parrebbe aver inconsapevolmente potenziato i rischi riconnessi agli spostamenti via mare e, per altro verso, parrebbe aver contribuito a far salire i livelli di precarietà dei lavoratori immigrati, come da più parti sempre evidenziato.

Intendiamoci insomma: fino a che la integrazione, la inclusione, la condivisione non diverranno realtà cogenti non solo sul piano linguistico tornando al centro dell’azione politica di Governo, ma anche e soprattutto sul piano sostanziale e sociale, non parrebbe potersi rinvenire alcuna soluzione utile ad un fenomeno che andrà in continuo crescendo. Provvedimenti, quale quello di carattere monetario da ultimo introdotto dal Governo Meloni in materia di migranti, lungi dal restituire l’idea di un apparato politico pronto nel gestire una condizione divenuta nel corso degli anni strutturale, parrebbe invece (perlomeno questa sembra essere la impressione di fondo) evidenziarne le difficoltà. Il momento storico che il Paese si trova ad attraversare è assai complesso, e probabilmente, a dover cambiare, prioritariamente, dovrebbe essere il sistema delle dinamiche inerenti i rapporti tra la maggioranza di governo e le opposizioni. Forse sarebbe utile, al di là di ogni differenza ideologica, assumere un atteggiamento di cooperazione funzionale al miglior interesse del Paese in ogni settore e campo della vita e della quotidianità. Umanità e accoglienza innanzitutto quale punto di partenza per una nuova e inedita impostazione sociale del Paese Italia.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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