Mario Draghi ottiene la fiducia in Senato, ma la ottiene risicata, con soli 95 voti, per la decisione di Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia di non partecipare al voto. Dunque le sue dimissioni, già presentate e poi respinte da Mattarella per il passaggio parlamentare, diventano definitive.

Secondo fonti il presidente del Consiglio annuncerà domani nell'aula della Camera, all'inizio della discussione generale, la propria intenzione di andare a dimettersi al Quirinale dove non è salito questa sera.

Nel suo discorso a Palazzo Madama era stato chiaro: “C’è bisogno di un governo forte e coeso. All'Italia serve un nuovo patto di sviluppo concreto e sincero. Partiti, siete pronti a ricostruire questo patto?”.

Una chiamata all’unità nazionale in nome della quale aveva accettato l’incarico a Palazzo Chigi, venuta però meno al termine della resa dei conti in Senato, convocata in seguito alla crisi di governo aperta la settimana scorsa dal Movimento 5 Stelle.

Una giornata (LA CRONACA) dall’epilogo per nulla scontato, visti gli scenari che, nel corso delle ore, si sono succeduti, cambiando e ricambiando, fino a sera, quando l’inizio della fine per l’esecutivo si è concretizzato.

IL DISCORSO DI DRAGHI – Nel lanciare la sua sfida ai partiti, Draghi aveva chiesto ai partiti di garantire “la legittimità democratica dell'esecutivo e la sua efficacia". Ma il suo intervento era stato costellato anche di strali, soprattutto ai 5 Stelle, per i ripetuti attacchi sulle possibili modifiche a superbonus e reddito di cittadinanza (senza contare la politica estera).

Draghi, nel suo intervento, non ha risparmiato – senza mai citarla – neppure la Lega, per gli scossoni imposti nelle ultime settimane all’attività dell’esecutivo. E alla fine proprio la Lega, assieme a Forza Italia, ha presentato – “stupita” per le parole del premier – la propria condizione per non staccare la spina al governo: si va avanti, ma con un nuovo patto e – soprattutto – senza il Movimento 5 Stelle.

LE RISOLUZIONI – Dal canto proprio, Draghi, nelle controrepliche, è stato lapidario: la risoluzione da votare deve essere quella presentata dal senatore Casini. Ovvero: “Si approvano le dichiarazioni del presidente del Consiglio”. Punto. Della serie: se mi volete bene, altrimenti arrivederci e grazie.

E alla fine Lega e Forza Italia, così come il Movimento 5 Stelle, hanno scelto di non partecipare al voto o di restare in aula ma senza votare, per non far mancare il numero legale. Ed è stata fiducia, sì, ma striminzita, insufficiente - politicamente – per andare avanti. Una conclusione che lascia strascichi e apre di fatto la campagna elettorale in vista del voto, che si terrà presumibilmente in autunno.

IL M5S – "Lei, presidente Draghi, aveva detto che un governo di alto profilo non deve identificarsi con nessuna forza politica. Mi permetta di dire che un governo di alto profilo non dovrebbe nemmeno schierarsi nettamente con una forza politica, come invece è stato fatto", ha detto la capogruppo del M5s al Senato, Mariolina Castellone nella sua dichiarazione di voto, rinfacciando a Draghi di aver tentato di smantellare i cavalli di battaglia pentastellati, dal reddito di cittadinanza al superbonus.

FI E LEGA – “Con amarezza ma con la tranquillità di chi ha tentato fino alla fine di trovare una soluzione Forza Italia non parteciperà al voto di fiducia”, le parole, invece, della capogruppo azzurra Bernini.

Quanto alla Lega, non ha parlato Matteo Salvini, ma il senatore Stefano Candiani: “Il problema non è lei, presidente Draghi, che è una figura di garanzia e stabilità, ma sono il Pd e il M5s che hanno creato solo fibrillazione in questo percorso".

“Tutto - ha aggiunto Candiani – è naufragato sull'incoerenza del M5S che in questa maggioranza, come già avevamo verificato, ha messo solo fibrillazione su fibrillazione".

IL PD – “Oggi è stata una giornata drammatica per l'Italia”, si legge invece in una nota diffusa dal Pd. “Le scelte di Lega e Forza Italia da una parte e del M5S dall'altra sono gravi, sbagliate. Purtroppo, sarà tutto il Paese - i cittadini e le cittadine, a partire da quelli più fragili e più spaventati - a pagare il conto di queste scelte. Una crisi sbagliata fin dall'inizio che è oggi esplosa nel modo peggiore. Chi ha affossato il Governo Draghi – concludono i dem - è andato contro l'Italia". Poco prima il segretario democratico Enrico Letta aveva parlato, in un tweet, di “un giorno di follia”.

GELMINI LASCIA, MELONI ESULTA – Fermento anche in Forza Italia, che perde Mariastella Gelmini, che ha deciso di lasciare il partito dopo anni di militanza, in protesta contro la decisione di seguire la linea della Lega. "Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini", ha spiegato la senatrice.  

Giorgia Meloni, invece, esulta: "Se tutto va bene si potrà votare anche tra due mesi, noi siamo pronti", ha detto la numero uno di Fdi. 

"Siamo diventati il bersaglio di un attacco politico, siamo stati messi alla porta, non c'erano le condizioni perché potessimo continuare con leale collaborazione", le parole del presidente del M5s Giuseppe Conte.

RENZI – Amaro, infine, il commento di Matteo Renzi, leader di Italia Viva: “Da domani nulla sarà più come prima. Ma oggi c’è da dire solo grazie a Mario Draghi. Orgogliosi di averlo voluto contro tutto e contro tutti. Orgogliosi di averlo sostenuto anche oggi”, il suo tweet dopo il voto. 

La parola, ora, passa al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

(Unioneonline/l.f.)

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