Le elezioni amministrative di domenica scorsa, tenutesi con qualche mese di ritardo per effetto della pandemia, erano molto attese in uno Stato, la nostra Italia, dove anche la consultazione in un piccolo centro assume una valenza politica nazionale. Troppo lungo sarebbe esaminare le motivazioni: di fatto, incide il carattere intestino che pervade la popolazione del Belpaese, con una contrapposizione ideologica che supera i livelli di guardia, ben surrogata da certi organi di stampa e programmi televisivi aventi come ospiti i non dimenticati "urlatori alla sbarra", costituenti, spiacevole ma doveroso affermarlo, una vera e propria malattia sociale.

Contano nel nostro Paese le apparenze, i proclami di pseudo protagonisti delle forze politiche, la mancanza di adeguate proposte.

Ancora più macroscopica è l'assenza del "confronto": alzi la mano chi ha assistito in Italia ad un dibattito televisivo, con regole chiare, avente per protagonisti contemporaneamente Salvini, Letta, Meloni, e Conte. Non avverrà mai, a differenza di quanto avviene in consolidate democrazie, e la motivazione va ricercata nell'evidente timore, da parte di alcuni dei suddetti, di incorrere in infortuni linguistici ed esposizione dei programmi, facilmente contestabili.

Il 4 ottobre erano chiamati alle urne 12 milioni di italiani, principalmente per l'elezione dei sindaci. Ha accettato di svolgere tale mansione il 55% degli aventi diritto.

Trattandosi di elezioni amministrative, tale percentuale avrebbe suscitato soddisfazione ed entusiasmo in buona parte delle democrazie mondiali. In Italia, viceversa, si è gridato allo sconforto, delusione, il grigio imbrunire che precede il buio politico totale.

Di peggio, entrando nei sottili e misteriosi meandri delle opinioni scaturite dalla consultazione appena conclusa, c'è chi ha attribuito alla per lui miserrima partecipazione popolare la causa prima della disfatta, dimenticando di evidenziare la causa prima dell'insuccesso.

Con la punta di diamante costituita dall'ex sindaco meneghino Albertini, che addirittura ha proposto a Beppe Sala l'assunzione nella Giunta di assessori dell'opposizione.

In questa diatriba con venature tendenti alla comicità, con un trambusto compulsivo che tanto ricorda il capolavoro di Billy Wilder "Prima pagina" con protagonisti Jack Lemmon e Walter Matthau in stato di grazia, bene faremmo noi italiani a porci delle domande che devono necessariamente esulare da ideologie preconcette.

In primo luogo, a parere dello scrivente, considerato quanto offriva la consistenza intellettuale delle persone in lista, il 55% di partecipazione è estremamente positivo. Riferito agli stati scandinavi, dove l'elettore per sua natura segue il principio "chi tace acconsente" e segue una tradizione consolidata, oppure ai Paesi in genere con democrazie tendenti ad una normale rotazione governativa senza sussulti, tale percentuale deve ritenersi ottimale.

Viceversa, meglio considerare altri fattori concomitanti e per nulla costituenti ottimismo: la qualità dei sindaci in competizione ed un confronto con i predecessori.

Nel caso milanese, l'ultimo vero appassionante confronto fra gli aspiranti, a giudizio del sottoscritto, è stato quello fra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti.

Per Roma, ahimè, sarebbe meglio sorvolare, ed il sindaco che fuoriuscirà dal prossimo ballottaggio non passerà di certo ai libri di storia. Gli ultimi indimenticabili da menzionare, decenni e decenni or sono, sono stati lo storico dell'Arte Argan, con la nostra bellissima Maria Carta come assessora, e Petroselli, molto amati dalla cittadinanza.

Per Bologna nessuno potrà mai paragonarsi a Renato Zangheri.

Sarebbe assai positivo che la carta stampata, affinché l'italiano medio non scivoli mestamente, e sarebbe estremamente pericoloso, verso una sorta di menefreghismo passivo che vede nell'avversario ideologico la vera causa di tutti i mali sociali, organizzasse, all'interno delle redazioni, cosa come detto impossibile in televisione, dibattiti con la partecipazione contemporanea di tutti i responsabili nazionali e regionali delle forze politiche, al cospetto di un pubblico che interroga ed attende risposte. Oltre a questo, la prerogativa di ognuno dei "capi" di porre domande brucianti ai suoi interlocutori.

Qui dove lo scrivente risiede, il tutto è ordinaria amministrazione.

Per ultimo: le elezioni hanno sortito un risultato numerico chiaro. Ma attenzione, esistono conseguenze per tutte le forze politiche: cercansi buoni amministratori disperatamente.

Mario Sconamila

(Finlandia)

© Riproduzione riservata