Sorriso aperto e spontaneo, occhi brillanti e curiosi: il nuovo volto del Partito Democratico si presenta vestito di rosa, ed è subito rivoluzione. Una rivoluzione gentile e al tempo stesso coraggiosa che, per la sua novità ideologica (meglio: per il suo rinnovato ritorno alle origini valoriali), sembrerebbe essere riuscita nell’intento di sconvolgere gli schemi della gestione del potere interno, spazzando via (forse) le calcificazioni correntiste ritenute responsabili del declino del Partito.

Due evidenze balzano senz’altro all’attenzione generale, anzi tre: la prima, è che Elly (è facile sentirla “vicina”), rappresenta la primissima donna, per giunta giovanissima, a guidare la formazione più forte dell’intera opposizione e della sinistra in tutte le sue ramificate articolazioni; la seconda, è che la stessa Elly, ha saputo attrarre intorno alla sua figura quel popolo di sinistra rimasto fino a quel momento sopito in attesa di un nuovo “Messia” che potesse guidare la rinascita; la terza è che Elly e la sua spontanea semplicità costituiscono la personificazione dell’alter ego di Giorgia.

Due donne al comando: la prima delle/a opposizioni/e, la seconda della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Due protagoniste indiscusse dalla personalità forte e dal determinismo incrollabile. Anche questa è novità: non più un protagonista ed un antagonista, quanto piuttosto due figure di spicco, probabilmente due eroine, due interpreti complesse del panorama politico italiano.

La circostanza non mancherà di riservarci interessantissimi punti di svolta, e sugli stessi occorre puntare il “cannocchiale” per comprendere come si dipanerà la gestione del Paese Italia.

Elly subentra nella carica ad Enrico Letta prevalendo addirittura su Stefano Bonaccini (eccellente amministratore e guida insuperabile con buona verosimiglianza nel governo della Regione Emilia-Romagna), premiato invece nel conclave del circoli. Parrebbe sorgere il dubbio che sia stata proprio questa ultima circostanza a smuovere le coscienze dei votanti: non lo sapremo mai con certezza, ma sta di fatto che al di fuori dei centri di potere a prevalere è stata la voglia di cambiamento.

L’establishment del Partito Democratico, come pure quella di tutti i partiti politici italiani, stava conducendo ad un processo di lento ed inesorabile declino un po’ tutte le formazioni che, fino ad un certo momento, e per lunghissimi anni, sembravano essersi arroccate nelle stanze dei bottoni chiudendocisi dentro a doppia mandata. Non sarebbe tuttavia corretto definire Elly nei termini di anti-Meloni quasi a volerle attribuire un ruolo da antagonista tendenzialmente diretto a relegarla su un piano di subalternità che, ad onor del vero, non parrebbe renderle giustizia. Diciamo pure, e più semplicemente, che tra le due, esiste un certo parallelismo di intenti, collocandosi, tanto l’una, quanto l’altra, su due linee parallele che proprio per il fatto di non incontrarsi mai sul piano ideologico, parrebbero destinate a segnare in maniera netta il percorso politico nel tempo.

Intendiamoci tuttavia: perché siamo ancora sul piano delle premesse, ed il bello, proprio in tema di azione e capacità di intervento, deve ancora venire. Per entrambe, ossia tanto per Giorgia quanto per Elly. Entrambe parrebbero avere prevalso, a volerla dire tutta, per la stanchezza collettiva verso un vecchio modo di fare politica, verso una vecchia maniera di gestione del potere da parte delle classi dirigenti delle contrapposte coalizioni. E se Giorgia ha stravinto le politiche del 25 settembre 2022, ed ancora le ultime amministrative di carattere regionale, parrebbe averlo potuto in forza della pesantissima astensione del popolo democratico di sinistra.

Tanto più allorquando, Elly, per converso, sembrerebbe essere riuscita a prevalere nella “singolar tenzone”, proprio per essere stata capace di riunire attorno a sé, recuperandoli, tutti i potenziali elettori simpatizzanti del Partito Democratico che, malgrado ogni cocente e precedente delusione, sembrerebbero essersi determinati nel senso di volersi fare espressione di un tentativo di cambiamento.

La forza di queste donne, anche a tutto voler considerare, si è espressa nella loro capacità di farsi portavoce di un’offerta politica determinata e al tempo stesso contrapposta nella quale ciascuno tra i singoli può facilmente trovare il proprio inquadramento. Se con Giorgia si sceglie di stare alla destra di governo, con Elly si opta per la sinistra delle origini. Ma intendiamoci sul poi: fino ad oggi siamo rimasti sul piano delle “idee”, perché il problema si presenta immediatamente dopo, allorquando, con buona pace di tutti, dalle belle parole è necessario passare all’azione concreta, ai fatti. La circostanza non è di poco conto, anzi diremo che si tratta del tutto, dell’essenziale programmatico che ad oggi, tanto da una parte, quanto dall’altra, parrebbe difettare.

Elly ricopre oggi quello che fu il ruolo di Giorgia nelle precedenti esperienze di governo: e si sa, l’opposizione è certamente più “semplice” per la sua de-responsabilizzazione rispetto alle scelte di governo, che impongono continui confronti non solo sul piano interno ma soprattutto su quello esterno di carattere comunitario, al quale, nel bene e nel male, occorre conformarsi.

Il “manifesto programmatico” di Elly, sul piano terminologico, parrebbe cominciare a delinearsi articolandosi, tanto per cominciare, nel contrasto alla precarietà, al fine di favorire l’affermazione di meccanismi tendenti a valorizzarne la qualità anche attraverso l’introduzione del cosiddetto “salario minimo”, per proseguire nella lotta alle disuguaglianze portando in primo piano i diritti irrinunciabili della persona umana, per concludersi nel dovere di affrontare e risolvere la criticità climatica. Nulla quaestio.

Ma siamo sicuri che questi temi, sia pure con ricette differenti, siano così distanti dall’offerta politica di Giorgia? E se si trattasse solo di trovare un punto iniziale di dialogo per condividere le soluzioni?

Non si tratta di interrogativi scontati perché, a volerci riflettere, se l’aver rinvenuto, e diremo finalmente, posizioni ideologiche nette rappresenta sicuramente un valore aggiunto, del pari, sarebbe altresì utile evitare che la nettezza della contrapposizione, pur ferma nelle sue linee essenziali, si manifesti nella sua connotazione negativa di sterile opposizione a prescindere. Giorgia ed Elly si ritrovano oggi ad essere due facce della stessa medaglia, e di entrambe abbiamo bisogno. Elly ha dichiarato apertamente di voler “essere un bel problema per il governo Meloni”, ripromettendosi di costruire una “opposizione in parlamento e nel paese a difesa di quell’Italia che fa più fatica”.

Giorgia, dal canto suo, e correttamente, ha dichiarato di sperare che “l’elezione di una giovane donna” alla guida del Partito Democratico, possa sostenere la sinistra nel “guardare avanti e non indietro”. A noi non resta che stare alla finestra.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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