È "un'emozione" per l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni tornare al Viminale, questa volta in veste di presidente della Consulta contro il caporalato. E ha assicurato che la sua nomina non è stata una provocazione nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini.

A sceglierlo è stato il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, da tempo nel mirino del segretario del Carroccio (che ne ha più volte chiesto le dimissioni) per la gestione dell'ordine pubblico e dell'immigrazione.

Con lei "ho voluto parlare direttamente", ha spiegato Maroni, "che mi ha assicurato che non c'è dietro nulla che vada al di là delle mie competenze".

"Credo di avere i titoli adatti per questo incarico", ha affermato l'ex ministro, che ha ricordato di essersi già occupato di caporalato e lavoro nero quando guidava i dicasteri del Lavoro e dell'Interno.

L'ex presidente della Regione Lombardia ha poi ribadito con forza: "Sono leghista e resterò nella Lega finché campo". 

Ha dichiarato inoltre di riconoscersi anche nella Lega attuale che, seppure a vocazione ormai nazionale, "non ha abbandonato le istanze del Nord".

Ha però criticato le scelte del partito a proposito delle elezioni comunali di Roma e Milano, ammettendo che i candidati di centrosinistra erano migliori: "Gualtieri e Sala si presentavano più solidi dei loro avversari". 

(Unioneonline/F)

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