Dribbla le frasi fatte, ripudia i fronzoli e rigetta gli slogan. Stefano Tunis, padre del movimento “Sardegna20Venti”, ama la concretezza e propone soluzioni “alternative” che si basano su studi e dati. È candidato nel collegio plurinominale sotto l’insegna di “Noi moderati” all’interno della coalizione di centrodestra.

Il primo passo per mettere in un cassetto il progetto “Sardegna20Venti”?

«Ma assolutamente no, anzi il contrario. Partecipiamo al cartello “Noi moderati” esattamente come fanno gli altri movimenti civici che sposano ad esempio il popolarismo europeo come noi. Abbiamo un obiettivo chiaro: “contaminare” la politica nazionale con le rappresentanze locali e in particolare con i sindaci, che sono purtroppo abbandonati da tutti. Ci si dimentica troppo spesso che il Paese è in larghissima parte amministrato, a livello locale, da liste civiche che vengono sistematicamente dimenticate quando si devono comporre le candidature nazionali».

Qual è l’apporto di “Sardegna20Venti” all’interno di “Noi moderati”?

«Rafforzare con idee e concretezza questa unione con un occhio di riguardo al mondo dei giovani e della scuola. E poi mantenere la barra ferma in difesa dell’ambiente».

Centrodestra, centrosinistra, Movimento 5 Stelle: quale spazio può avere un’area moderata?

«Guardi, a livello regionale il compianto Giorgio Oppi stava lavorando alla costruzione di una vera area centrista raggruppando le migliori energie moderate. E lo faceva con Mario Floris che rimane il padre materiale di questa visione e di questo progetto. Antonello Peru e Andrea Biancareddu stanno contribuendo dando qualità a questo lavoro. È un cantiere a cui stiamo lavorando anche noi. Ma voglio chiarire una cosa».

Prego.

«Ci sono moderati e moderati. Noi partecipiamo a una coalizione per portare i moderati a governare, gli altri, vedi Calenda e Renzi, si professano moderati e basta».

Spazio ai temi della campagna elettorale: caro-bolletta.

«Livello nazionale: no a far indebitare le famiglie per pagare le bollette e no ad un ulteriore indebitamento dello Stato. Bisogna riprendere in mano la politica energetica, messa nel dimenticatoio da oltre 10 anni, e puntare sul gas naturale. Livello regionale: la Sardegna deve avere una configurazione energetica che sia coerente con lo sviluppo in ambito sociale e produttivo. Quindi puntare sull’energia rinnovabile, sugli accumulatori e soprattutto sulla ricerca del gas nel sottosuolo dell’Isola».

Insularità, tutti dicono che adesso bisogna riempire di contenuti il principio costituzionale.

«Intanto sarebbe bene non svuotarla. Ho sempre sostenuto questa battaglia, ho raccolto le firme affianco al comitato e adesso bisogna arrivare a una vera insularità».

Che passa dalla continuità territoriale.

«Scontato dire che in questo caso la partita si gioca in sede dell’Unione europea, come d’altronde è sempre stato. Da una parte dobbiamo raggiungere un prezzo che sia ragionevole per tutti e dall’altro assicurare la continuità ai residenti. Il gap della Sardegna comprende sia la mobilità e sia la capacità ricettiva. Bisogna ottenere su questo una risposta coerente».

Capitolo sanità.

«Due giorni fa ho partecipato a un incontro a Monza e l’impressione avuta è che in Lombardia ci sia una sanità “più armoniosa” con la presenza dei privati nel pubblico. In realtà ci sono gli stessi problemi che abbiamo in Sardegna: mancano medici e infermieri. E mancano perché c’è stata un’errata programmazione che oggi stiamo pagando».

La soluzione?

«Andiamo oltre il numero chiuso in medicina. La criticità da superare è legata alla responsabilità professionale dei medici che crea problemi amministrativi sulla gestione delle risorse umane che invece ha bisogno di maggior flessione. È necessario aumentare il livello operativo dei paramedici e spingere molto sulla telemedicina. Oggi una diagnosi si può fare tranquillamente in remoto ma la responsabilità professionale invece impone un radiologo in presenza per l’anamnesi. Infine, bisogna pagare di più i medici e il personale sanitario. Ripensare alla carriera dei medici e degli infermieri: oggi il sistema salariale è davvero a livelli infimi».

Che vale per tutti i lavoratori.

«Assolutamente sì. Non esiste una politica reddituale delle aziende perché si è sempre pensato a tenere sotto controllo l’inflazione e oggi ci stiamo accorgendo che questo sistema ci sta schiacciando».

Crollo demografico in Sardegna, e non solo.

«Colpa della politica del centrosinistra che ha voluto concentrare i servizi sulle grandi aree urbane. Guardi Cagliari: alta concentrazione di servizi e unica realtà nell’Isola dove il valore immobiliare è salito. Risultato: per un giovane, per una coppia, per chi non ha un lavoro fisso è impossibile vivere nel capoluogo sardo e allo stesso tempo è difficile vivere al di fuori, dove i servizi non esistono. Un corto circuito che è la vera causa dello spopolamento. Dove si può stare non c’è nulla, dove ci sono servizi non ti puoi permettere di comprare una casa».

Come uscirne?

«Investimenti strutturali sulle nuove generazioni. Gli aiuti per inserimenti sociali vanno dati ai giovani che escono dalle scuole e in base a diversi aspetti. Un nuovo Master&back che miri a far restare qui le migliori qualità. Un progetto immediatamente realizzabile visto che i fondi strutturali non mancano di certo. Ciò che manca è la visione, purtroppo».

Michele Masala

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