La conoscenza è il vero potere
E la scienza non conosce confiniAbbiamo sempre immaginato e visto il potere risiedere saldamente nelle mani della politica. Tutto il nostro essere è regolato da leggi, decreti, obblighi, divieti, norme che non sono solo regole del vivere in una comunità, ma atti formali ad impronta politica. Non possiamo però dimenticare che la conoscenza è la base del potere. La conoscenza ci conferisce la capacità e quindi il potere di capire, gestire e anticipare fenomeni complessi.
Ora che è arrivato il virus la faccia del potere è mutata. La scienza medica e le tecnologie connesse hanno mostrato il loro enorme potere rispetto alle politiche dei governi. In questa crisi tutti abbiamo bisogno di certezze. Paradossalmente però stiamo apprezzando la vitalità della scienza che si muove per tentativi, per ipotesi ed anche per errori come tutte le pratiche legate all'esperienza. La scienza e la ricerca scientifica non hanno confini, ma molti scienziati si pongono il problema di quali siano i limiti di fronte ai quali la scienza, forse anche la politica, deve fermarsi. Al lato opposto, l'emergenza dà al potere politico il carattere della decisione. Si cita sempre il caso del presidente Truman e del fisico Robert Oppenheimer che è stato il direttore del progetto di costruzione della bomba atomica a Los Alamos (1943-1945). Il progetto Manhattan era segreto e Truman, eletto il 12 aprile 1945, 33° presidente degli Stati Uniti, ne era totalmente all'oscuro. I fisici che lavoravano al progetto erano consci delle energie terribili che lo scoppio della bomba avrebbe determinato ed i pericoli per l'umanità. Per questo Oppenheimer disse «i fisici hanno conosciuto il peccato e questa è una conoscenza che non potranno perdere».
Era una riflessione etica sui limiti della scienza che lo portò a non partecipare allo sviluppo della bomba H. Ma Truman, ad appena tre mesi dalla sua elezione, il 6 agosto 1945, decise di sganciare la prima bomba atomica su Hiroshima. Non ebbe mai alcun rimorso.
La scienza non conosce confini. Oggi come ieri ha un unico obbiettivo. Trovare risposte, sviluppare la conoscenza. I protagonisti dei talk show sono diventati gli scienziati, gli esperti. I cittadini vogliono conoscere, sapere. Non vogliono vedere i soliti politici che si cimentano anche nel terreno dell'epidemiologia. Rispetto al passato anche recente e non solo per la capacità di raggiungere il grande pubblico, la scienza ormai è diventata una protagonista del discorso politico. Perché gli scienziati non sono più legati all'idea di una verità astratta, ma alla capacità di proporre soluzioni. Questo stesso protagonismo della scienza sarebbe auspicabile se si potesse esprimere nell'altro grande tema che interessa la sopravvivenza della terra, il cambiamento climatico. In quest'ambito le nazioni procedono in ordine sparso come se il pericolo che corriamo fosse lontano, misurato col metro della propria esistenza e senza uno sguardo rivolto al futuro. Scienza e politica devono andare di pari passo. La scienza formula un'ipotesi e mette in atto una serie di azioni per confermare o negare l'ipotesi. E valuta gli obbiettivi raggiunti. La politica dovrebbe usare degli indicatori per valutare i programmi di spesa e gli obbiettivi raggiunti nel tempo. In Sardegna possiamo valutare gli obbiettivi raggiunti in 20 anni di promesse e di riforme sanitarie annunciate? L'idea che chiunque possa amministrare la cosa pubblica va rivista. Uno non vale uno. Ci servono governi ovviamente rispettosi delle regole democratiche, ma competenti. Non servono annunci fatti per avere consenso, ma politiche solide e prudenti finalizzate al benessere di tutti.
ANTONIO BARRACCA