A rischio l’immunità di Ilaria Salis, martedì il voto a Bruxelles: «Sono giorni difficili»
Tensione alle stelle, con un tweet il portavoce del governo magiaro le invia le coordinate del carcere di massima sicurezza in Ungheria dove fu detenuta per quasi un annoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Le date cerchiate di rosso sono quella del 23 settembre e poi del 7 ottobre. Martedì prossimo la commissione Affari Legali del Parlamento europeo si esprime sulla revoca o meno dell'immunità per Ilaria Salis, eurodeputata di origini cagliaritane eletta nelle file di Avs che fu detenuta in un carcere ungherese di massima sicurezza per quasi un anno e da dove fu scarcerata dopo l'elezione a Strasburgo.
Nel caso in cui la commissione dell'Eurocamera decidesse per il sì alla revoca, ad esprimersi dovrà essere il Parlamento europeo in seduta plenaria il 7 ottobre e saranno decisivi i 188 voti del Ppe. Numeri alla mano, infatti, l'eurodeputata della Sinistra eviterà di tornare in carcere se almeno un terzo degli esponenti del partito Popolare voterà insieme al fronte progressista. In caso di perdita dell'immunità, invece, il governo guidato da Viktor Orban potrebbe emettere un mandato di cattura internazionale.
Lei non nasconde la preoccupazione: «Sono giorni difficili - racconta Salis in un'intervista a Repubblica - ho fiducia nei miei colleghi chiamati al voto sull'immunità, ma sì, sono preoccupata. Lo scenario che potrebbe aprirsi è terrificante. Se il parlamento dovesse revocarmi l'immunità, ripartirebbe il mio processo a Budapest: un processo farsa, con una sentenza già scritta, svolto in assenza di garanzie democratiche. Un processo in cui è impossibile difendersi e nel quale rischierei fino a 24 anni di carcere, una pena spropositata rispetto ai fatti che mi vengono contestati. Potrei essere estradata in Ungheria, riconsegnata a chi mi ha trascinato in tribunale al guinzaglio e in catene, a chi mi ha tenuto in carcere per più di quindici mesi in condizioni disumane».
E che la tensione sia alle stelle lo dimostra non solo il tweet con cui il portavoce del governo magiaro ha inviato a Salis le coordinate del carcere di massima sicurezza in Ungheria, ma anche la decisione dello stesso Orban (in linea con Trump) di dichiarare il gruppo 'AntiFa' un'organizzazione terroristica: «Sono venuti anche da noi, hanno picchiato persone innocenti per strada, ne hanno picchiati a morte alcuni, poi sono andati a Bruxelles per diventare rappresentanti del Parlamento europeo e da lì stanno dando lezioni all'Ungheria sullo stato di diritto», ha detto Orbán riferendosi, senza nominarla, proprio a Salis.
Nel centrodestra italiano duro Giovanni Donzelli di FdI: «Credo che la Salis se ha fatto le sue scelte con coraggio deve rinunciare all'immunità parlamentare. Se non vi rinuncia, il Parlamento deve votare per la rinuncia all'immunità parlamentare per la Salis». Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani è convinto che l'eurodeputata di Avs non sia una terrorista: «Non devo fare commenti sulle scelte di altri Stati - premette il vicepremier - non credo che la Salis sia una terrorista. Ha idee molto diverse dalle mie, c'è un processo che la riguarda, ma non mi risulta che sia una terrorista».
«Spero che ci sia la conferma dell'immunità», dice Walter Verini del Pd mentre il responsabile esteri di Si, Giorgio Marasà, si dice convinto che «la questione su cui dovranno esprimersi i parlamentari europei è assai più grande dell'immunità di Ilaria Salis. La scelta è tra difesa della democrazia e del diritto - e la bestialità autoritaria di Orban e dei suoi amici». Contro la decisione del presidente ungherese si scagliano anche i legali della europarlamentare di Avs: «Adesso Orban - sottolineano gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini - se ne viene fuori con una fantasiosa definizione di terrorismo che coincide con l'antifascismo da applicare retroattivamente al caso Salis. Veramente c'è ancora qualcuno che pensa che ci siano le condizioni per un processo equo contro Ilaria Salis a Budapest?».
(Unioneonline)