Mercoledì sarà fatto il nuovo punto della situazione dopo le dimissioni presentate ieri dal premier Mario Draghi e la decisione del Presidente della Repubblica di respingerle. Tra cinque giorni quindi Draghi si presenterà alle Camere per avere la fiducia, mentre il 18 e 19 lo attende un’importante missione, quella dell’Algeria, dove andrà per affrontare la questione degli approvvigionamenti di gas in alternativa alla fornitura di Mosca.

Secondo le indicazioni del Quirinale, il Parlamento voterà una risoluzione con l’obiettivo di verificare se il capo del governo ha ancora la maggioranza.

E qui le forze politiche si dividono: da un lato chi sarà impegnato per mantenere Draghi a Palazzo Chigi, come il Pd di Enrico Letta, dall’altro chi continuerà a sostenere, come nelle scorse ore, la necessità di tornare alle urne (tra questi Giorgia Meloni, “la legislatura è finita”, ha sottolineato ieri).

Numerose le critiche al comportamento dei Cinque Stelle: “Il M5s non c'è più, ora si chiama il partito di Conte. È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all'unità nazionale”, ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. "Se da mercoledì andiamo in ordinaria amministrazione non potremo fare quasi più nulla di ciò che serve per superare la crisi economica. Parlo del decreto di 15 miliardi contro il caro bollette. Non abbiamo i poteri per fare la legge di bilancio e andremo in esercizio provvisorio. Non abbiamo più il potere negoziale ai tavoli internazionali per ottenere il tetto ai prezzi del gas. È da irresponsabili non capirlo". 

Il terremoto politico preannunciato mercoledì sera è apparso chiaro quando si è aperto il voto sulla questione di fiducia per il dl aiuti in Senato. Il M5s aveva già detto che non avrebbe votato, e inutile si è rivelata la tentata mediazione da parte del ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, che ha proposto ai capigruppo di maggioranza di non porre la fiducia. Tutto inutile. Alla chiama dei senatori, i pentastellati se ne vanno. 172 i sì, ma non ci sono quelli di 61 esponenti del Movimento. Draghi sale al Quirinale e incontra Mattarella, consegna le sue dimissioni e se le vede respingere. Ora se ne riparlerà mercoledì.

Nel frattempo Conte riunisce lo stato maggiore del Movimento: nella riunione di oggi si valuterà il ritiro dei ministri 5 Stelle dal governo, prima della comunicazioni di Draghi alle Camere. “Il Consiglio nazionale si riunirà di nuovo oggi e faremo le nostre valutazioni”, ha detto la capogruppo del M5S al Senato, Maria Domenica Castellone.

Intanto tra le reazioni internazionali spunta quella di Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, che ironicamente scrive su Telegram un punto di domanda abbinato alle foto di Boris Johnson e Mario Draghi, come a dire “il prossimo chi sarà?”.

(Unioneonline/s.s.)

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