"Ogni attimo, ogni euro speso dovrà mirare a promuovere lo sviluppo in tutte le direzioni. Il mio impegno per il lavoro e il benessere dei sardi sarà totale". Massimo Zedda scandisce il mantra di quest'affollata campagna elettorale per le Regionali: "C'è bisogno di speranza, ripiegarsi nella paura è l'anticamera del fallimento".

Perché lascia Cagliari prima della scadenza?

"È la mia città, la amo, però avverto che non può crescere se non lo fa anche la Sardegna. Mi metto a disposizione dei sardi per un progetto che crei una prospettiva".

Che eredità lascia?

"Tutte le analisi economiche sottolineano che Cagliari è in linea col centro-nord Italia. Il modello che ha portato al successo è fatto di poche chiacchiere, zero pettegolezzi politici, solo fatti concreti, si fa questo o quello. Si lavora con disciplina e onore. Questa strada va perseguita su scala regionale".

Pronto alle dimissioni?

"Lasciare in questo momento sarebbe folle. Siamo in una fase pienamente operativa, c'è un bilancio da approvare con la riduzione della Tari del venti per cento, i cantieri per Sant'Avendrace, il parco degli anelli e tanto altro. Certo, da presidente della Regione mi dovrò dimettere".

Le elezioni comunali slitteranno al 2020?

"È una possibilità".

Chi arriva terzo non viene neppure eletto consigliere regionale: politicamente rischia l'osso del collo.

"I rischi nella vita sono altri, non vincere o perdere una competizione elettorale. Pensarlo sarebbe un insulto nei confronti di chi mette in gioco la vita tutti i giorni, magari per aiutare gli altri".

Dilaga Salvini e la sua ricetta per risolvere i problemi: lei cosa propone?

"Mi pare che nel suo menu abbondino ingredienti scaduti. In cinque mesi il governo Lega-Cinque Stelle ha fatto crescere la disoccupazione e precipitato il Paese nella recessione. Non ce lo possiamo permettere".

Ha staccato il wi-fi in piazza del Carmine, a Cagliari, per impedire assembramenti di migranti. Una sfida sul terreno della Lega?

"Non si prende una decisione del genere per il colore della pelle altrui. La verità è che, da sindaco, ero informato in modo riservato - allora non lo potevo dire - di un blitz delle forze dell'ordine, puntualmente avvenuto. Sapevo che in quella piazza alcuni delinquenti locali avvicinavano i migranti, spegnendo il wi-fi solo in quel punto ho fatto sì che i migranti onesti si allontanassero per cercarlo da altre parti".

L'emergenza migranti?

"Siamo più insicuri da quando c'è Salvini ministro dell'Interno. Viene in Sardegna per la prima volta e non dedica un secondo al tema sicurezza. Qui le percentuali di stranieri sono minime, ma esiste una percezione di insicurezza che va affrontata e i reati vanno perseguiti".

Quindi non c'è emergenza?

"Sì, l'emigrazione dei giovani sardi che partono in cerca di lavoro. Su questo punto tutte le forze politiche devono impegnarsi".

Sardisti, da alleati ad avversari: si poteva evitare?

"Avevano sottoscritto un programma di centrosinistra per le Comunali. Era l'inizio di un percorso. L'attuale candidato alla presidenza della Regione mi aveva chiesto di incontrare Renzi per ottenere una candidatura; ho scoperto che contemporaneamente aveva incontrato Salvini e Berlusconi per la stessa ragione. Tutto per un posto da senatore".

Un giudizio sulla Giunta Pigliaru?

"Nel 2011 Cagliari era reduce da vent'anni di centrodestra ma in campagna elettorale non ho mai parlato del passato. Sarebbe stato un esercizio lungo e inutile. Ho lo stesso approccio in ogni occasione".

Convergenze con Maninchedda?

"In consiglio comunale facciamo parte della stessa maggioranza. Dobbiamo trovare altri punti di incontro sui programmi per la Regione".

Favorevole al metano?

"Togliamo dal campo l'ideologia: il governo deve dire sì o no. Bocciare il metano non è a costo zero: a quel punto devono darci quattrocento milioni l'anno per colmare il divario energetico tra la Sardegna e il resto d'Italia. Oggi cittadini e imprese pagano l'energia il trenta per cento in più".

Il blackout di venerdì negli ospedali cagliaritani è la spia di un problema più grande nella sanità?

"Ho chiesto un incontro per martedì al prefetto. Dovremo capire come sia potuto accadere. In passato sono stato accusato di aver criticato aspramente la riorganizzazione sanitaria invece chiedevo solo che ai cittadini fossero garantiti presidi ospedalieri efficienti e al passo con i tempi".

La spesa sanitaria era fuori controllo.

"Test preventivi, educazione sanitaria: così si riducono i costi. Abbiamo incidenze più alte della media nazionale per diabete, favismo, anemia, tumori: è colpa dei sardi? No, il governo deve farsene carico, deve riconoscerci la possibilità di scorporare i costi per le malattie endemiche. Invece chiede ulteriori tagli, ci deve miliardi per la vertenza entrate e vuole spremerci ulteriormente".

I limiti del turismo?

"Il sistema turistico comprende tutto, dall'agroalimentare alla pulizia delle spiagge, fino all'urbanistica e alla gara di vela promossa da Luna Rossa. E tutto merita grande attenzione".

Voli insufficienti?

"Raggiungere la Sardegna deve essere facile in ogni periodo dell'anno senza contrarre un mutuo. Paradossalmente è più semplice andare all'estero che a Roma e Milano. Dobbiamo garantire altri collegamenti tra Alghero, Olbia e Cagliari e altre città italiane. Isolani ma non isolati".

Il monopolio Tirrenia-Moby?

"Dobbiamo pretendere dal governo che la Sardegna abbia le stesse garanzie delle grandi isole europee a costi accessibili".

Lo spopolamento dei piccoli centri?

"Il telelavoro è un argine efficace. Una dipendente del Comune di Cagliari lavora da casa, a Carloforte: non ho sottratto una residente a Carloforte, lei è serena, è cresciuta la produttività e i cittadini di Cagliari hanno solo benefici. Questo è ripetibile in tutta la macchina amministrativa regionale".

Perché non è andato alla conferenza programmatica del Pd, a Tramatza?

"L'ho saputo dopo aver preso due impegni: il quattrocentesimo compleanno del Convitto di Cagliari e l'intervista con L'Unione Sarda".

Paolo Paolini
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